LE DONNE CONTRO IL
RAZZISMO
LA RETE
DI DONNE AFRO-LATINOAMERICANE E AFRO-CARAIBICHE FA UN BILANCIO
A CINQUE ANNI DALL'INCONTRO DI PECHINO E PREPARA LA CONFERENZA
MONDIALE CONTRO IL RAZZISMO
marzo
2000, da ALAI
Nel mese di giugno del 2001 avrà luogo in Sudafrica la Conferenza Mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza, convocata dalle Nazioni Unite.
Diverse organizzazioni hanno iniziato a preparare questo evento, a partire ognuna dalla propria specifica prospettiva. La questione del razzismo si intreccia con quella dei processi migratori e con le misure adottate dai paesi europei e dagli Stati Uniti per contenere i flussi di immigrati, con i rigurgiti di neonazismo e l'utilizzo di internet per la diffusione di messaggi razzisti (vari studi, comprese fonti della Commissione dei diritti Umani dell'ONU, indicano che le pagine web di tipo razzista sono raddoppiate negli ultimi tre anni, passando da 600 nel 1997 a più di 1400 nel 1999), e con questioni ambientali. Per "razzismo ambientale" si intendono quelle misure adottate da imprese private e da governi che pregiudicano la salute di gruppi, individui e comunità sulla base della razza o del colore della pelle, attraverso effetti negativi sull'ambiente. Si manifesta ad esempio, quando Paesi del Nord effettuano esperimenti nucleari nel Sud del pianeta o cercano di scaricare i rifiuti tossici delle proprie industrie o le scorie nucleari nei Paesi poveri, appunto dove vivono popoli neri, indigeni o di diversa origine etnica.
È evidente che le discriminazioni razziste che ostacolano o impediscono il rispetto dei diritti fondamentali della persona - all'alimentazione, all'abitazione, alla salute, al lavoro, all'istruzione, alla partecipazione e così via - assumono connotazioni specifiche nei confronti delle donne.
Da una prospettiva di genere, le donne afro-latinoamericane e afro-caraibiche propongono una loro analisi e una serie di proposte che riprendono la Piattaforma di Azione di Pechino approvata durante la IV Conferenza Mondiale sulla Donna (mentre se ne valuta l'efficacia a cinque anni dalla sua ratifica), articolando il discorso di genere con quello di razza.
La loro elaborazione, frutto in particolare di un seminario tenuto a Bogotà, in Colombia, dal 7 a 10 dicembre '99 e di una riunione tenuta a Lima, in Perù, nel febbraio 2000, si articola intorno ai seguenti temi: lavoro e povertà, partecipazione politica, educazione, salute e diritti riproduttivi, diritti umani, violenza, comunicazione.
Per ognuno di questi temi, le donne denunciano non solo la mancata realizzazione dei programmi che erano stati sottoscritti dai governi, ma anche il deterioramento delle condizioni di vita delle donne nere e indigene dei Paesi dell'area.
Per quanto concerne il lavoro, esse rilevano un'accelerazione del processo di femminilizzazione della povertà e della sua etnizzazione. Storicamente le donne nere si sono scontrate con una serie di ostacoli strutturali per accedere al lavoro in termini di equità rispetto alle altre donne e soprattutto agli uomini. La liberalizzazione del mercato del lavoro a favore degli impresari, la flessibilità dei salari e l'espansione del settore informale dell'economia, aggravano l'esclusione delle donne nere. Esse sono costrette ad accettare lavori di seconda e terza categoria e ai margini dei diritti che l'insieme dei lavoratori ha ottenuto nei rispettivi Paesi. Inoltre lo Stato negli ultimi anni ha continuato a ridurre i servizi prestati, al punto che la maggioranza delle donne nere si trova di fatto nell'impossibilità di accedere ai servizi minimi di salute, acqua potabile e istruzione.
La Rete chiede quindi misure che garantiscano la non esclusione a causa del genere e dell'etnia, a partire da una rivalutazione del lavoro delle donne nere nel mercato, attraverso azioni positive di spesa pubblica per aumentare le opportunità economiche con programmi specifici per questo settore di cittadine, come già stabilito nella Piattaforma approvata a Pechino. Chiede investimenti anche nell'istruzione e nella qualificazione professionale, per superare le condizioni materiali di miseria che impediscono l'accesso all'istruzione e gli stereotipi culturali che relegano le donne nere nei posti di lavoro a bassissimo livello. La formazione va invece promossa sia per le bambine che per le donne adulte con programmi di educazione permanente nelle comunità nere.
Nei programmi educativi, si raccomanda di valorizzare il contributo alla cultura e allo sviluppo delle società latinoamericane e caraibiche da parte delle diverse etnie, modificando gli attuali curriculi spesso apertamente discriminatori.
Le donne nere e indigene che, come recita il testo della piattaforma di Pechino "attraversano difficoltà speciali", devono potere avere accesso reale ai luoghi di partecipazione politica e ai processi decisionali. Nei Paesi latinoamericani c'è un "deficit di democrazia" che emargina la maggioranza della popolazione dal potere, e in questo contesto le donne nere sono addirittura invisibili, a causa del razzismo strutturale del sistema. Esse chiedono il riconoscimento della propria cittadinanza e la garanzia del godimento dei diritti umani, e concretamente reclamano dai governi fondi per la propria formazione e autorganizzazione all'interno delle comunità nere, in modo che esse stesse possano addestrarsi ad essere protagoniste della vita politica locale e nazionale. Chiedono anche meccanismi del tipo delle quote per garantire una equa presenza delle donne delle minoranze etniche nei partiti che sono lo strumento per eccellenza per accedere al potere politico nei Paesi democratici.
Il documento denuncia infine il deterioramento delle condizioni di salute, e in particolare di salute riproduttiva, delle donne nere e indie, e la precarizzazione dei servizi. Si oppone all'utilizzazione di donne nere per esperimenti scientifici e ricorda le campagne di sterilizzazione nelle comunità nere più volte denunciate nel corso degli ultimi cinque anni.
Afferma che i diritti umani delle donne nere inoltre vengono violati a causa dell'uso continuo delle immagini negative e stereotipe del corpo della donna nera come oggetto erotico e sessuale, mentre lo sfruttamento sessuale radicato nella tradizione storica permane attuale, sia attraverso il traffico della prostituzione, sia attraverso la violenza quotidiana che ogni donna nera deve affrontare. Il vocabolario razzista e sessista è socialmente accettato e le donne nere si riconoscono in una situazione di permanente vulnerabilità.
Alle donne nere non è garantita né l'incolumità fisica, né un minimo accesso all'informazione, all'educazione, alla salute, alle abitazioni, ai mezzi di comunicazione, alle nuove tecnologie, a una vera e reale partecipazione politica: questa è violenza istituzionale razzista e sessista, che si manifesta soprattutto nella invisibilità e nella repressione da parte dei servizi di sicurezza dello Stato delle manifestazioni di protesta delle donne nere, spinte sulle strade come indigenti e facili prede. La violenza si vive ogni giorno negli spazi pubblici e privati e viene esercitata sotto diverse forme, malgrado i passi in avanti compiuti nella legislazione. Le misure legislative vanno però accompagnate da strumenti e meccanismi permanenti che abbiano l'obiettivo di sradicare la violenza istituzionale contro le donne nere.