LA CULTURA DELLA VIOLENZA SESSUALE
UN COLLETTIVO DI RAGAZZE TORINESI RILANCIA LA LOTTA PER CENTRI DI ASCOLTO E CONSULTORI ANTIVIOLENZA


dicembre 2003, di Paola Sassone del Collettivo Femminista Mafalda di Torino

Il 3 dicembre, a Torino, il collettivo femminista Mafalda ha organizzato un'assemblea pubblica sulla violenza sessuale, per aprire un confronto sull'argomento anche all'interno del movimento misto, e presentare il progetto di centro di ascolto e "contro-consultorio" per le giovani della città. Partendo da questo primo incontro, che cercava di analizzare le cause ancestrali della violenza sessuale, e il ruolo di essa nel mantenimento dell'ordine patriarcale, stiamo cercando di costruire un ciclo di incontri che sviluppino il tema delle diverse forme di violenza sulle donne. Pensiamo ad altre due assemblee pubbliche, miste (perché la violenza sulle donne è in primo luogo un problema degli uomini, che dovrebbero iniziare a discuterne insieme) nelle quali confrontarci su:
- diverse forme di violenza e discriminazione sulle donne (in ambito lavorativo, famigliare, nella scuola, );
- situazione dei centri che si occupano della lotta alla violenza sulle donne e interventi delle istituzioni: che cosa è cambiato dopo l'approvazione della legge.
Ecco il nostro intervento alla discussione del 3 dicembre.

LA CULTURA DELLA VIOLENZA SESSUALE
La violenza sessuale è frutto di una ancestrale cultura maschilista e machista, finalizzata al controllo del ruolo sociale della donna all'interno della società esistente. La donna è definita dal patriarcato come sottomessa ad un potere esclusivamente maschile, che vede proprio nel controllo del corpo e della sfera sessuale il suo principale strumento. Il carattere sessuale del mantenimento del potere da parte dell'uomo trae la sua forza dal radicamento sociale e culturale della violenza: la violenza pervade ogni ambito dell'agire umano, è lo strumento di controllo usato dal capitalismo per marginalizzare ed eliminare tutti coloro che disobbediscono al sistema di valori esistente, per annientare l'espressione delle minoranze e delle fasce più deboli della popolazione, delle esperienze che si pongono fuori dai meccanismi di potere e sfruttamento imposti dalla società del consumo. Ne sono esempi eloquenti i licenziamenti degli operai e delle operaie della FIAT, i ricatti subiti dai lavoratori e dalle lavoratrici atipici/e, lo smantellamento dello stato sociale, la privatizzazione di istruzione e sanità, la legge Bossi-Fini, le politiche proibizioniste del governo Berlusconi, la legge che sulle PMA che in questi giorni viene discussa (e sarà approvata) in parlamento. Ne è esempio la stretta repressiva della giunta Chiamparino qui a Torino, che con denunce e sgomberi cerca di togliere voce al movimento
La violenza contro le donne ha però una sua specificità incontestabile: la repressione e il controllo passano attraverso il CORPO. Il corpo NON è della donna: appartiene al sistema, le viene sottratto per diventare bene commerciabile e di consumo. Per l'uomo il corpo della donna rappresenta una fonte inesauribile di senso, è strumento di espressione del potere, merce di scambio attraverso la prostituzione, oggetto di consumo attraverso la pornografia e la manipolazione che se ne fa nei mezzi di comunicazione, mezzo di produzione e riproduzione. Per la donna il corpo NON E'! Da sempre è stata addestrata a viverlo come un tabù, un oggetto estraneo e da razionalizzare, un possesso dell'uomo e del sistema produttivo.
La violenza sessuale sancisce questo possesso e attraverso il senso di colpa e la sottomissione della donna riafferma il potere maschile.
Ma l'uso del corpo come strumento di repressione non è solo fisico; colpisce la componente più intima dell'identità femminile, rende la donna schiava e la plasma secondo le sue necessità. La violenza sessuale è agita sistematicamente, in maniera organizzata. Vive della complicità di una intera società.
Prima complice è l'istituzione-famiglia, che inculca nelle bambine e nelle giovani la paura della violenza, dell'aggressione per la strada, che considera ovvio il sopruso sessuale, che incita le ragazze a sparire, a non mettersi in mostra per non correre rischi. Si arriva al paradosso quando i genitori, per sentirsi sicuri, identificano nel "fidanzato" colui che può vegliare sulle loro indifese bambine, la loro guardia del corpo!
Seconda complice è la scuola, che non si sofferma ad analizzare la violenza sessuale tra compagni di studi, che non garantisce una parità di diritti e di espressione tra studenti e studentesse, che non si prende la responsabilità di parlare di sessualità, di chiarire i dubbi, alimentando così paure e sensi di colpa.
Poi c'è la chiesa. Il sesso è peccato, la verginità è modello. Meglio morire per difendere la propria castità, come Maria Goretti, che ribellarsi alla violenza. Santa Rita da Cascia vive una vita intera con un marito violento e diventa santa per aver subito passivamente il martirio, non per averlo lasciato!
E le istituzioni? Quante ragazze in tribunale si sono sentite dire che lo stupro se lo sono cercato, che sono state provocanti, che è il loro atteggiamento ad essere scandaloso, non quello di chi le ha violentate, poverino, costretto dalla loro disponibilità.
E poi ci sono i mezzi di comunicazione, che di violenza sessuale parlano solo quando possono ottenere un qualche profitto, quando possono costruire il caso, quando possono giudicare, fare audience, aumentare le tirature
Quanti altri sono i complici!
Intanto le donne vengono relegate nel ruolo di vittime, altro non possono essere. Vittime della violenza, della strumentalizzazione che viene loro costruita addosso, della paura di denunciare i propri persecutori, dell'impossibilità di liberarsene
NOI NON VOGLIAMO PIU' ESSERE VITTIME!
Pensiamo che sia ora di abbattere questo muro di silenzio e di riprenderci il diritto alla vita, nella sua totalità, senza più violenza. Per questo è necessario smascherare una volta per tutte il sistema patriarcale che domina la nostra società e si serve proprio della violenza sessuale, ma non solo, come strumento di oppressione e controllo sulle donne.
E in nome della nostra libertà abbiamo scelto di creare un centro di ascolto e un "contro-consultorio" per le giovani, uno spazio nel quale conoscerci, confrontarci e offrire sostegno a tutte le ragazze che non vogliono più sentirsi vittime di un ruolo imposto dall'alto, ma ricominciare a pensare con la propria testa e a decidere del proprio futuro, del proprio corpo, della propria sessualità.
Paola Sassone
collettivo femminista Mafalda