PIAZZA DEI CIMITERI
MARINI DI STATO
CAMBIAMO
NOME ALLE PIAZZE MANIFESTANDO CONTRO LA LEGGE BOSSI-FINI SULL'IMMIGRAZIONE
giugno 2002, dal comitato promotore
Oggi questa piazza si chiama Piazza dei cimiteri marini di stato.
E' da anni, ormai, che i nostri mari sono diventati cimiteri di donne e uomini, di bambini e bambine che cercano di arrivare in Italia, e a cui i nostri governi hanno risposto sempre con il tentativo di blindare le frontiere.
Questo tentativo di controllo assoluto, che pensa e ci fa pensare al fenomeno dell'immigrazione come un fenomeno di invasione, come se questi uomini e donne fossero in guerra contro di noi, ha innumerevoli effetti.
Crea da un lato l'idea di una comunità condivisa, noi, noi gli italiani, contro loro, gli invasori, i nemici del nostro stato, della nostra cultura, della nostra comunità e dei nostri valori, e crea dall'altro l'idea che la presenza degli immigrati sia sempre una presenza illegittima.
Sono presenti sul nostro territorio e quindi sono criminali. Si nega così loro la possibilità di risiedervi stabilmente e regolarmente, si nega loro la libertà quando sono privi di permesso di soggiorno, chiudendoli nei centri di detenzione senza che abbiano compiuto alcun reato, li si espelle dal territorio italiano, e li si respinge prima che vi entrino.
A volte, e non poche, si nega loro l'esistenza. Non è un effetto collaterale quello delle loro morti, ma una tragedia voluta dai nostri governi e dal loro modo di legiferare sull'immigrazione.
La nuova legge sull'immigrazione, in discussione alla camera, prevede di rendere istituzionali queste morti. Con le navi della marina militare a pattugliare le coste l'Italia legifera una vera e propria guerra contro gli immigrati.
Noi vogliamo la vita, ci opponiamo a questa guerra e alla legge che renderà istituzionale questo mare di morte.
Dando oggi un nuovo nome a questa piazza vogliamo che lo stato italiano riconosca la propria responsabilità, chiediamo a tutti di denunciare l'ipocrisia dell'indifferenza e di ricordare che quei morti avevano un nome, una storia, una vita, che erano uomini, donne, bambini e bambine con il loro diritto fondamentale all'esistenza.