ARRESTO ED ESPULSIONE
DI PACIFISTI ATTIVISTI INTERNAZIONALI NELCAMPO ECOLOGISTA. LA
DIFESA DELL'AREA NATURALE DEL MINDO, NELL'AMAZZONIA EQUATORIANA,
E LE MINACCE DI MORTE
COSA
ACCADE NEL CARCERE DI SICUREZZA FEMMINILE DI CHORRILLOS: DENUNCIA
E INIZIATIVE DI RESISTENZA
Maggio 2002, di Paola Colleoni,
detenuta nel Centro di Detenzione per immigrati di Quito. Da Selvas
Il 25 marzo, dopo essere stati due giorni su all'accampamento di Mindo, eravamo 15 stranieri che stavamo scendendo. Eravamo lì tutti quanti chi per motivi di studio, documentazione, investigazione. Motivi giornalistici, insomma per vedere com'era la situazione ambientale dell'oleodotto. La mattina, mentre scendevamo dall'accampamento, è arrivato il gruppo
speciale della polizia di Quito (GOE). Ci hanno fermato, preso i documenti, ci hanno portato via e da lì è iniziata questa odissea infinita.
Fin dall'inizio non c'è stato detto nessun capo di imputazione. Siamo stati trasferiti al GOE dove siamo rimasti per due-tre ore, hanno fatto le fotografie senza che nessuno mai si qualificasse. Da lì siamo finiti alla migrazione dove siamo stati rinchiusi dentro una stanza di un metro per tre, per qualche ora senza poter chiamare nessuno, senza sapere cosa stava succedendo. Alla fine, non volendo farci fare nemmeno una telefonata, ci hanno avvisato che ci stavano portando al centro di detenzione. A qual punto, per riuscire a fare una telefonata, ci siamo buttati tutti per terra rifiutandoci di salire sull'autobus. Siamo riusciti così a comunicare con "Azione ecologica" . quando siamo arrivati al centro di detenzione ci hanno detto che era un problema di "mal uso di visa" cioè uso inappropriato del visto quindi un problema di migrazione, che dovevamo aspettare degli accertamenti.
Gli uomini sono stati separati dalle donne, questo è un carcere allucinante. Qui la gente viene presa, rinchiusa, nessuno sa niente, nemmeno quando si esce. Bisogna pagare tutto anche le guardie, le condizioni igieniche sono fatiscenti. Ci sono detenuti violentissimi per cui per noi è anche un problema riuscire a gestire la situazione con gli stessi detenuti.
Ieri, dopo una notte in carcere, alle 16,45 ci dicono che ci sarebbe stata una udienza alle 17, senza che noi potessimo parlare assolutamente con gli avvocati. Siamo stati portati all'udienza, era presente anche la stampa, e ci viene dato in mano il capo di imputazione cioè:" aver ostacolato e interrotto la costruzione dell'oleodotto OCP". Le prove a carico erano assolutamente inventate nel senso che l'accusa (probabilmente pagata direttamente dall'OCP) mostrava delle foto, perché l'accusa veniva direttamente dall'OCP, di macchinari rotti senza nessuna presenza di persone vicino. Solamente dunque foto di cose.
D. Dopo la visita del Console le cose sono cambiate?
R: No, per niente. Anche il console ha fatto presente tutte le irregolarità, che non c'è nessuna
prova a nostro carico. Ci sono, nei nostri confronti, delle violazioni evidenti. Per esempio siamo stati portati via con un pullman privato dell'OCP, i poliziotti ad un certo punto del viaggio sono scesi e rifocillati con lo stesso cibo che viene dato agli operai dell' OCP.
Poi alle 20 l'udienza è finita, tra l'altro in mezzo al casino perché non potevamo avere la traduzione e nient'altro. Tutti sono andati via mentre noi ci hanno fatto rimanere lì fino all'una di notte, senza avvocati con al scusa che dovevano scrivere i verbali e che noi avremmo dovuto firmare.
