PER UNA SOCIETA' DI DONNE E UOMINI EQUA, SOSTENIBILE, SOLIDALE, PACIFICA E DEMOCRATICA
MATERIALI DI RIFLESSIONE VERSO IL CONVEGNO, DI IMMA BARBAROSSA, PATRICIA TOUGH, ELETTRA DEIANA


maggio 2001, dal sito di Marea

 

Dal Forum di Hairou a Pechino, in occasione della Conferenza Mondiale delle donne del 1995 fino allarecente Marcia Mondiale delle Donne contro povertà, violenze e guerre, che ha visto la partecipazione di circa 4.000 donne a Roma e di più di 30.000 donne a Bruxelles, come donne in primo luogo ci sentiamo chiamate a scelte chiare e radicali che implicano il ripudio della competizione e degli squilibri
economico-sociali, dello sfruttamento incontrollato delle risorse ambientali, delle politiche neoimperiali, neocoloniali e neopatriarcali (queste ultime eclatanti nelle realtà delle donne in Afghanistan e Sudan), della guerra come strumento per risolvere le controversie tra le nazioni, come da anni testimoniano il lavoro delle Donne in Nero e più recentemente della Convenzione Permanente di Donne contro le guerre.
Da decenni molte eminenti studiose, prima fra tutte Vandana Shiva, stanno analizzando con occhi di donna l'economia planetaria e smascherando la trappola degli aggiustamenti strutturali che, in nome della globalizzazione, mettono a repentaglio la vita e la libertà di milioni di donne e uomini.
Le donne che hanno partecipato al percorso delle Marcia Mondiale delle Donne 2000, le donne che con vari percorsi individuali e collettivi hanno dato vita a pratiche politiche di autodeterminazione, autonomia e libertà femminile, ispirate alle modalità delle azioni non violente, le donne che, a partire da Pechino e in relazione con altre- singole e associate- dell'est e del sud del mondo hanno maturato una critica di genere, radicale e originale, della modernizzazione capitalistica e della globalizzazione neoliberista, hanno deciso di segnare con contenuti, modalità e pratiche non violente il movimento antiliberista.
Siamo infatti decisamente contro i G8, che sono un'espressione illegale del potere, un club privato di stati autonominatisi, che espropria surroga e cancella le sedi decisionali e locali, e contro il quale perciò non vi è modo di intervenire attraverso le normali vie dell'opposizione, né con documenti, emendamenti o voti contrari, ma con un movimento di opposizione anch'esso "globale", che occupi liberamente e pacificamente strade e piazze, chieda accesso ai media, crei in forme inedite un nuovo spazio pubblico della democrazia e della partecipazione popolare, contro il rinsecchimento delle forme tradizionali della rappresentanza democratica, sempre più private di potere decisionale e di credibilità per l'estendersi della rete di poteri
costruiti fuori dalle regole della sovranità popolare e dal controllo democratico. Infatti con i loro incontri periodici i padroni del mondo decidono sulle sorti del pianeta, sulla vita e sul futuro degli esseri umani avendo come riferimento la tutela degli interessi dei paesi ricchi e delle élites che sfruttano, in accordo con l'Occidente, i popoli dei paesi non industrializzati.
Tali incontri hanno ormai assunto una ritualità che tende, anche attraverso la visibilità massmediatica, a introdursi nell'immaginario collettivo come il segno di grandi poteri "umanitari" che si occupano del bene comune. La mondializzazione dell'economia spezza alla radice i processi di emancipazione del lavoro dipendente in tutte le parti del mondo, comprese quelle in cui le lotte del movimento operaio avevano prodotto un complesso e positivo sistema di diritti e garanzie per lavoratori e lavoratrici.
Precarizzazione estrema dei rapporti di lavoro, flessibilità coatta delle prestazioni, lavoro interinale, a termine, parasubordinato: il mondo del lavoro è sempre più polverizzato e indebolito nella sua forza contrattuale mentre si moltiplicano le figure sociali del lavoro si indeboliscono progressivamente le rappresentanze sindacali tradizionali, legate ancora agli insediamenti più stabili del lavoro, e diminuiscono o svaniscono le forme della rappresentanza dei nuovi lavori frantumati sul territorio.
Schiavitù del lavoro in ampie parti del pianeta e forme inedite di lavoro neo-servile nei Paesi occientali che avevano costituzionalizzato il diritto al lavoro come elemento fondante del patto di cittadinanza: questo produce la globalizzazione del mercato. A farne le spese in maniera particolare, in tutte le parti del mondo sono le donne, le prime a subire la disoccupazione e a riempire le statistiche relative alle povertà vecchie e nuove, le prime a pagare le conseguenze dell'involuzione negativa dei rapporti di classe nei Paesi occidentali, le uniche a sopportare il peso iniquo del doppio lavoro.

