MARCIA MONDIALE: NOTE PER UN BILANCIO
RIFLESSIONI E PROPOSTE DEL GIORNO DOPO


ottobre 2000, del collettivo Iemanjá

 

E alla fine la manifestazione c'è stata. Sotto il diluvio, privata delle scenografie, delle musiche e degli spettacoli che avrebbero dovuto propiziare l'attenzione dei media e della gente, ma c'è stata. Forse 5000 donne, tante da impegnare dalla testa alla coda del corteo l'intera via Cavour, e quasi tutte venute da lontano. Tanti gli striscioni e i colori. Un successo, rispetto alle previsioni.
Solo pochi mesi fa, infatti, nella riunione di coordinamento nazionale a Bologna, più di una dubitava dell'opportunità di convocare una manifestazione nazionale, per paura che non fossimo in grado di portare nessuna in piazza. E fino all'ultimo abbiamo dovuto lottare contro il silenzio dei mass-media, anche quelli della sinistra: solo negli ultimissimi giorni il Manifesto ha scritto sulla Marcia e Liberazione è tornato a parlarne, due mesi dopo le notizie date durante l'incontro nazionale delle donne di Rifondazione, nel quale era stata presentata la Marcia ed erano stati chiesti impegni concreti per appoggiarla.
Tutto bene, quindi. Il Manifesto e Liberazione del giorno dopo celebrano la ritrovata visibilità e vitalità del movimento delle donne ed elencano i contenuti, dalla pace alla difesa della 194, alla solidarietà internazionale, che compaiono negli slogan, sugli striscioni, sui volantini. Ma il messaggio più evidente e chiaro è semplicemente questo: ci siamo. Frammentate a piccoli e piccolissimi gruppi, curiose di vederci finalmente in faccia, affamate di volantini, davvero con 2000 ragioni per rimetterci in marcia.
Sembra che sia questa l'immagine che siamo riuscite a dare all'esterno. I riflettori resteranno accesi ancora per qualche giorno, con le tappe europee e mondiali così trainanti, speriamo, da tenere viva l'attenzione anche nel nostro Paese che come abbiamo potuto ampiamente sperimentare risulta particolarmente sordo alla voce delle donne. Poi, lo sappiamo, sarà di nuovo un muro di silenzio. Di donne, ovviamente, se ne parlerà moltissimo: aborto, procreazione assistita, nidi e infanzia, lavoro, povertà e violenza, e così via. Ma a parlare non saremo noi. Rischiamo di ritrovarci di nuovo isolate, chiuse in riunioni protette, senza mezzi per farci sentire.
E' per questo che non ci possiamo tirare indietro di fronte alla necessità di fare analisi impietose delle ragioni della nostra debolezza, è per questo che non possiamo accontentarci delle spiegazioni che scaricano ogni responsabilità sulle cause esterne delle nostre disgrazie: la stampa che ci boicotta in ogni modo, i maschi dei partiti che fanno solo finta di appoggiare, il riflusso ovunque, le pesanti condizioni di vita delle donne che tolgono ogni energia a chi potrebbe essere coinvolta e partecipare, eccetera. Tutte cose vere, ma che non dipendono quasi per nulla da noi e che quindi poco possiamo modificare.
Dobbiamo avere presente le gigantesche sfide che stanno di fronte ad un movimento femminista che dobbiamo riconoscere essere oggi esterno alla massa delle donne:
a) alle nuove generazioni che spesso hanno introiettato una visione negativa dello stesso termine "femminismo"
b) ad una classe lavoratrice femminile in netta espansione esclusa nei fatti anche dalle tradizionali organizzazioni dei lavoratori
c) alla massa delle immigrate che hanno cominciato ad affluire in Italia dagli anni ottanta e con le quali abbiamo grandi difficoltà di rapporto
A questi tre settori, assolutamente strategici, siamo sostanzialmente estranee. Eppure se non sfondiamo lì ben difficilmente potremo sperare di divenire influenti.
La nostra campagna non ha certo mutato i rapporti di forza tra donne e uomini, nemmeno all'interno della sinistra, ormai abituata a relegare le nostre tematiche in fondo alla propria agenda politica. Non è dunque servita a nulla? Al contrario: è stato il primo passo, un passo che è servito a mettere insieme quel che c'è. Ora dobbiamo comprendere quanto debba essere lungo il secondo passo, e in che direzione farlo, se condividiamo la finalità che il nostro compito è entrare ed essere là dove si trova la massa delle donne. Non possiamo continuare cioè con lo stesso metodo che abbiamo seguito per raggiungere lo scopo di mettere insieme i pezzi di "quel che c'è", perché quel che c'è, cioè noi, è insufficiente. Dunque alcune proposte.