Ad un certo punto il giudice si è ripresentato dicendo che voleva concludere l'udienza in quel momento, poi ha cambiato idea cominciato un'arringa terroristica nei nostri confronti, totalmente informale che non è agli atti. Il giudice ha detto che non dovevamo venire in Ecuador a occuparci di motivi politici, per cui un fatto di "migrazione" si è trasformato in un inquisitoria sulla legalità o meno del processo di estrazione petrolifera nel paese. Alle due di notte siamo stati trasportati, ormai distrutti, di nuovo nel centro di detenzione e adesso stiamo aspettando che arrivi la sentenza.
ORE 10: In nottata dovremmo sapere se gli attivisti saranno espulsi o prosciolti. Quindi è una vicenda che si avvia alla conclusione in questa giornata.
L'Ambasciatore ha assicurato che avrebbe cercato in tutti i modi, almeno per quanto riguarda gli italiani, di chiedere il loro proscioglimento e quindi si sarebbe messo in contatto con il Prefetto, che è incaricato ad esprimere il parere su questa audizione per cercare di guardare al caso degli italiani in maniera diversa. Sembra infatti che la questione sia legata anche alla scadenza dei visti di soggiorno per altri degli attivisti internazionali. Gli italiani infatti avevano il visto ancora valido.
Il reato che è stato contestato è quello di abuso di utilizzo del visto di soggiorno. Dire che è una motivazione banale è un ragionamento semplicistico. E' molto più preoccupante in termini politici perché significa che io cittadino europeo o di qualsiasi altra nazionalità, per andare in Ecuador ed interessarmi delle foreste del mondo o del diritto internazionale umanitario o del diritto dei popoli indigeni ho bisogno di un visto politico per esercitare il diritto a pensare e per fare attività di questo tipo che rientrerebbero nella carta dei diritti dell'uomo.
Sicuramente da questa vicenda due sono le considerazioni forti: la prima sul ruolo del diritto di cittadinanza è quella che abbiamo appena affrontato e andrebbe approfondita, la seconda è quella dell'innalzamento del conflitto sulle vicende legate allo sfruttamento delle risorse energetiche che identifichi quello che è l'ultimo stadio dell'evoluzione del neoliberismo a livello di mercato e di economia e cioè i conflitti che si giocano sul controllo delle risorse energetiche. E questa una vicenda simbolo. Il Governo ecuadoriano ha deciso di alzare lo scontro politico e militare, perché ha utilizzato forze speciali di polizia, per annientare le proteste che stanno coinvolgendo non solo l'Ecuador ma tutta l'America Latina contro la costruzione di questi megaprogetti.
Queste missioni che stiamo organizzando per solidarizzare con queste lotte locali, di rendere interdipendente il concetto di lotta e di resistenza a livello internazionale evidenzi il nuovo stadio dei conflitti a livello mondiale. Il Governo ha addirittura dichiarato lo stato di emergenza sulle
proteste contro OCP ed è indicativo di quanto sia importante per loro questo progetto, ma non per loro cittadini ecuadoriani, Ricordiamo infatti che l'OCP attraversa una ventina di villaggi che hanno un livello di povertà del 70% a causa del precedente oleodotto (l'oleodotto transecuadoriano) e adesso ne costruiscono un altro senza considerare che già il primo è stato un buco nell'acqua perché non ha portato nemmeno quello che loro dicono, cioè ricchezza e lavoro. Anzi ad Esmeralda rischia di lasciare a casa circa 6.000 famiglie di pescatori. Quindi i 2.000 posti di lavoro che porterà in termini non strutturali ma congiunturali solo per il periodo di costruzione dell'oleodotto valgono poco rispetto al danno ambientale e sociale che produrrà. Quindi è un obbligo da parte nostra quello di essere al fianco di queste lotte, anche perché riguardano anche noi. La foresta, la cultura e la biodiversità non sono patrimonio del governo ecuadoriano né nostro ma dell'umanità.