RAGAZZE, ATTENTE ALLA LEGGE SULL'EMBRIONE!
DIETRO LA DISCUSSIONE SULLE TECNICHE DI RIPRODUZIONE ASSISTITA S'INSINUA UN ATTACCO MORTALE ALL'AUTODETERMINAZIONE DELLA DONNA


marzo 2002, dal Coordinamento milanese della Marcia Mondiale delle Donne

Comincerà a metà marzo a Montecitorio la discussione sulla legge lasciata in sospeso dal governo di centro-sinistra a proposito delle tecniche di riproduzione assistita. La destra, ora in maggioranza, profitterà dell'occasione per pagare il debito contratto dalla burocrazia vaticana, da cui durante l'ultima campagna elettorale ha ricevuto un evidente credito.
Il ministro Sirchia ha infatti assicurato (in risposta a un ennesimo appello del papa) che la capacità giuridica sarà riconosciuta all'embrione fin dal momento del concepimento Oggi l'articolo 1 del Codice civile la riconosce, come è naturale e come accade in tutta Europa, solo con la nascita.

Si tratta di una posizione che in una certa misura modifica in senso integralista la stessa dottrina della Chiesa che, pur essendo stata sempre contraria all'aborto, ha fatto comunque differenza in passato tra embrioni e persone, visto che non ha mai battezzato il ventre delle donne subito dopo l'eventuale concepimento.
Differenze, come è noto, ne faceva (per esempio) anche San Tommaso, convinto che l'anima raggiungesse il feto solo dopo tre mesi. Il problema comunque non riguarda la dottrina cattolica che la Chiesa ha il potere e la libertà di modificare come desidera. Il problema è il rapporto tra religione e Stato e tra Stato e donne.

Vediamo prima di tutto le conseguenze pratiche che avrebbe la riformulazione del primo articolo del Codice civile, perché solo queste conseguenze possono far capire fino in fondo la gravità della rinuncia da parte dello Stato a una parte importante della sua natura laica.

Prima di tutto cadrebbe la legge 194 che rende possibile l'aborto nei primi tre mesi di gravidanza. Questo è l'obiettivo di fondo che la Chiesa non ha mai smesso di perseguire. A chi credesse che davvero il problema sia quello del rispetto della vita, della difesa dei deboli ecc. ricordiamo che non di questo si tratta, ma di controllo sulla riproduzione e sui rituali della vita privata su cui la Chiesa ha continuato a fondare il suo potere, anche dopo la laicizzazione degli Stati occidentali.

Le gerarchie ecclesiastiche non sono infatti solo ostili all'aborto ma anche al suo unico antidoto, cioè alla contraccezione, così come sono ostili all'educazione sessuale, alle pratiche omosessuali, ai rapporti prematrimoniali, alla masturbazione, al divorzio ecc. insomma alle cose che fanno parte della vita quotidiana degli esseri umani.
A ben vedere la preoccupazione reale non è nemmeno per il fatto che le donne abortiscano ma che possano farlo legalmente, senza nascondersi, umiliarsi e correre il rischio di rimetterci la vita, come accadeva al tempo degli aborti clandestini. Non risulta infatti che la burocrazia vaticana abbia mai condotto nulla di simile alla strenua lotta condotta contro la 194 al tempo della maggiore diffusione degli "aborti bianchi", legati alle condizioni del lavoro di fabbrica. Né risulta che le interessi il fatto che contraccezione, educazione sessuale e 194 abbiano ridotto drasticamente il numero degli aborti rispetto al periodo in cui il movimento delle donne cominciò a fare i conti del loro numero effettivo e delle stragi prodotte dalla clandestinità (300-400 donne sono morte in Italia per aborti non adeguatamente assistiti nei primi tre decenni successivi alla seconda guerra mondiale).

L'effetto più assurdo della riformulazione dell'articolo 1 del Codice civile sarebbe tuttavia un altro. Se l'embrione ha capacità giuridica fin dal primo istante del concepimento e se la legge vuole essere coerente con se stessa, bisognerà istituire la nuova figura del curator ventris che tuteli l'embrione così come un giudice tutela oggi il minore da genitori incapaci o in qualche modo inadeguati.
L'impossibilità di una tutela autentica, che potrebbe realizzarsi nei casi più gravi solo separando l'embrione della donna (così come oggi si separa il minore da una madre pericolosa), mostra tutta l'assurdità della pretesa di considerare embrione e donna persone allo stesso titolo.

