PORNOGRAFIA: IL DIRITTO DI DECIDERE


novembre 1999, di Nancy Herzig e Rafael Bernabe da Inprecor

 

Prima di aggiungere qualcosa alla lista già lunga dei malintesi cerchiamo perlomeno di capire ciò che non è l'oggetto di questo dibattito.
Non è né sull'uso della violenza sulle donne né sulla coercizione esercitata nei loro confronti per costringerle a partecipare alla produzione della pornografia. Noi consideriamo tutte queste pressioni come inaccettabili e da bandire. Noi quindi condividiamo questa stessa visione e allora, dove è il reale dibattito?
Per certe femministe la pornografia è in se stessa una forma di coercizione e di violenza verso le donne, e quindi bisogna opporsi ad essa e se necessario, dichiararla illegale o censurarla.
Altre donne invece rifiutano questa equazione e considerano che, pur dovendo assolutamente opporsi alla violenza e alla coercizione in quell'ambiente come in tutte le altre sfere sociali, non è giusto fare campagne per la censura e nemmeno contro la pornografia in quanto tale. Pur opponendosi a ogni forma di partecipazione forzata delle donne alla produzione pornografica e pur cercando di cambiare le condizioni che possono spingere le donne verso l'industria del porno, queste militanti respingono l'idea che la partecipazione delle donne alla pornografia sia sempre il risultato di una coercizione o violenza.
Ma una sensualità più libera non può svilupparsi attraverso una legislazione di esperti anche se di esperti femministi e socialisti.
Una così nuova sensualità più libera non esiste da nessuna parte nell'idea o programma di qualsivoglia avanguardia socialista o femminista. Essa non potrà esistere se non nella misura in cui degli uomini e delle donne si vedranno garantito il loro diritto ad esplorare, cioè a costruire e ricostruire la loro sessualità. Nessuno può vantarsi di sapere quale sarà il risultato di tale processo.
Questo processo consiste in parte nella difesa del diritto di tutti e sicuramente di quello delle donne di denunciare e criticare tutto ciò che ritengono offensivo o degradante. Ma sicuramente tutte le critiche urteranno contro punti di vista o apprezzamenti diversi. E' irrealista pensare per esempio che le donne sono o saranno d'accordo su ciò che è degradante o sessista nelle rappresentazioni sessuali.
Quello che certe donne considerano come degradante per altre può essere eccitante e liberatorio. In altre parole non si possono censurare delle immagini sessiste o degradanti senza imporre le concezioni specifiche e peculiari di un individuo o di un gruppo sul tipo di rappresentazione, posizione o pratica che è degradante oppure no. Quale tipo di sessualità è corretta e quale no. E' li il problema che pongono i tentativi di separare la pornografia ( sessista , degradante ) dall'erotismo (non sessista ecc.) Non ci sono nè ci saranno che pochi consensi sui criteri che potranno distinguere l'una dall'altro e ancora meno ci saranno consensi sul modo di classificare questa o quell'opera in particolare.
Le femministe favorevoli alla censura sottolineano che il fatto che numerose donne amino e difendano la pornografia non può essere un valido argomento contro la censura. Queste donne, evidentemente, spiegano loro, hanno interiorizzato la subordinazione. E' là, argomentano, la funzione stessa e il risultato della pornografia: rende normale la degradazione delle donne agli stessi occhi delle donne. Però, questo ragionamento pone un problema di fondo e cioè nega alle donne il diritto e la capacità di scegliere per loro stesse. Impone attraverso la censura ciò che altre donne (le femministe antipornografia) hanno scelto come migliore per loro. In quanto socialisti noi dobbiamo rifiutare questo approccio sostituzionista. Il principio di autodeterminazione è la chiave di una sessualità più libera. Nessuno deve essere obbligato a partecipare ad una attività sessuale contro la sua volontà, ma nessun adulto dovrà essere penalizzato per avere, consenzientemente, fatto pratiche sessuali verso le quali qualcuno può trovare da ridire.
Chiaro che i liberali nemici della censura condividono questa opinione, ma noi socialisti dobbiamo andare più in la'. Il diritto delle donne di scegliere che tipo di relazioni sessuali vogliono avere non dipende solo dall'assenza di censura o di altre restrizioni; esige anche la presenza di certe condizioni materiali come un reddito garantito, un alloggio, la sanità, i nidi, eccetera. Senza queste condizioni molte donne saranno spinte a relazioni sessuali o pratiche non desiderate. Questo è il punto debole delle critiche delle critiche femministe liberali: si oppongono alla censura in nome di un "laissez-faire" che fa spesso il gioco del mito del "self made man - woman". Al contrario noi dobbiamo opporci alla censura e contemporaneamente lottare per quei diritti sociali di cui le donne hanno bisogno per manifestarsi come esseri liberi.
Dopotutto che cosa differenzia la pornografia dalle altre forme di rappresentazione? Perché riservarle un trattamento così duro? Perché relegarla ad un rango così basso? E perché è sovente sessista? E perché lo stesso trattamento non è riservato ad opere letterarie o alle telenovelas? Forse perché le donne e gli uomini possono essere sfruttati nel processo di produzione pornografico? Ma, sebbene le condizioni varino da paese a paese, si potrebbe dire la stessa cosa per gran parte delle attività nel sistema capitalista, dall'ufficio ai laboratori clandestini. Forse perché la pornografia trasforma in merce degli aspetti della cultura umana? Ma è ciò che il capitalismo fa di tutti i nostri bisogni e passioni.

