DOVE NON ARRIVA JANE
ANALISI DELL'IDEOLOGIA DI "TARZAN", ULTIMO CARTONE DELLA DISNEY


dicembre 1999, Iemanjà

 

L'ultimo film della Disney ha suscitato nei giornali italiani la solita serie di commenti acritici (che ricalcano quelli usciti alcuni mesi fa sui giornali USA), solitamente riservati a queste produzioni (con qualche significativa eccezione: "Pocahontas", attaccato dalla destra USA, e accolto da qualche digrignare di denti anche in Italia, vedi Corriere della Sera). Questi "giudizi" sono del tipo: "Tarzan é un film che porta con sé un messaggio di bontà, di tolleranza razziale, di ecologismo e rispetto per la natura". Noi commenteremo "Tarzan" non dal punto di vista tecnico o estetico, ma da quello "ideologico", cercheremo cioé, utilizzando una certa strumentazione analitica, di "scoprire" il vero messaggio del cartone, deducendone magari una qualche considerazione sui rapporti di forza che oggi ci sono nelle società capitaliste avanzate tra soggetti sociali oppressi ed oppressori.

La Disney

La Disney produce ogni anno decine di film, e solo una parte ci giunge in Italia. Le sue produzioni, dal punto di vista del messaggio ideologico che lanciano, cercano di accontentare tutti i palati con film che si guadagnano il boicottaggio della destra religiosa ed altri che sono francamente reazionari. La Disney si concentra poi su un cartone annuale sul quale investe centinaia di miliardi (e due anni di lavorazione, con il coinvolgimento di centinaia di lavoratori) e sul quale compie il massimo sforzo di diffusione. Questo cartone annuale é sempre più un prodotto destinato al mercato globale, tant'é che ormai i suoi protagonisti non sono quasi mai americani (non lo sono né Tarzan, né Mulan, né il Gobbo di Notre Dame, né Aladdin, ecc.). Questi cartoni sono così conosciuti in tutto il mondo che ormai costituiscono in embrione una sorta di "immaginario collettivo infantile" abbastanza omogeneo da continente a continente, sostituendo, nella funzione che svolgono, le favole che si tramandavano da generazione in generazione.
Si tratta da ogni punto di vista di una produzione industriale. Come in qualsiasi merce non é rintracciabile un vero autore, ma solo il marchio di fabbrica. È in questa produzione annuale che la Disney concentra le sinergie con il mercato dei giochi, dei videogiochi, dell'industria discografica, ecc. Per questo, nella megaproduzione annuale, la Disney pone particolare cura ad una narrazione che sia in grado di ricevere il maggior consenso possibile ed il minor numero di attacchi. Non vuole subire critiche da gruppi islamici, minoranze etniche, gruppi femministi o destra religiosa, per dirne alcuni. Vorrebbe accontentare, almeno una volta l'anno, tutti: oppressi ed oppressori, perché tutti, felicemente, contribuiscano ad ingrassare i suoi profitti. Per questa ragione il suo cartone annuale é un ottimo strumento per misurare i rapporti di forza tra i vari soggetti sociali, poiché la sua ideologia rappresenta la risultante delle forze che si agitano nella società americana, ma più in generale delle società imperialiste d'Occidente.