L'approvazione di una legge sulla capacità giuridica dell'embrione sarebbe una lesione dello Stato laico forse non meno grave di quella provocata dai patti del 1929.
La Chiesa imporrebbe infatti attraverso lo Stato, o almeno attraverso le forze politiche che hanno oggi il controllo delle assemblee elettive, le proprie regole all'intero corpo sociale e non solo a una comunità di fedeli che liberamente scelga di osservarle.

Consapevole che in questa parte del mondo resta ancora salda l'idea che comandamenti e norme religiose non possano essere imposti con la forza della legge dello Stato, le gerarchie ecclesiastiche negano ovviamente di essere nella stessa logica degli studenti coranici in Afghanistan.
Si appellano perciò alla scienza, al diritto alla vita, alla tutela dei diritti, alla difesa di coloro che non hanno la forza di difendersi da soli, cioè a principi comuni anche all'etica laica.
Dei numerosi argomenti scientifici, etici, giuridici, ecc. che si potrebbero utilizzare per dimostrare che non di questo si tratta ma di attentato integralista allo Stato laico, ne utilizzeremo uno solo, politico e più facilmente comprensibile di altri.

Per sostenere le proprie ragioni la Chiesa si appella a principi che sono stati propri dell'Illuminismo, dell'égalité, del liberalismo nella sua versione rivoluzionaria. Ma per avere sostegno politico si rivolge ai nemici di sempre di quegli stessi principi. Si rivolge cioè agli eredi della Repubblica filonazista di Salò e ai razzisti della Lega.
Quanto poi sia credibile il rispetto per la vita di governi (di centrodestra e di centrosinistra) che partecipano al massacro di vittime civili nelle guerre della globalizzazione e serenamente ignorano gli appelli del papa alla pace, tutte possiamo constatarlo.

I movimenti di donne non hanno lottato solo negli anni Settanta perché l'aborto fosse legale e assistito. Si tratta di una rivendicazione che ha ormai più di un secolo e che ha visto progressivamente schierate dalla parte delle donne le tendenze politico-culturali più diverse: liberali, socialiste, laburiste, comuniste e perfino cattoliche perché (per fortuna) non tutto il mondo cattolico ha le posizioni che caratterizzano oggi i suoi vertici.

I movimenti di donne hanno chiamato negli anni Settanta autodeterminazione il diritto a disporre del proprio corpo e hanno spiegato come e perché migliaia di anni di patriarcato si siano tradotti (tra l'altro) nel rigido controllo del corpo e della sessualità femminili. Nelle società contemporanee la crisi del patriarcato e la lotta femminista hanno progressivamente liberato le donne dai vincoli più rigidi e dalle ingiustizie peggiori. Questo non vuol dire però che quel poco o quel tanto di liberazione che abbiamo conquistato, sia data una volta per tutte. In Afghanistan i processi di emancipazione erano già abbastanza avanzati prima che signori della guerra e studenti coranici costringessero, per ragioni e in modi diversi, le donne a nascondersi sotto i burqa.

Per quanto nelle società occidentali la situazione sia molto diversa, c'è una logica simile che nelle differenti situazioni produce fenomeni regressivi.
Quando istituzioni e tendenze conservatrici aumentano la loro forza e la loro capacità di fare pressioni sulla politica, anche per le donne le condizioni di esistenza tendono a tornare allo status quo ante.
Il clero è un'istituzione conservatrice perché eternizza non solo alcuni principi validi in ogni tempo (non uccidere, non rubare ecc.), ma anche regole e comportamenti di epoche della storia, in cui il patriarcato era forte e radicato.
Le forze politiche oggi al governo sono forze conservatrici sul piano sociale e culturale, anche se talvolta possono apparire innovatrici sul piano politico perché tendono a cambiare l'esistente, riportando però indietro l'orologio della storia. Sul piano sociale per esempio vogliono innovare, eliminando la giusta causa nei licenziamenti e tornando all'antico stato di cose, che consentiva ai padroni di disporre a loro piacimento della manodopera.

Il movimento delle donne italiano, nelle sue variegate componenti culturali e politiche, è ancora un movimento forte e potenzialmente dispone della capacità di difendere il genere femminile dall'integralismo cattolico e dalle destre razziste e misogine. Sono state finora la sua tendenza congenita alla frammentazione e ritardi di comprensione sulla dinamica delle cose del mondo a rimandare la risposta indispensabile e urgente.
A Milano, in occasione dell'8 marzo presso la Tenda delle Donne a piazza Cairoli, abbiamo segnato una nuova tappa di discussione su questi temi, con dibattiti, musica e spettacoli. Sabato 9 marzo abbiamo portato tutto questo nella manifestazione nazionale di Firenze. Il percorso è solo iniziato.