No alla censura, sì alla critica

La pornografia fa parte del registro di ciò che è sessuale E' una rappresentazione che cerca di eccitarci sessualmente E' questa la sua specificità e non il sessismo che invece condivide con tutto il resto della nostra cultura E' per questo che la destra ne ha orrore. Ed è precisamente la caratteristica sessuale della pornografia che fa di questa uno degli aspetti legittimi della nostra cultura. Se sesso e piacere sessuale sono dei valori per la nostra umanità, allora gli effetti portati dalla pornografia come l'eccitazione sessuale sono almeno così legittimi e valevoli quanto effetti quali il riso, le lacrime, la tensione, l'indignazione o il piacere estetico generato dai film, dalle foto o dagli scritti non sessuali.
Noi critichiamo ciò che noi consideriamo inaccettabile delle altre forme di rappresentazione ma non ne domandiamo la soppressione. A meno di considerare l'eccitazione sessuale come un'essenza diabolica, il nostro atteggiamento nei confronti della pornografia non può essere differente.
Se il capitale per ragioni proprie ha allargato lo spazio pubblico propizio alla circolazione di rappresentazioni sessuali (reificate), il nostro obiettivo non deve essere di chiudere questo spazio ma di difenderlo contro i censori e allo stesso tempo lottare per uscire dall'alienazione (a livello di merce, condizioni di produzione, eccetera) e dalla subordinazione ai bisogni del capitale e agli imperativi del mercato.
E' vero che le rappresentazioni che cercano di creare eccitazione sessuale sono offensive, ma il nostro obiettivo dev' essere sfidare questa situazione. La pessima considerazione di cui godono non è dovuta al sessismo, che ovviamente dobbiamo criticare, ma allo statuto di legittimità precaria della stessa sessualità. Tutti noi e soprattutto le donne siamo educati a considerare il sesso con paura, vergogna e sensi di colpa. La sessualità resta il regno del peccato, delle pulsioni immorali ed oltraggiose. Secondo le leggi degli Stati Uniti "il valore artistico, religioso o letterario" può evitare a un'opera il divieto per oscenità. Non è il caso del valore sessuale: la legge non riconosce l'esistenza di un tale valore. Il contenuto sessualmente eccitante è in se steso considerato senza valore, di second'ordine, senza identità, che può ambire a far parte della nostra cultura solo a condizione di unirsi a qualche valore "più alto".
Perché dovremmo isolare il materiale sessualmente esplicito che consideriamo sessista e farne una categoria a parte (la pornografia) se non facciamo la stessa cosa per drammi, commedie eccetera non sessuali anche se noi critichiamo il loro sessismo? Facendo questa distinzione noi daremmo un trattamento particolare a certe rappresentazioni, non perché sono sessiste ma perché sono sessuali.