La storia

Mentre scorrono i titoli di testa vediamo due genitori e un figlio in fasce che fanno naufragio in una terra selvaggia, mentre una coppia di gorilla di montagna, Kerchak e Kala, perde il proprio cucciolo, divorato dal leopardo Sabor, lo stesso che dopo un po' uccide anche la coppia di umani che si erano costruiti un rifugio. Il neonato viene "adottato" da Kala che lo chiama "Tarzan". Il suo compagno, Kerchak, che é il capobranco, non apprezza, perché Tarzan é "diverso", ma accetta la sua presenza. Tarzan cresce con parecchi complessi: non riesce a fare ciò che gli altri gorilla compiono con facilità. Ma ci si mette di impegno e diventa uno spericolato acrobata della foresta (passa da un albero all'altro come su uno skate-board) e tra l'altro salva anche Kerchak dall'attacco di Sabor, che viene ucciso. L'impresa però non é ancora sufficiente a riconoscergli la gratitudine del capobranco. Giunge nella foresta una spedizione di ricercatori che comprende Jane e suo padre: il professor Porter. Con loro il cacciatore Clayton che aiuta i due a cercare i gorilla di montagna, ma non per studiarli, come si saprà, ma per catturarli e venderli agli zoo. L'incontro con Tarzan, incuriosito dagli umani che ormai capisce costituire la propria specie, salva Jane da un'orda di scimmie e fa scoccare l'attrazione tra i due. Tarzan comincia a frequentare i membri della spedizione (e Jane gli insegna a parlare la loro lingua) e acconsente alla fine, pur di non veder partire la ragazza, ad accompagnarli al branco, nonostante il divieto di Kerchak . Nel bel mezzo della visita piomba però Kerchak e gli amici di Tarzan sono costretti a fuggire. Tarzan decide allora di partire con loro. Quando però sale sulla nave é fatto prigioniero con Jane e suo padre da Clayton che ormai ha ottenuto quanto voleva: sa dove trovare i gorilla di montagna. Due amici di Tarzan, l'elefante Tantor e la gorilla Terk, liberano però i prigionieri, che si precipitano ad aiutare i gorilla. Clayton (che muore) e i suoi vengono sconfitti dall'intervento risolutore di Tarzan, ma Kerchak é ferito: prima di morire affida a Tarzan la guida del branco. Il giorno dopo Tarzan saluta Jane che si sta imbarcando, ma questa cambia idea e decide di rimanere con lui.

I miti rielaborati

Il cartone, come tutti quelli Disney, si serve di miti più o meno familiari al grande pubblico. Qui ne convergono almeno un paio, tutti e due novecenteschi.
Il primo é quello del personaggio Tarzan creato da Edgar Rice Burroughs nel 1912 e dai cui racconti sono stati tratti una cinquantina di film; queste produzioni hanno disegnato un personaggio abbastanza definito pur nella varietà degli attori che l'hanno interpretato: un "selvaggio" bianco, di nobili sentimenti, non particolarmente intelligente ma dotato in compenso di solidi muscoli. Il personaggio é a sua volta la convergenza di miti basati su ritrovamenti realmente accaduti di persone perse o abbandonate e cresciute nelle foreste (circa duecento casi documentati) ed alla nostalgia di massa per un ambiente naturale ormai irrimediabilmente perduto per l'avanzare della società industriale. Nostalgia al quale il personaggio di Tarzan risponde in maniera rassicurante, vivendo nella natura come nei tempi primitivi, ma dominandola come nei tempi moderni.