Scegliere una campagna

Vi è una abitudine del femminismo anglosassone, della quale anche noi abbiamo beneficiato in occasione della Marcia, a muoversi per campagne. Stabilire cioè un obiettivo praticabile e potenzialmente raggiungibile, su quello aggregare tutte le forze disponibili in una struttura a rete, ed attrezzarsi con materiali ed azioni per raggiungere quell'obiettivo, dando un termine alla campagna con una valutazione finale dei risultati raggiunti. Le caratteristiche di questa campagna devono in qualche modo avere a che fare coi fini che ci proponiamo. La campagna non deve assomigliarci, non deve partire cioè dai bisogni di gruppi femministi che hanno un percorso personale ricco ma che spesso si muovono fuori dai settori che sopra abbiamo individuato. Deve essere una campagna percepita come utile e concreta dalla massa delle donne. Noi proponiamo una campagna per gli asili nido. E questo per varie ragioni: esistono già gruppi di donne che vi hanno lavorato e sono dunque "competenti", è un tema molto sentito dalle donne lavoratrici ed immigrate, pezzi di sindacato se ne sono occupati in passato ed anche i partiti di sinistra (esistono proposte di legge con decine di migliaia di firme depositate in parlamento), è il tema più adatto in un anno elettorale dove i partiti dei maschi saranno costretti a fare promesse e concessioni. Se si sceglie questo tema occorre dargli una caratterizzazione concreta che può essere quello dell'approvazione di una determinata legge o quello di ottenere ad esempio 100 nidi in più entro un anno, eccetera.

Abolire il settarismo, costruire una mentalità da rete

Nel corso della campagna della Marcia si sono sentiti spesso accenti che noi giudichiamo settari verso certi settori. Un'attenzione forse troppo carica di aspettative (che in effetti non si sono realizzate) nei confronti di partiti e sindacati e un atteggiamento di chiusura verso i centri sociali, ad esempio. Potrà piacere o meno, ma è un fatto che nei centri sociali si ritrovano gruppi di donne giovani, e noi proprio con le giovani dovremmo relazionarci, per conoscerle e coinvolgerle.
Dobbiamo ancora costruire una mentalità da "rete". In una rete tutte sono ugualmente necessarie. Una rete ha bisogno inoltre della massima trasparenza, cosa che ci siamo sforzate di realizzare ma che occorre accentuare. Deve essere chiara la maniera in cui si formano le decisioni, si deve dare spazio ai gruppi e non a singole persone, applicare ovunque sia possibile la rotazione.
Permetteteci inoltre una piccola parentesi polemica: questo sito si è messo lealmente al sevizio della campagna (abbiamo pubblicato sempre tutto quello che ci è stato inviato e non abbiamo mai utilizzato il sito per far prevalere una linea o l'altra presente nel coordinamento), si trattava dell'unica pagina in italiano sulla Marcia (con il link dal sito della segretaria internazionale in Quebec), ci dispiace che nella pubblicità, nei manifesti e nelle informazioni passate ai giornali sia stato omesso l'indirizzo del nostro sito. Si tratta del sito di un gruppo particolare e non del coordinamento, ma in una rete ogni risorsa va valorizzata, da chiunque venga.

Occhio alla massa, e meno alle istituzioni

Per "massa" intendiamo non le folle che non riusciamo a raggiungere, ma le donne lavoratrici, con famiglia e figli, e le ragazze giovani, della cui vita quotidiana i contenuti della Marcia Mondiale "parlano". Tra queste donne quelle disposte a partecipare saranno magari poche, ma esistono. Tanto è vero che in molti centri urbani di provincia sono accorse numerose alle iniziative organizzate dai coordinamenti locali. Perché nei piccoli centri c'è stata una risposta più positiva delle donne alla Marcia? La nostra ipotesi è che nelle piccole realtà locali che hanno partecipato ci sia una presenza continuata nel tempo di piccoli gruppi attivi che si sono occupati di questioni concrete legate alla vita quotidiana, di rivendicazioni avanzate nei confronti degli Enti Locali, o anche di problemi di vastissima portata come la guerra o la solidarietà internazionale ma affrontandoli a partire dalla base e non rincorrendo i grandi leaders o i luminari di turno.

La discussione è aperta. Invitiamo tutti i gruppi e le donne che sono coinvolte nel percorso della Marcia a inviarci i loro contributi di analisi e proposte, in preparazione della prossima riunione nazionale di valutazione e prospettive. Tutte le proposte ed analisi saranno pubblicate sul sito in modo da arricchire il dibattito.