5° INCONTRO DELLA
MARCIA MONDIALE DELLE DONNE IN RUANDA
UN RESOCONTO
DALLE DELEGATE ITALIANE
febbraio
2005, di Nadia De Mond, Kigali, 4-14 dicembre 2004
Un resoconto esaustivo dell'incontro sarebbe veramente troppo lungo da fare poiché ci siamo riunite durante ben 8 giorni, la maggior parte passati nel campus universitario di Kigali, interrotti solo da una visita al museo dedicato al genocidio e da una visita alle organizzazioni di base di Pro-femmes, l'Associazione ombrello delle donne ruandesi che ci ha accolto.
Al Ruanda stesso sarebbe doveroso dedicare un'introduzione lunga e articolata perché si tratta veramente di un Paese affascinante e allo stesso tempo terrificante per la sua storia recente - più di un milione di persone trucidate nel genocidio più concentrato (da aprile a luglio 1994) che l'umanità abbia conosciuto - e per la complessità della sua ricostruzione. Tuttora sto leggendo libri e articoli per cercare di formarmi un'dea approssimativamente reale della situazione odierna, impossibile da leggere se non alla luce di questi tragici eventi. Ma non mi sento neanche di cominciare a abbozzarvi in questa sede una spiegazione.
Parlerò quindi dell'incontro stesso e della MMD. Per cominciare qualche dato: hanno partecipato un centinaio di donne tra cui 73 delegate di 31 Paesi di Asia (2), Medio Oriente (3) America Latina (4) America del Nord (5), Europa (15) e Africa (44) e una trentina di osservatrici delle organizzazioni del Ruanda e dei Paesi limitrofi. Come sempre il luogo della riunione determina la composizione della platea e in questo senso l'Africa era stata scelta, all'ultimo incontro in Delhi nel marzo 2003, in modo cosciente per incentivare una maggiore partecipazione diretta delle numerose associazioni di donne africane che fanno parte della MMD e che in genere hanno più difficoltà (soldi, visti,..) ad assistere alle riunioni internazionali.
Le prime tre giornate, richieste dalle delegate africane, avevano un carattere più pedagogico. Proprio perché poche donne della base avevano finora potuto partecipare direttamente alle riunioni mondiali della MMD, era importante metterci tutte alla pari rispetto al dominio di concetti e l'uso di termini appartenenti al gergo della Marcia, corrispondenti ad una pratica comune ormai quinquennale. Per dare un esempio: menzionare il "collettivo globalizzazione e alleanze" significa per alcune un riferimento concreto al lavoro collettivo svolto dalla MMD all'interno dei Forum Sociali a tutti i livelli per garantire una presenza femminista globale, mentre per molte donne africane era un misterioso oggetto di cui si era solo vagamente sentito parlare. Un altro capitolo si aprirebbe con la parola "lesbica" (e lo farò in seguito).
Durante queste tre giornate introduttive è cominciato inoltre lo scambio di informazioni e di idee su come nei vari Paesi intendiamo dare corpo al nuovo piano di azioni 2005 nel quadro della presentazione della Carta mondiale delle donne per l,umanità. Ci siamo acclimatate nella eterna primavera ruandese e abituate (un po,) ad essere una piccola minoranza etnica (bianca).
A partire dal quarto giorno siamo entrate nel merito dei dibattiti per l'approvazione della Carta. Con il metodo ormai consolidato di alternanza tra plenarie e gruppi di lavoro, combinati per continente o per lingua (spagnolo, francese, inglese) a secondo delle necessità.
Abbiamo trovato un linguaggio comune riguardante la denuncia delle politiche liberiste e militariste interconnesse con il dominio patriarcale e nei valori di fondo sui quali basiamo la nostra concezione di un altro mondo possibile, a misura di donna e quindi di persona umana.
Ancora una volta (come nei precedenti incontri mondiali) il dibattito si è fatto difficile quando abbiamo affrontato due questioni che per noi europee stanno al centro del nostro femminismo mentre per le donne africane appaiono, con varia motivazione, inessenziali nella difesa dei diritti, delle libertà e del potere di decisione delle donne. Sto parlando della questione dell'aborto e del lesbismo.
Su entrambi i temi siamo andate fino in fondo nel dibattito, per la prima volta in presenza di una grande maggioranza di donne africane che ci hanno costrette - pena la rottura del quadro comune di azione - a guardare la realtà dal loro punto di vista. E, stato un processo doloroso per noi.