Il secondo mito é quello ecologista dei gorilla di montagna, specie in estinzione, che soprattutto negli USA e nel mondo anglosassone, dove gli ecologisti non sono stati corrotti dalle poltrone ministeriali, sono stati oggetto di vaste campagne di sensibilizzazione, nonché di vari prodotti mediatici. Famoso é il caso della ricercatrice Dian Fossey che presta qualche caratteristica anche alla Jane della Disney, che ha vissuto per anni con loro ed é morta probabilmente ad opera dei bracconieri (sulla sua storia é stato tratto un film di un certo successo "Gorillas in the Mist", tratto dall'omonimo libro della Fossey, con l'interpretazione di Sigourney Weaver).
Rispetto a questi miti originari il film opera consistenti cambiamenti che ci aiuteranno a decifrarne l'ideologia.
Rispetto al Tarzan classico questo cartone pone al centro un conflitto psicologico: quello tra Kerchak e Tarzan che deve lottare per essere "riconosciuto" dal "padre". Solo dopo aver superato varie prove e con Kerchak in fin di vita, il conflitto si risolverà con Tarzan che prenderà il posto del "padre". La figura di Jane invece non é particolarmente originale, l'unica differenze con le Jane cinematografiche é che é meno "sessualizzata".
Rispetto ai gorilla, il cartone opera pure vistose variazioni rispetto all'organizzazione sociale reale di questi animali. L'organizzazione sociale di questa specie é piuttosto "totalitaria", se é permesso utilizzare nel campo animale una categoria così intimamente umana. Il capobranco ha a sua disposizione un harem di femmine (virtualmente tutte le femmine del branco), mentre gli altri giovani maschi non hanno la possibilità di accedere alle femmine se non "di nascosto" (varie ricerche hanno trovato un alto numero di figli "illeggittimi", frutto di "adulteri"). Vi é all'interno del branco una lotta continua per la leadership con il capobranco che deve difendere letteralmente con le unghie e coi denti gli sfidanti, che, in caso di sconfitta, devono lasciare il gruppo. La lotta procede sino a che il capobranco é così vecchio o malandato che uno sfidante giovane ha su di lui la meglio e si impossessa dell'harem. Vari studi sulle organizzazioni sociali dei primati hanno misurato tra questi un elevatissimo livello di stress causato dal governo totalitario del capobranco, livello che precipita velocemente quando, per una qualche ragione, il capobranco sparisce.
Il cartone di Disney ammorbidisce la realtà totalitaria dei gorilla, rendendola più "politically correct", per farci apparire maggiormente simpatici questi animali. Si mostra il capobranco come un padre premuroso (nelle prime sequenze nei confronti del figlio "legittimo") ed oltretutto monogamo (l'unica relazione evidente é con Kala); é vero che ogni tanto ruggisce pericolosamente, ma senza mai grandi conseguenze (Kala ad esempio non se ne preoccupa granché e con la sua pacata ragionevolezza finisce per imporre la sua volontà riguardo all'"adozione" di Tarzan), dal che se ne deduce che si tratta di uno dei soliti maschioni-burberi-ma-buoni di cui é piena la cinematografia americana. Inoltre nel corso del cartone Kelchak ci appare forse troppo duro e severo, ma alla fine lo svolgimento dei fatti ci invita a riconsiderare il nostro giudizio: alla fin dei conti aveva ragione a diffidare degli umani, e poi é uno che si sacrifica per il branco (cosa che accade anche nella realtà dei gorilla, ma dove l'"altruismo" potrebbe a giusto titolo essere considerato non come spirito di sacrificio ma come tenace volontà di preservare le "proprietà").

