LE DONNE APRONO LA
STRADA CONTRO LA MONDIALIZZAZIONE CAPITALISTA
UN
BILANCIO CRITICO DELLA MARCIA MONDIALE, SCRITTO PER LA RIVISTA
VIENTO SUR DELLA IZQUIERDA ALTERNATIVA, SPAGNA
gennaio
2001, di Susan Caldwell, femminista canadese
Cantando e gridando migliaia di donne hanno manifestato in 159 paesi durante la seconda e terza settimana di ottobre. Benchè ignorata dai mezzi di comunicazione di quasi tutti i paesi, la Marcia Mondiale delle Donne contro la povertà e la violenza è stata un completo successo. Il 15 ottobre a Washington hanno manifestato più di 20.000 persone, tra le quali 2000 donne e uomini provenienti da altri paesi. A New York circa 10.000 donne e uomini di un centinaio di paesi si sono concentrati di fronte alla sede delle Nazioni Unite. Tra le delegazioni si notava un contingente importante di donne europee, rafforzate dall'esito della Marcia in Europa che aveva riunito 35.000 persone a Bruxelles il 14 ottobre. C'erano anche 250 donne messicane venute in carovana, alcune di esse dal Chiapas. Si notava anche la presenza di 50 giapponesi, di un gran contingente rappresentante delle nazioni americane indigene e dei gruppi di donne dell'Asia, dell'Africa e del Medio Oriente.
L'insieme rappresentava forse l'onda dei movimenti di liberazione anni '70 e le nuove generazioni di donne in lotta contro la povertà e la violenza, mobilitate contro la mondializzazione capitalista neoliberale. Hanno preso parte alle manifestazioni di Seattle, di Washington, di Melbourne, di Praga e adesso fanno emergere l'impatto della mondializzazione neoliberale sulle donne. Due caratteristiche importanti e nuove hanno segnato questa Marcia delle Donne del 2000 contro la povertà e la violenza: coloro che si sono integrate in questa iniziativa accettavano una piattaforma radicale contro il patriarcato e contro la mondializzazione neoliberale; inoltre quasi tutte avevano preso parte al processo organizzativo in corso da anni, che ha generato le azioni simultanee in numerosi paesi e la Marcia a New York.
Centrata sul "volto femminile della povertà", la piattaforma della Marcia delle Donne 2000 esigeva l'abolizione del debito del "Terzo Mondo" e rifiutava i programmi di aggiustamento strutturale del FMI e della BM. Sottolineando il rapporto tra la povertà e la violenza contro le donne, la piattaforma segnalava anche che numerosi paesi ricchi portano avanti politiche e applicano leggi patriarcali, il che perpetua la violenza che colpisce le donne. La Marcia Mondiale delle donne esige così che l'ONU e i suoi stati membri prendano misure concrete per porre fine alla povertà e alle diverse forme di violenza contro la donna. Esige il rispetto reale dei diritti di tutte le donne, qualunque sia la loro origine, il loro orientamento sessuale, il loro status culturale e sociale.
E' questo il punto in cui appare una delle ambiguità della Marcia delle Donne 2000. Mentre la sua piattaforma è piuttosto radicale, la sua strategia non ha precisato chiaramente il ruolo delle istituzioni internazionali come l'ONU e la politica da adottare nei loro confronti. Oscilla tra un'attività di lobby verso i governi e le diverse istituzioni nazionali e internazionali da un lato e l'imposizione di cambiamenti attraverso la costruzione di relazioni di forza dall'altro. Ciò deriva dall'origine di questa Marcia iniziata dalla federazione delle Donne del Quebec in seguito alla Conferenza delle Nazioni Unite sulle donne di Pechino nel 1995: la rete originaria di iniziativa era quella delle ONG femminili presenti a Pechino e nella conferenza parallela di Huairou, nella quale la strategia della lobby era ampiamente condivisa.Rinascita della speranza
Comunque, grazie all'impatto dell'esito della Marcia delle Donne per il pane e le rose in Quebec nel 1995, la FFQ aveva preso coscienza del fatto che i governi tengono più in considerazione azioni pubbliche e mobilitazioni di massa.