Perché non si tratta di difendere solamente delle posizioni ritenute politicamente corrette e più avanzate ma che ci coinvolgono personalmente nel profondo della nostra passione politica femminista. A partire dalle compagne lesbiche presenti nell,incontro o dalle compagne portoghesi che stanno lottando con tutte le loro forze (dai tribunali alle piazze, passando per il referendum e il dibattito parlamentare) per la depenalizzazione dell'aborto, con entrambi le quali ci identifichiamo tutte. Altrettanto doloroso è stato per le donne africane che si sono sentite negate (o attaccate) nella loro concezione del femminismo, inserita nella loro realtà sociale, culturale e politica. Bisogna sempre ricordare che abbiamo a che fare con associazioni di massa, che fanno un lavoro con migliaia di donne, spesso analfabete, nelle campagne, lontane da qualsiasi centro di informazione e di comunicazione. Come faceva rilevare una delle interpreti, sarebbe relativamente facile trovare 4 o 5 intellettuali centrafricane, ricercatrici o esponenti di ONG, disposte a sottoscrivere una piattaforma più avanzata. Ciò non cambierebbe niente, però, alla convinzione e alla situazione delle migliaia di donne con cui i gruppi della Marcia fanno un lavoro di emancipazione e empowerment, passo per passo, di educazione, di difesa dei diritti elementari della persona-donna, contro la violenza dei matrimoni forzati e delle mutilazioni genitali, di lotta per la sopravvivenza quotidiana, contro la denutrizione e le pandemie, alcune volte in situazioni di guerra endemica.
Dopo due giorni di dibattito, di rotture e di pianto, di tentativi di riavvicinamento trasversali e di intermediazione da parte di alcune donne sudafricane, asiatiche e latinoamericane, è prevalso il desiderio di privilegiare le acquisizioni programmatiche condivise e il percorso comune, accettando nella Carta mondiale una formulazione di compromesso sui due temi in discussione, da articolare in modo più esplicito nei documenti esplicativi che accompagnano la Carta in ogni continente o Paese.
E' un compromesso che ci ha fatto sentire più forti tutte quante, perché basato su una profonda accettazione della diversità di ogni delegazione e persona, che però è in evoluzione, in movimento convergente verso un ideale comune, e che lotta contro due sistemi di dominazione feroci che sono il capitalismo e il patriarcato in tutte le sue articolazioni. Non è retorica dire che questo incontro ci ha arricchito individualmente e come rete mondiale.
Come vedete, sto dedicando tanto spazio al processo quanto ai risultati perché entrambi sono fondanti per la vitalità di questo movimento. Venendo comunque alle conclusioni operative: la Carta mondiale è stata approvata con alcune piccole modifiche e miglioramenti dalla stragrande maggioranza delle delegate. La marcia a staffetta che farà girare la Carta + il patchwork intorno al pianeta partirà, come prevista l,8 marzo dal Brasile e finirà il 17 ottobre in Burkina Faso, attraversando 63 Paesi (o regioni autonome) dei 5 continenti. Al suo passaggio nei punti focali (nelle capitali, ai varchi di frontiera, nelle campagne e le città,..) verranno organizzate attività di presentazione al pubblico, ai media, alle istituzioni, ai movimenti sociali, manifestazioni, performance, iniziative di solidarietà femminista. Ogni Paese garantirà il proseguo della marcia alla prossima tappa; il Burkina coordinerà l,insieme del percorso. In Italia la Carta arriverà dalla Grecia-Turchia a Brindisi, il 13, 14 maggio 2005. Da qui dovrà essere accompagnata in Portogallo. Ogni Paese sceglie i temi da priorizzare nella presentazione, in accordo con il proprio contesto politico.
L'8 marzo, in contemporanea con il lancio mondiale a San Paolo, verranno organizzate presentazioni nel maggior numero di Paesi possibili. Il 17 ottobre, il giro si concluderà con una 24 ore di solidarietà femminista globale in tutti i Paesi partecipanti, in concomitanza con l'arrivo della Carta in Burkina Faso e le iniziative ivi collegate in loco, in presenza di una delegazione internazionale delle MMD, possibilmente composta da tutti i Paesi partecipanti.
Un'anteprima di confronto sulla Carta con i movimenti sociali alleati avverrà durante il prossimo FSM a Porto Alegre alla fine di gennaio. Un altro momento importante per noi sarà intorno all,evento europeo comune che organizzeremo in Francia il 28 e 29 maggio, con il Forum Femminista Europeo a Marsiglia, da costruire nei prossimi mesi, a partire dal coordinamento europeo che si terrà il 5 e 6 febbraio ad Atene.
Un'ultima sfida ci viene lanciata per la continuità del nostro movimento dalla necessità di spostamento e di decentramento della segreteria mondiale, che si muoverà dal Quebec ad un Paese del Sud, nel fattispecie il Brasile e verrà ridotto ai minimi termini (2 persone) per mancanza di sussidi fissi. Questo carica tutti i coordinamenti nazionali di maggiore responsabilità nell'assunzione, anche parziale, di compiti di coordinamento mondiale (vedi Burkina Faso) e di contributo finanziario per il consolidamento della Marcia mondiale.
Finalmente, abbiamo accolto con entusiasmo l'invito del coordinamento peruviano di tenere il prossimo incontro della MMD a giungo 2006 nelle montagne andine.