VECCHIE OSSESSIONI
PER NUOVI CROCIATI
APPROVATO IL MOSTRO GIURIDICO SULLA P.M.A.
marzo 2004, di Milena Patuelli
Le prime proposte in materia di procreazione medicalmente assistita risalgono al novembre del 1958; dopo oltre 40 anni di confronto, il 10 febbraio 2004 è stata approvata in via definitiva la legge 1514, l'insieme di norme che dovrebbe regolare la p.m.a. La prima impressione che si ha scorrendone gli articoli è che il contesto culturale e sociale di riferimento sia proprio quello degli anni '50: sparisce l'autodeterminazione femminile, si sancisce la discriminazione di certe minoranze sociali, si assesta un duro colpo alla laicità dello Stato.
È arduo orientarsi nella selva di divieti che la legge impone. Tra gli altri, spicca il no alla fecondazione eterologa: gay e single non possono quindi accedere alle tecniche di fecondazione assistita, riservate solo alle coppie di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile e con un rapporto e di comprovata stabilità (in base a quale criterio si prova questa stabilità non è dato sapere). Ne esce un'idea di famiglia "ottimale" tutta ideologica, con un padre e una madre eterosessuali, meglio se consacrati nel matrimonio. E che resta delle single: donne che, se concepiscono un figlio naturalmente, vengono ricattate con irrisori incentivi economici affinché non abortiscano e vituperate se lo fanno, ma che diventano madri illecite se decidono con coscienza di avere un figlio ricorrendo alla fecondazione assistita.
Il senso di assurdo lascia spazio all'orrore quando si legge che viene imposto l'obbligo di impianto dell'embrione anche se la donna nel frattempo ha cambiato idea. Parlamentari del centro-sinistra, giustificando l'assenza di una linea comune di voto su una questione tanto importante, si sono trincerati dietro la frase "ad ognuno è stata lasciata la libertà di votare secondo coscienza". Ma si può parlare di libertà, tanto più di coscienza, quando si prospettano scenari in cui una donna viene legata al lettino e costretta all'impianto coatto?
Ancora più goffa suona la rassicurazione che questa legge non sia un attacco alla 194, la legge sull'interruzione di gravidanza. Chi esulta per l'approvazione della 1514, infatti, ha da subito chiarito quale è il suo articolo fondamentale: il numero (non a caso) 1, che "assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito". Dal dibattito in sede parlamentare sono uscite poi frasi deliranti come "l'embrione è uno di noi", e sproloqui su un fantomatico diritto di famiglia del concepito.
Proprio in obbedienza a questa ossessione dell'embrione, la legge ne vieta la produzione in numero superiore a quelli necessari ad un unico impianto, e cioè non più di tre: questo a prezzo di un grave stress fisico e psichico per la donna, visto che spesso il primo tentativo fallisce, costringendola ad ulteriori terapie molto invasive e dannose.
Sono molte altre le assurdità e le violazioni di diritti che questa legge implica. Una legge violenta e presuntuosa, completamente scollegata dalla realtà delle cose, che si nutre di argomenti fittizi come lo sono quelli sulla purezza della razza. Questo è in definitiva: una legge razzista, giusta solo per chi ancora non riesce a dominare ansie ataviche, come quella per il primato femminile nella riproduzione, per chi sente la propria identità minacciata dall'introduzione di elementi esterni, "sconosciuti", incontrollabili e quindi probabilmente pericolosi.
Non solo: l'approvazione di una legge così totalitaria e oscurantista rappresenta un altro duro colpo alla partecipazione dei cittadini: viene negata la libertà di fare scelte anche in un ambito estremamente privato e intimo come è quello del desiderio di avere o non avere un figlio. Come si può sperare di avere un peso nella gestione della politica interna o delle relazioni internazionali quando viene minacciata addirittura la facoltà di gestire il proprio corpo?
In una fase storica in cui si paventa la guerra alle idee e alle religioni, passa in Italia una legge che condanna una coppia o una persona per volersi appropriare di un potere, quello di dare la vita, che sarebbe riservato unicamente a Dio. Il cardinale Tettamanzi ha usato queste parole: "la colpa della coppia di chi si affida alla fecondazione assistita sarebbe quella di non affidarsi responsabilmente a Dio, ma a se stessa, al potere che l'attuale tecnologia le offre". Un fatalismo reso legge dello Stato, secondo modalità liberticide di cui spesso vengono accusate ben altre "cattivissime" religioni.
In fondo non tutto è perduto: chi desidera un figlio e non riesce naturalmente può ancora contare sull'intervento divino, come è successo 2004 anni fa a Betlemme: ma ... ricordo male, o era un caso di eterologa?