ANCORA SUL FORUM
DI PORTO ALEGRE
UN
COMMENTO PERSONALE, TRA ENERGIA E AMAREZZA
marzo
2001, di Laura Bergomi di Assopace di Novara
Il Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, la Davos calda, si è svolto in Brasile dal 25 al 30 gennaio, in contemporanea con il Forum Economico Mondiale di Davos, il "Porto Triste".
E' stato un incontro di persone e di movimenti contro la globalizzazione neoliberista per la globalizzazione della solidarietà e della speranza.
Da adesso in avanti tutto è diverso, perché c'è stato Porto Alegre con 4700 delegati da 122 paesi del mondo, con centinaia di seminari di scambio di esperienze, con le conferenze di esperti su tutti i temi della vita sociale, dell'economia, dell'ambiente. La rete di contestazione che veniva indicata con il nome "quelli di Seattle" è ora un grande soggetto internazionale con i suoi tempi e luoghi d'incontro e di elaborazione, la sua dichiarazione d'intenti e di valori di riferimento.
Il Forum si è chiuso con l'Appello alla mobilitazione come documento conclusivo dei movimenti sociali, la Carta di Porto Alegre come documento finale degli amministratori locali presenti, la dichiarazione dei parlamentari coinvolti e le direttive per i prossimi anni. Il Comitato Organizzatore sta preparando per aprile la piattaforma di convocazione del 2002, che vedrà un Forum internazionale ancora a Porto Alegre e altri Forum (tematici o regionali) in altre città del mondo.Un altro mondo è possibile: era il sottotitolo del Forum.
Un altro mondo è possibile e necessario, è stato aggiunto. Contro l'aumento della povertà, della fame, dell'esclusione, la concentrazione delle ricchezze e dei poteri di controllo, il dominio del mercato e della mercificazione, il pensiero unico, la fine della storia
Un altro mondo è possibile ed è già qui: nell'incontro di sensibilità, indignazioni, intelligenze, preoccupazioni, nelle differenze e nelle sintonie.
Un altro mondo è possibile, se e solo se nel mondo continueranno ad operare e cresceranno le persone, le associazioni, i movimenti, le reti che hanno realizzato il primo forum.
Un altro mondo è possibile, ma (e qui cito testualmente il volantino preparato dal seminario della marcia mondiale delle donne) solo se "costruito sull'uguaglianza tra donne e uomini. La globalizzazione attuale non è solamente capitalista e neoliberista: è anche sessista. La grande maggioranza delle donne è mantenuta in uno stato d'inferiorità culturale, sociale, economica, nell'invisibilità della sua esistenza e del suo lavoro, nella mercificazione del suo corpo".Nella contentezza energetica che Porto Alegre mi ha regalato, ci sono due punte di amarezza. Una riguarda proprio la scarsa rappresentanza femminile ai vari livelli del forum, dal comitato organizzatore, alla scelta delle persone per le relazioni degli incontri al mattino, per le conferenze stampa. ( Le donne erano invece numerosissime e attivissime nei seminari pomeridiani, più ristretti e concreti; le loro tematiche e le loro attività erano presenti in decine di appuntamenti quotidiani.) Nella prima bozza del documento finale le donne erano citate come una categoria speciale in lista con gli studenti, i contadini ecc. Anche alla serata organizzata a Milano al ritorno da Porto Alegre solo uomini hanno relazionato sul Forum. Eppure a Pechino nel 1995 le donne avevano già costruito una conferenza parallela a quella istituzionale con una chiarissima consapevolezza anti-globalizzazione liberista e una diffusa rete internazionale. Sta alle donne rendersi più visibili, provocare una maggiore consapevolezza, ricordare continuamente che il cambiamento passa attraverso la vita quotidiana, le relazioni interpersonali??
Anche a livello informativo, noi per prime dobbiamo far emergere e richiedere in tutte le analisi e i dati su povertà, lavoro, violenza, reddito le percentuali che riguardano le donne: 70% della povertà mondiale è donna, 10% del reddito e 1% delle proprietà sono delle donne, che lavorano 2/3 del monte ore mondiale. Perché nel sud del mondo c'è il sud delle donne, nella povertà c'è la povertà delle donne, nella violenza c'è la violenza sulle donne.Un esempio in positivo: la storia del movimento delle Madri della Plaza de Mayo. Hanno incominciato loro a girare nei commissariati di polizia e nelle caserme alla ricerca dei figli e figlie desaparecidos, proprio perché in quanto donne si potevano muovere di più in quegli orribili tempi di terrore: e poliziotti e militari erano spiazzati, sui manuali antisommossa non c'era nulla sulle madri di mezza età. Si sono incontrate e conosciute con le stesse domande e la stessa angoscia e hanno socializzato la maternità. Si sono dichiarate madri di tutti i desaparecidos e non le ha fermate più nessuno: oggi non dimenticano e non permettono di dimenticare, rifiutano i risarcimenti in denaro e i monumenti, portano solidarietà dove sono calpestati i diritti umani, chiedono incessantemente giustizia e hanno costruito una università popolare per garantire continuità alla loro lotta attraverso l'educazione.
L'altro motivo di amarezza e di autocritica riguarda la tematica della pace e degli armamenti e mi riguarda in particolare perché ero a Porto Alegre come delegata dell'Associazione per la Pace.
Nelle conferenze del Forum non sono emerse le esperienze specifiche dell'Europa e dell'Italia che ha guerre vicino ai suoi confini, che partecipa a guerre in quanto alleata nella NATO, che produce e vende armi in tutto il mondo; con il corrispondente percorso pacifista di opposizione alla guerra, di campagne contro gli armamenti; con le esperienze di diplomazia dal basso, di interposizione nonviolenta, di cooperazione e convivenza. Nell'impostazione dei seminari e dal punto di vista dei popoli latino-americani il militarismo e la guerra sono stati la repressione nelle campagne e nei quartieri delle città; la lotta agli armamenti è stata trattata come campagna contro la diffusione delle armi leggere per difesa personale (che ha portato ad esempio il Brasile al primo posto per morti violente per futili motivi). Alcune associazioni ci hanno chiesto materiali e documentazioni proprio per allargare l'orizzonte del loro impegno. Manca ancora un'analisi condivisa sui nuovi modelli di difesa e sul ruolo del riarmo, anche nucleare, del commercio delle armi; e manca ovviamente un allargamento internazionale delle campagne contro. Così mancava nella bozza del documento finale una netta dichiarazione contro l'uso della guerra nella risoluzione dei conflitti internazionali, per la costruzione di una ONU dei popoli e di corpi civili di pace (inserita poi nel testo finale su proposta della delegazione italiana e grazie alle fatiche del nostro portavoce Vittorio Agnoletto). Spetta ora a noi organizzarci più puntualmente per i prossimi appuntamenti internazionali e proporre specifici workshops dove ampliare il confronto delle esperienze. Credo che il lavoro di Luisa Morgantini nelle commissioni del Parlamento europeo possa darci ulteriori strumenti, analisi e riferimenti, in particolare il Convegno di studi europeo che sta costruendo sugli armamenti.