GUERRIGLIA E PARTECIPAZIONE FEMMINILE
YOLANDA COLOM, MILITANTE DELLA DIGNITA'


aprile 2000, da Fempress di Yadira Calvo

 

In un'affascinante opera di testimonianza, "Donne all'alba. Guerriglia e partecipazione femminile in Guatemala", la scrittrice Yolanda Colom racconta le vicissitudini della sua stessa lotta e di quella delle sue compagne e compagni di idee e azioni, tra il 1973 e il 1978. Quindici anni dopo lo svolgimento dei fatti, racconta come le donne che aspiravano in quel momento e in quel Paese ad avere "un Guatemala più degno e giusto", una "società più umana, più felice, più avanzata" dovevano affrontare non solo il potere ufficiale di "un sistema che sbarrava a sangue e fuoco le vie legali e pacifiche", ma anche il potere travolgente del patriarcato radicato nelle teste dei propri compagni di lotta e in quelle della popolazione poverissima i cui diritti queste guerrigliere si proponevano di difendere.
Quest'ultima situazione è illustrata pateticamente in un fatto accaduto durante il passaggio dell'autrice, insieme al marito e a un'altra guerrigliera, attraverso alcuni villaggi della zona ixil, dove la poligamia veniva tollerata se l'uomo si faceva carico di mantenere le proprie differenti spose e famiglie. In un posto lontano si fermarono in una bottega per comprare bibite e lì il negoziante, un anziano indigeno, chiese all'uomo se le due donne erano sue spose. Lui rispose che una delle due lo era. L'indigeno si mostrò molto incredulo perché a suo giudizio, una donna non sarebbe andata sola per quei posti con qualcuno che non fosse suo marito. Di fatto, tra gli indigeni le spose si compravano, e tanto nella regione di Quetzaltenango e Totonicapàn come nella zona ixil, si dava per scontato che ogni donna doveva obbedienza e servizi all'uomo, che fosse padre, fratello, marito o figlio, e l'unico posto dove le si permetteva di andare sola era il fiume o la fontana o la fonte dell'acqua per trasportarla o per lavare i panni.
L'indigeno manifestò il suo desiderio di comprare una delle due donne, indicando proprio Yolanda. Il compagno si decise a stare allo scherzo, e gli chiese che cosa gli offriva in cambio. " Quel gallo lì" rispose, indicando un bel gallo colorato. "T'ingannerei se ti dessi quella che chiedi, perché di sicuro se ne va e finisce che tu perdi il gallo per niente". Però l'anziano, ridendo a crepapelle gli assicurò che non se ne sarebbe andata: "Donna nuova come gallina nuova - gli disse - la leghi bene a un palo e così le dai da mangiare per vari giorni finché si abitua. Con il tempo la sciogli e stai tranquillo che resta."
Certamente l'indigeno di questa storia non sapeva neanche leggere, però si sarebbe sorpreso dell'assoluta e piena coincidenza della sua mentalità con quella degli eroi descritti da Omero duemilasettecento anni prima, quando un capo dell'esercito, per incitare un soldato alla lotta, poteva dargli la possibilità di scegliere come compenso un tripode, due cavalli con il relativo carro o una donna che avrebbe diviso il suo letto. Poco cambiamento per una tale opprimente quantità di secoli.
Ebbene, per le guerrigliere la situazione con i compagni di lotta della propria stessa razza e etnia e ideologia politica nemmeno era considerevolmente migliore.
Certo che essi non progettavano di comprare donne; che all'interno dell'organizzazione almeno alcuni dei militanti mettevano in discussione il maschilismo, l'oppressione femminile, la doppia morale, i tabù sessuali, il mito della verginità; che nel distaccamento si erano sperimentati modelli di convivenza contrari ai modelli sociali dominanti e il lavoro non veniva diviso in base al sesso, all'etnia o alla classe. Però certamente è vero che molti compagni opponevano resistenza all'accettazione delle donne in posti di autorità o in attività militari, e interferivano nelle loro funzioni, che consideravano prerogative dei maschi.
Alla fine della sua opera, Yolanda sostiene che in Guatemala c'è un mondo nuovo da conquistare: l'esperienza rivoluzionaria "è entrata in riflusso" ed "è retta da idee e obiettivi diversi"; le selve e i boschi primigenei descritti stanno cessando di esistere, rasi al suolo dalla controrivoluzione, e invasi da coloni, trapanatori rapaci e estrattori di petrolio." Ciò che resta immutabile, lei dice, è l'oppressione sulle donne e sugli indios, la precaria esistenza del contadino, l'ancestrale intransigenza del regime dominante."
Nonostante ciò, il saldo è stato positivo. Nella guerriglia le donne hanno incontrato "una prospettiva di vita e di lavoro radicalmente nuova" che presentava loro "la sfida di svolgere funzioni, acquisire abilità e conoscenze nuove nell'ambito politico, militare, agricolo e organizzativo"; e le addestrava a sopravvivere "in montagna e nella selva con un minimo di risorse". E' certo anche che la propria presa di coscienza ha implicato "la decisione personale di mettere in pericolo gli affetti, la vita e la stabilità materiale per lottare a fianco degli sfruttati e degli oppressi". Questo ha significato per Yolanda Colom la rinuncia al focolare domestico, al figlio, al matrimonio convenzionale e alla classe sociale alla quale apparteneva. Nonostante ciò, non è uscita da questa esperienza come una donna emotivamente impoverita per la perdita di ciò che aveva perso, ma trionfante per quello che aveva conquistato. Lei, che secondo le sue stesse parole non era nata per piegare la fronte, trovò nella selva l'amore di un uomo di sensibilità e talento eccezionale; trovò probabilmente e soprattutto la fiducia in se stessa e la maturità intellettuale che l'hanno portata a registrare la propria storia. Una storia nella quale la fede, la speranza e l'amore, le tre virtù cardinali, sono presenti nell'esercizio dell'amore al prossimo attraverso l'esperienza dell'autrice come militante della dignità e della felicità.