Inoltre l'ampiamento progressivo della rete dei movimenti popolari e femministi a livello internazionale ha contribuito, nel corso di tutta la campagna, a rafforzare questa coscienza e a stimolare la riflessione strategica all'interno del movimento. Così la Marcia Mondiale delle donne è arrivata alla fine della campagna a rivolgersi alle istituzioni finanziarie come il FMI e la BM, esponendo la propria piattaforma che indica chiaramente la loro politica come fonte dei problemi denunciati dalle donne, senza farsi ingannare dai tentativi di maquillage "di genere" dei progetti di sviluppo o dall'invito al "dialogo costruttivo" da parte della BM.
Rispettando le differenze nazionali e cercando di operare per una via democratica, la FFQ si è dimostrata capace di creare le condizioni per elaborare una piattaforma internazionale, animare lo sviluppo delle strutture unitarie nazionali e mantenere attraverso un lavoro costante di comunicazione il coordinamento tra una miriade di iniziative locali che sono poi culminate a livello internazionale.
L'impatto stesso della mondializzazione neoliberale ha portato a unificare le rivendicazioni:
- le donne del "Primo mondo" hanno visto le proprie conquiste degli anni '70-'80 erodersi mentre la contrazione dei servizi sociali provocava un punto d'arresto e l'aumento del loro carico di lavoro
- le donne del "Terzo mondo" hanno visto l'effetto devastante dei piani di aggiustamento strutturale imposti dal FMI e dalla BM, che hanno condotto a una vera soppressione dei servizi pubblici sanitari ed educativi, a un aumento dei tassi di mortalità infantile e materna, e alla ricomparsa di malattie prima sotto controllo, come il colera e la tubercolosi
- le donne delle regioni martoriate dalla guerra sono state allo stesso tempo vittime della violenza dei soldati nemici e ridotte alla condizione di rifugiate nei campi. Nella Marcia delle Donne a New York, sei donne che venivano da paesi in guerra (Afganistan, Colombia, Kurdistan, Palestina, Ruanda e Yugoslavia) hanno presentato con molta emozione e grande forza di convinzione gli effetti particolari di tali conflitti sulle condizioni delle donne e dei bambini. Hanno denunciato l'industria della morte che rappresenta il commercio delle armi e di altri traffici.
Le donne di 159 paesi si sono organizzate e hanno agito nella rete della Marcia Mondiale delle Donne 2000 contro la violenza e la povertà.
Sono state raccolte circa 5 milioni di firme nel mondo e presentate all'ONU per appoggiare due rivendicazioni: l'eliminazione della povertà e della violenza contro le donne. In vari paesi si sono portate avanti azioni a favore di rivendicazioni specifiche - da un salario minimo garantito a richieste di finanziamento per centri di donne o per l'istruzione delle giovani. Poche, forse nessuna, di queste rivendicazioni è stata soddisfatta. Però le donne hanno potuto convincersi della propria capacità di organizzarsi collettivamente e hanno sentito la forza della solidarietà collettiva.
E' già stata presa la decisione di mantenere la rete organizzativa della Marcia Mondiale delle Donne, per discutere il bilancio e le prospettive per le azioni future.
Le correnti femministe rivoluzionarie hanno un ruolo in queste discussioni e nell'organizzazione della rete, ad esempio perché la sua piattaforma adotti definitivamente la difesa dei diritti delle lesbiche e rivendichi esplicitamente il diritto universale all'aborto libero e gratutito, per aiutare a superare gli strascichi delle strategie da lobby e per aiutare a vincere le illusioni sulla capacità delle istituzioni nazionali e internazionali di autoriformarsi.
Si tratterà anche di rafforzare le convergenze con il movimento di contestazione della mondializzazione capitalista e di fare in quel contesto ascoltare la voce delle femministe per far sì che questo movimento integri le dimensioni sociosessuate nelle proprie rivendicazioni. Ciò passa attraverso la presenza organica di strutture femministe come può essere la Marcia Mondiale delle Donne a livello internazionale. Il rafforzamento della rete internazionale, in particolare associando ad essa un maggior numero di organizzazioni popolari in ogni paese, porrà nuovamente all'ordine del giorno la questione di una struttura più democratica e più rappresentativa. Con la rimobilitazione delle femministe anni '70 e '80 e la partecipazione delle giovani della "generazione Seattle", c'è un nuovo spazio per la rinascita della speranza. Le nuove generazioni di donne sono spontaneamente anticapitaliste a causa della loro opposizione alla mondializzazione neoliberale e allo stesso tempo, essendo cresciute nel periodo segnato dalle conquiste del movimento delle donne, si oppongono spontaneamente al patriarcato. La rinascita del movimento delle donne è all'ordine del giorno.