Dialettica dei corpi

Nel cartone Jane é una intellettuale, una studiosa, una secchiona sedotta dall'animalità. A parte una gambetta che spunta ogni tanto dalla gonna, non vengono particolarmente esaltate le sue carratteristiche femminili come labbra, seno, ecc. (al contrario di ciò che avveniva con la Megara di "Hercules"), inoltre non viene presentata come civettuola e sbatti-ciglia. È un'altra sostanziale differenza con i film del Tarzan "classico", dove il personaggio Jane non manca di una certa malizia e dove é abbastanza evidente la sua attrazione per il lato "maschio" di Tarzan. Il cartone cerca di attutire questo aspetto: Tarzan ci fa una certa tenerezza nella sua imbranataggine nei confronti della "civiltà" e possiamo intuire che Jane sia attratta anche dal ruolo di "tutrice" che deve assumersi nei confronti del "selvaggio". Nel cartone inoltre si fa dire a Jane che di Tarzan le piacciono gli occhi. Al di là però di queste "attenzioni", il film non riesce a sfuggire alla carica "maschile" del mito. Tarzan é il maschio allo stato puro, é maschio-natura, gli si toglie la sua intelligenza (nei film come nei cartoni il poveretto non si distingue certo per sagacia) e gran parte dei vestiti, ed eccolo lì con quel minuscolo perizoma e tutti i muscoli che traboccano da ogni parte. Nei film come nei cartoni la caratteristica fisica dominante del personaggio é costituita dalla potente corposità. Gli attori che hanno interpretato Tarzan nei film non erano particolarmente espressivi, ma avevano tutti una proprietà che li accomunava: corpi da atleti con muscoli tirati a lucido (nel senso letterale del termine: spesso li si cospargeva di creme per farli luccicare) e in primo piano. Il disegno del Tarzan disneiano é sommario nei tratti facciali e nelle espressioni somatiche, ma minuzioso e preciso nel tratteggio della muscolatura, assolutamente ipertrofica e sproporzionata nella sua abbondanza rispetto alla testa. È una costante degli ultimi film Disney: i personaggi maschili (Hercules, John Smith, Shang, Febo...) hanno volti piatti ed espressioni semplificate (contrariamente a quelli femminili), ma al loro posto parlano i corpi: braccia possenti che maneggiano armi, pugni che colpiscono gli avversari, bicipiti capaci di ogni piroetta. In "Tarzan" ciò é particolarmente evidente perché, come é tradizione del personaggio, questi é "giustificato" dalla sua natura in parte "selvaggia" ad andare in giro seminudo e dunque può mostrare generosamente la propria massa muscolare.
Queste considerazioni possono senz'altro essere attutite dalla presenza del personaggio Clayton, il prototipo del macho cattivo. È forte ed alto, quasi quanto Tarzan, anche se, dato che é vestito, i suoi muscoli non sono ben in esposizione, inoltre spara ad ogni pié sospinto. È la caricatura del maschio fascista, col suo amore per le armi, la brutalità verso la natura e le donne, la sua presunzione: é l'alter ego cattivo di Tarzan. Se Jane fosse sedotta solo dai muscoli, siamo indotti a pensare, allora proverebbe attrazione anche per Clayton, mentre invece, platealmente, non lo considera.
Il personaggio del padre di lei, il professor Porter, é simile ad altre figure paterne dei film di Disney (ricorda da vicino lo scienziato matto padre di Belle, ad esempio). Sono figure di non-padri, padri rassicuranti e completamente depotenziati (anzianotti, fisicamente o troppo piccoli o troppo cicciotti, per essere sul serio credibili) senza un briciolo di autorità e che più che badare alle figlie, sono "badati" da queste. Quando i padri veri godono di autorità allora i cartoni provvedono al necessario corredo di muscoli (Tritone, padre della Sirenetta). Un padre prestante fisicamente, ma allo stesso tempo privo di autorevolezza nei film di Disney ancora lo si deve vedere.
Si dirà: ma i muscoli nella nostra società non hanno più alcuna importanza. Questo é certo: ben altre qualità servono ai maschi per farsi strada. Ma i muscoli sono il simbolo della forza, cioé del potere, e di ciò che un cartone per bambini non può mostrare: la virilità maschile. È il loro attributo di potenza. Questi cartoni ci parlano di potere ad ogni inquadratura. Il potere del capogorilla sul branco, il potere di Clayton sull'equipaggio e alla fine il subentrare di Tarzan nel potere lasciato vacante dalla morte del capobranco. Il suo grido finale a tutta la foresta é il grido di chi esercita il dominio. Ed é questo che non viene mai messo in discussione, anche nei film più "progressisti della Disney": il monopolio del potere maschile.
Si potrebbe obiettare che la Disney alterna cartoni dove viene esaltata una figura maschile ad altri dove lo stesso accade con quelle femminili. In parte é vero. Alla "Sirenetta" ha fatto seguito "Aladdin", dopo il "Re Leone" é arrivata "Pocahontas", e "Tarzan" viene dopo "Mulan". Prendiamo però ad esempio Mulan, senz'altro un personaggio "positivo", un'"eroina" che salva la sua patria grazie all'inventiva, il coraggio, la perseveranza, una che vince tutte le sfide che nel cartone la oppongono ai maschi. Eppure anche quel film non può che concludersi con Mulan che rifiuta il ruolo di potere offertole perché "con tutto il rispetto" deve tornare alla famiglia, dove si inginocchierà di fronte al padre per offrirgli i regali dell'imperatore. E per mettere le cose a posto ecco arrivare anche Shang che presumibilmente la chiederà in sposa: lei se ne é innamorata dopo averlo visto a torso nudo in acrobatiche esibizioni.
Si dirà: Jane viene mostrata come più intelligente di Tarzan. Come si diceva il fatto non é fondamentale, anzi. In un cartone a forte valenza simbolica, le bambine spettatrici non sono affatto sorprese dal vedere una gran quantità di maschi un po' scemi, dato che a questo spettacolo sono già abituate a scuola. In ogni parte del mondo le statistiche sul rendimento scolastico testimoniano come, a parità di condizioni, le femmine superino i coetanei in ogni campo del sapere (l'ultimo bastione a cadere é stata la matematica e la fisica in Inghilterra due anni fa). Ma le bambine sanno altrettanto che l'essere più intelligenti, raffinate, colte e secchione dei maschi non conferisce loro più potere. Nei cartoni la dialettica dei corpi ricorda chi, nonostante qualche deficit intellettuale, comanda. Nel cartone, come in gran parte dei film della tradizione di Tarzan, Jane viene vista come intellettualmente superiore a Tarzan ma ciò ha una funzione, visto il contesto, rassicurante per gli uomini, serve a ribadire qualcosa di cui loro sono intimamente convinti: donne, studiate pure, ma lo sappiamo cos'é che vi attrae irresistibilmente a noi.

