riceviamo e pubblichiamo

FAVOLA DELLA CURA E DEL MONDO
UN MITO DALLA PARTE DELLE DONNE


settembre 2000, di Stefania Cherchi, Donne in Nero di Piacenza

 

 

Agli albori del mondo la Cura passeggiava pensierosa per lande ancora disabitate quando, avendo trovato della creta lungo il corso di un fiume, pensò di modellarla seguendo un certo modello che aveva in mente. La Cura aveva delle mani d'oro, e le figurine le vennero proprio bene. Subito essa volle fare qualcosa per le sue creature: così si rivolse a Giove, padre di tutti gli dei, perché vi infondesse lo spirito. Giove accondiscese volentieri alla preghiera della Cura, che tante volte l'aveva massaggiato con preziosi unguenti quando era stanco ed era stata ad ascoltarlo quando era preoccupato e gli aveva dato saggi consigli sulla conduzione dell'universo.
Ma subito dopo Giove e la Cura vennero a litigare: il re del cielo infatti pretendeva, in cambio del suo dono, il diritto di dare un nome alle creature. E ci si mise pure la Terra, a sostenere che quel diritto era suo perché dal suo corpo era tratta la materia di cui erano composte. E il Tempo, che si presentò subito pretendendo di ergersi a giudice nella faccenda. E tutti a gridare, e a minacciare di distruggere le creature della Cura piuttosto di lasciarle agli altri. Andò a finire così: "Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito. Tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, finché esso vive, sarà della Cura. E quanto al nome, si chiamerà Homo, perché è fatto di humus".
E la Cura, che aveva ormai concepito un grande amore per le sue creature, pur di salvarle dovette cedere.
Purtroppo però dovette ben presto rendersi conto che quelle creature non solo erano mortali, ma anche estremamente fragili: venivano al mondo debolissime, e incapaci di provvedere a se stesse, morivano se non venivano continuamente nutrite, si ammalavano facilmente ed erano esposte a mille altri pericoli. E si affannava, la Cura, per mantenere in vita la sue creature, e ci perdeva il sonno, e non riusciva più a pensare a nient'altro. Gli altri dei invece, non contenti di aver bisticciato il giorno natale di Homo riguardo al nome da dargli, si vantavano ora di avere in serbo per lui grandi progetti. La Terra lo destinava al lavoro: "I campi, il cielo e il mare sono una tua proprietà: asservili, sfruttali, falli lavorare per te, e riempirai d'oro i tuoi forzieri. Nulla deve fermarti, tu puoi arrivare al cielo, tutti ti saranno sottomessi". Giove, sobillato da Marte suo figlio, gli vaticinava un futuro di conquiste: "Onore e vanto della tua stirpe sarà il potere: tu dominerai, sconfiggerai, ti farai temere ed obbedire".
Ogni volta che Cura provava a ricordare a quei signori che il Tempo le aveva lasciato signoria su Homo fintanto che era in vita, essi si arrabbiavano, perché non volevano rinunciare ai loro progetti. Ma siccome non potevano disfare ciò che il Tempo aveva fatto, magnanimamente concessero alla Cura: "Tu, per le tue faccenduole quotidiane, non hai bisogno di tutto il genere umano; te ne basta una metà, mentre noi con l'altra metà potremo ben realizzare le nostre eccelse imprese". E così fu che Homo venne diviso in due: i maschi e le femmine.
Da allora Cura non ha smesso di arrabattarsi per mantenere in vita le sue creature, cercando di porre rimedio alle follie degli altri dei. E dove questi hanno voluto dividere, ha intrecciato relazioni; dove hanno creato baratri, ha costruito ponti; dove hanno causato ferite, ha curato; e per ogni morte ha procurato nascesse una nuova vita.
Per molti secoli le altre divinità si sono coalizzate per sminuire il lavoro della Cura, esaltando per contro il proprio. E hanno detto che la Cura era una dea inferiore, capace solo di occuparsi di pannolini sporchi e pappe e pettegolezzi. Ma lei, testarda, ha continuato a intrecciare amore, dialogo e solidarietà, piangendo per tutto il dolore che uomini e dei andavano seminando per il mondo, stando vicina alle vittime di tutte le guerre, e rifiutandosi di credere che la ragione fosse sempre dalla parte del più forte.
Nel frattempo Homo si inorgoglì vedendo la propria grandezza, forza e intelligenza. Le sue pretese divennero infinite: ardì sfidare il cielo, la natura, i propri limiti, coprì di sangue la Terra e ingiuriò Giove e ogni altra divinità. I fratelli uccisero i fratelli, i padri lasciarono morire i figli di stenti e di fame, e quanto alle donne a loro toccò il trattamento più selvaggio.
Delusi e feriti, gli dei si volsero allora alla Cura, e piansero e la supplicarono di intervenire...