Riteniamo che:
1.La globalizzazione neoliberista, fondata sulla sacralità del mercato, uccide la vita della natura e dei suoi abitanti. La natura vegetale viene violentata dal cemento, dalle coltivazioni transgeniche, dalle manipolazioni genetiche e dallo sfruttamento umano. Gli animali, costretti a ingrassare nella immobilità e indotti a mangiare i resti dei propri simili, si ribellano nell'unico modo che conoscono, con la sofferenza, la peste, le infezioni.
2.La vita di milioni di persone si svolge tra rifiuti, fame, sete, violenze fisiche, psichiche, sessuali. La sessualità di minori e donne viene umiliata, negata, strumentalizzata.
3.Per sfuggire a queste condizioni migliaia di donne e uomini fuggono verso il ricco occidente, dove vivono- quando ci arrivano- di briciole, lavorano in nero, vittime del razzismo, o vengono assoldati dalla malavita locale o vendono il loro corpo alla voracità degli agiati clienti occidentali.
4.Il governo del mondo è ispirato alla prevaricazione e al dominio: questo determina sempre più una militarizzazione esplicita o strisciante, ad alta o a bassa intensità. L'Occidente "zona di pace" fabbrica armi che esporta verso le cosiddette zone di guerra", dove di volta in volta esplodono focolai in cui la NATO armata e riformata si inserisce sotto lo scudo umanitario.
L'ultima guerra nei Balcani ha segnato una svolta gravissima, attraverso un duro colpo inferto all'ONU e la violazione di quelle Costituzioni che, come quella italiana portano iscritto il ripudio della guerra (art.11).
Inoltre la riflessione femminile e femminista nel mondo (e anche di alcuni, purtroppo pochi, uomini) ha messo in evidenza il nesso profondo che c'è tra patriarcato, nazionalismi e militarismi: dalla connotazione gerarchica all'esaltazione dei valori "virili" e del patriottismo, il corpo maschile si esalta nel dominio, nel controllo e quindi nella cancellazione della sessualità femminile.
In Italia le donne si sono impegnate nel respingere gli attacchi delle gerarchie vaticane e della cultura reazionaria e patriarcale delle destre che fanno dell'attacco al corpo e alla libertà femminili la loro bandiera politica e ideologica e nel contrastare i continui cedimenti e la cultura anch'essa patriarcale della sinistra. Il modello di famiglia eterosessuale infatti è tornato prepotentemente nei programmi politici come una gabbia, un cemento ideologico, o come destino prestabilito per le donne, come rifugio dal "disordine" e difesa dell'ordine sociale, come destinataria di assistenzialismi indifferenziati, mentre si ignorano o si discriminano i soggetti singoli femminili e maschili nelle politiche sociali, economiche e fiscali e si dimentica che la famiglia può essere il luogo delle relazioni ma spesso è il luogo del maggior numero di violenze fisiche e sessuali e delle solitudini e infelicità, oltre che di fatiche e lavori femminili occultati.
5.Con le donne migranti abbiamo intessuto relazioni e portiamo avanti proposte per il diritto alla cittadinanza sociale (relativa al luogo in cui si vive), contro i centri di detenzione e vecchie e nuove forme di razzismo e discriminazione, che rendono ancora più drammatica la vita di queste donne, contro la tragica piaga della tratta e delle riduzione in schiavitù di migliaia di giovani donne e bambine, la cui sorte viviamo come una violenza all'intero genere femminile. Siamo impegnate per il diritto alla salute, allo studio, alla formazione e al lavoro per le migranti, nonché per la diffusione delle loro culture al fine di ridurre attraverso la conoscenza le forme di diffidenza e di esclusione.