Io Tarzan tu Jane, io maschio tu femmina

Sebbene in nessun modo la Jane di Disney possa essere definita una donna succube, nel corso del cartone la vediamo continuamente salvata da Tarzan. Il suo mondo e la sua vita non hanno una grande importanza ai suoi stessi occhi; con la scelta di restare al fianco di Tarzan i suoi studi sugli animali perderanno completamente di importanza, dato che si suppone che nella foresta in "costume da Jane", tra una liana e l'altra, le serviranno a poco. Infatti la vediamo nella sequenza finale spostarsi tra gli alberi con il suo uomo. Non rimane nella foresta per studiarla o per difenderla dai predatori (come nell'originale del mito che ha contribuito alla trama del cartone: la Fossey), eppure anche questo finale sarebbe stato possibile e comunque "a lieto fine", come nella tradizione Disney. Pur essendo una ricercatrice appare totalmente imbranata nella gestione degli oggetti e degli animali che dovrebbero essere di sua competenza, ed é Tarzan a mostrarle le meraviglie della foresta. Alla fine lei decide di raggiungere Tarzan, rinunciando al suo mondo, ma solo dopo che il padre non solo le ha dato via libera ma l'ha apertamente incoraggiata ("ne abbiamo parlato tante volte"). Segnaliamo comunque che l'imbranatezza di Jane é controbilanciata in parte dalla presenza del personaggio secondario Terk, l'amica gorilla di Tarzan che invece é decisamente svegliotta.
Quello tra Tarzan e Jane é però solo uno dei due nuclei drammatici del cartone. L'altro, abbiamo detto, é il conflitto con il padre. Come già nel "Re Leone" é nello scontro con il padre che si forma l'identità dell'uomo, scontro che non può che risolversi nella riconciliazione sotto il segno della trasmissione del comando, trasmissione che rimane un fatto tra maschi. È l'autorità paterna un'altra delle istituzioni mai messe in dubbio dalla Disney, mentre invece lo é stata quella materna, attraverso la figura della "matrigna" ("Cenerentola", "Biancaneve"). Alla fine il gorilla capobranco muore trasmettendo al "figlio adottivo", finalmente riconosciuto, i suoi poteri. Il potere é una dura responsabilità, altro luogo tipico dell'immaginario americano: il dramma del comando (con tutti i conflitti psicologici connessi) serve in realtà a sviare l'attenzione da un altro "dettaglio": il fatto che un comando esista e che vi sia una gran quantità di gente (o animali...) disposti ad obbedire senza discutere, per il solo fatto che il capo "ha superato delle prove". Alla fine anche in "Tarzan" come nel "Re Leone" (I e II) dove Simba ruggisce fascisticamente dalla rupe coi sudditi felici d'essere sottomessi, il nuovo signore della foresta lancia il suo grido di potenza virile, con al fianco, in posizione subalterna, come Nala con Simba, Jane: tutti devono sapere chi detiene il potere.
"Tarzan" dunque non può essere interpretato solo in termini di classe. Le classi sociali nel cartone non esistono. Non c'é una dialettica povero/ricco come in altri prodotti Disney (ad esempio Aladdin, che poteva essere intrerpretato anche da questo punto di vista). "Tarzan", come qualsiasi altro prodotto dell'industria mediatica, può essere interpretato solo se si assume che nella nostra società, come in tutte le società sino ad ora esistite, vi é sempre stata una lotta tra maschi e femmine, lotta che di volta in volta ha prodotto "equilibri" variabili a seconda dei rapporti di forza che si stabilivano tra i due generi. Si deve comprendere la natura di questo equilibrio, perché l'equilibro non significa pari forza, ci sono equilibri che vedono permanentemente la bilancia pendere sempre da una stessa parte, anche se in maggiore o minore misura.
Da questo cartone, come dagli ultimi 5-6 cartoni Disney, possiamo dedurre l'"equilibrio" tra i sessi che si é venuto a creare in questi anni ottanta-novanta, un periodo da dimenticare sotto il profilo della lotta di classe, ma che dal punto di vista della lotta di genere, specie nei paesi anglosassoni, ha assistito ad una fase di sedimentazione e strutturazione del movimento femminista (anche se ciò ha coinciso con una sua certa "istituzionalizzazione" dagli effetti non sempre positivi).
Grazie a questo "equilibrio" la Disney non può più permettersi di mandare al cinema eroine come quelle degli anni trenta-quaranta: le cenerentole o le belle addormentate, prive di qualsiasi progetto sulla propria vita, che chinano la testa ed hanno in mente solo il principe azzurro, o le Biancaneve che appena si ritrovano in casa dei maschi, anche se in formato ridotto, non trovano di meglio da fare che mettersi a pulire casa. Anche la Sirenetta, seppure dell'inizio degli anni ottanta é in qualche modo ancora figlia di quei personaggi, con in più solo un po' di curiosità e spirito di avventura, ma con l'identica passione per le divise (che all'epoca sostituivano i muscoli come simbolo del dominio maschile). La Disney é stata costretta a mettere in pista da un po' di anni le Mulan, le Esmeralda, le Pocahontas, le Belle: indomite, coraggiose, che affrontano i cattivi, hanno preoccupazioni sociali che vanno al di là del proprio matrimonio, che non stanno tutto il tempo con gli occhi luccicanti a sognare il maschio che cambierà la loro vita. La Disney ha osato il massimo (subito non a caso bacchettata dalla destra religiosa) con Pocahontas, che alla fine, contravvenendo persino alla leggenda sulla quale é basato il film, si rifiuta di seguire in Inghilterra il maschione amato, perché lì dove si trova é "più utile" al suo popolo. Sono eroine intraprendenti, che a volte cambiano il destino delle nazioni, che spesso battono i maschi sul piano dello scontro fisico e sempre sul piano dello scontro intellettuale. In qualche modo, da questo punto di vista, sono figure positive nelle quali le bambine possono rispecchiarsi trovando un qualche appoggio al rafforzamento della propria autostima. Certo si tratta di modelli più positivi di quelli proposti da innumerevoli altri cartoni animati, varietà televisivi, ecc.
Ma sono, quelli Disney, film che comunque rassicurano il potere maschile. Il potere maschile, ci dicono, deve imparare ad essere più gentile, deve far proprie certe virtù considerate femminili (la tenerezza, l'intuizione, la fantasia, l'amore per il prossimo, verso i figli, ecc.) e per questo vengono inseriti sempre antagonisti maschi (il Gaston della "Bella e la Bestia" ad esempio) che rappresentano esattamente il contrario di queste caratteristiche. Ma l'essenza di questo potere, rappresentato quasi sempre da un busto ben dotato di muscoli, quello comunque non si tocca. Noi non potremmo mai immaginare in un cartone Disney, e quando lo vedremo vorrà dire che si sarà compiuta o sarà imminente una rivoluzione di genere, un'eroina che disobbedisce al padre senza che alla fine il padre non venga in qualche modo giustificato e assolto, non potremo ammirare un'eroina che si innamora di un uomo che non é dotato di attributi mascolini ben in evidenza, e che abbiamo visto, costituiscono un emblema di dominio, non incontreremo sullo schermo una donna il cui eventuale potere non dipenda in qualche modo dalla benevolenza maschile, incoronata regina incontrastata mentre il maschio si fa accarezzare la testa come fosse un bambino.

"Tarzan" é un film dunque da non mostrare ai bambini? Al contrario. Come tutte le produzioni Disney, lo si vede con piacere (qui non ci siamo soffermati ad esempio sulle straordinarie soluzioni tecniche che sono state utilizzate, per non parlare della sceneggiatura, sempre impeccabile nei tempi e nei dialoghi), ma, semplicemente, é da vedere insieme a loro, ai bambini, e dopo aver asciugato le lacrimucce delle scene strappacuore, dovremo tenere l'occhio ben aperto e critico. Dove non arriva Jane, dobbiamo arrivare noi.

 

Notizie utili per approfondire l'argomento:

il sito ufficiale del Gorilla Fund fondato dalla Fossey: http://www.gorillafund.org/ con una sua breve biografia: http://www.gorillafund.org/008_df_frmset.html

il sito ufficiale del cartone della Disney: http://disney.go.com/worldsofdisney/tarzan/

il primo romanzo di Burroghs che ha dato origine alla saga: Tarzan of the apes, tutto in rete, in inglese: http://www.cs.cmu.edu/People/rgs/tarz-table.html in inglese Tarzan of the apes

un sito con la filmografia completa dei film di Tarzan: http://www.intrepid.net/~jkerr/bunkum/tarzan.htm