Siamo impegnate con reti di donne di tutto il mondo ad affermare i valori della pace e della convivenza fra individui/e di diverse appartenenze culturali e linguistiche, riconoscendo l'esistenza dei conflitti ma ripudiando la guerra come strumento di soluzione degli stessi, siamo impegnate perciò in prima persona nella condivisione delle pratiche di quei gruppi di donne che anche in luoghi difficili e di conflitti armati portano avanti critiche radicali ad ogni militarismo ed esperienze concrete di
con/vivenza.
Da tutto quanto detto deriva la nostra volontà di praticare una opposizione permanente alla globalizzazione e al neoliberismo, e la nostra ferma intenzione di prendere nelle nostre mani il nostro destino ispirandoci a quella genealogia femminile segnata dalle relazioni e dalle lotte politiche di milioni di donne.
Siamo pertanto nettamente contrarie a quelle pratiche del movimento antiliberista ispirate al militarismo e al bellicismo ritenendole segnate dalle logiche patriarcali, oltre che del tutto inefficaci, e sul piano del simbolico, subalterne alle logiche del pensiero unico.
Ancora di più il movimento antiliberista deve, a nostro avviso sviluppare modalità altre di contromanifestazione, anche al fine di essere più efficace e di raggiungere una forte visibilità proprio in virtù di un antagonismo inedito, non subalterno alla logica dello scontro di piazza, e al ruolo a cui la violenza delle forze dell'ordine ha deciso di "inchiodare" il movimento anche agli occhi di chi non partecipa pur condividendone le motivazioni, al fine di rafforzare la paura e il senso di insicurezza della società civile.
Ci rivolgiamo agli uomini del movimento perché finalmente vadano oltre il loro triste monotono insopportabile simbolico di guerra, che trasforma tutto in militare: l'amore diventa conquista, la scuola caserma, l'ospedale guardia e reparti, la politica
tattica strategia e schieramento.
Nella storia dei movimenti di lotta vi sono altre forme: il movimento sindacale e operaio elaborò e usa nella sua lunga vicenda tutte le forme dell'azione nonviolenta con assemblee petizioni scioperi manifestazioni pacifiche, picchetti e infine sabotaggi. Il movimento femminista fin dai tempi delle suffragiste ha trovato altri strumenti ancora per mostrare dissenso e contrasto e agire il conflitto: manifestazioni, grafica, sit-in, musica, resistenza passiva, training autogeno, danza, sarcasmo, canti, visibilità dei corpi nella loro varietà inerme, tutto il molteplice possibile, niente di uniforme o in uniforme.
A partire da queste premesse intendiamo dar vita a una forte e radicale critica e contestazione della riunione dei G8 a Genova, con un evento autonomo e pacifico che vogliamo sia visibile per i suoi contenuti, le nostre pratiche, le nostre parole, le nostre immagini.
Molte di noi saranno presenti alle manifestazioni di luglio non da aggregate ma da soggetti con una precisa posizione politica.
La Marcia Mondiale delle donne invita tutte e tutti il 15 e 16 giugno a Genova per partecipare a due giorni di forte mobilitazione e dibattito contro l'orrore economico, politico e culturale della globalizzazione. Con l'intenzione di tenere aperto il dialogo per condividere parole e pratiche politiche contro la globalizzazione neoliberista.