PRODUZIONE E RIPRODUZIONE
SINTESI DI UN GRUPPO DI LAVORO DEL COORDINAMENTO MILANESE DELLA MARCIA MONDIALE: APPROCCI DIVERSI E TALVOLTA CONTRADDITTORI PER APRIRE UN PERCORSO DI RIFLESSIONE IN COMUNE


febbraio 2002, di Lidia Cirillo

Care compagne,
giovedì 17 gennaio si è riunito il gruppo che avrebbe dovuto elaborare il testo per Porto Alegre 2 non solo per prendere ufficialmente atto del ritardo irrecuperabile, ma anche per decidere se continuare il lavoro su tempi più lunghi. Erano presenti Maria Grazia, Angela, Maria Carla, Cecè e Lidia; assenti Marilena, Patrizia T. e Patrizia A. La discussione è stata nel complesso abbastanza interessante e la decisione presa è di chiedere alla Marcia di darci ancora alcuni mesi di tempo (a giugno avrà luogo in Italia il coordinamento europeo).
Vi riferiamo brevemente le cose discusse.
E' stato osservato prima di tutto che un testo sul tema produzione-riproduzione di dimensione mondiale appare problematico data la diversità delle strutture economiche nei diversi continenti e nelle diverse aree. Dobbiamo proporre testi continentali (occupandoci noi solo di quello europeo) prima di giungere a una sintesi? Possiamo pensare a un documento in cui il tema venga introdotto nelle sue linee più generali? A tutte appare chiaro comunque che il testo dovrebbe avere solo un carattere riassuntivo e introduttivo, potrebbe così riassumere temi e proposte del femminismo e aprire in modo interlocutorio una riflessione di più lungo periodo.

Lidia propone di tentare un testo generale, pressappoco con lo schema seguente: breve denuncia del problema, cioè del carico di lavoro che tocca alle donne, della svalorizzazione che ne è stata fatta e (all'opposto) della valorizzazione ipocrita a fini antiemancipatori. Soluzioni proposte e sperimentate e loro limiti, cioè socializzazione dei compiti di riproduzione (welfare); varie forme di salarizzazione (salario al lavoro domestico, assegno di cura, pensione anticipata, assicurazioni ecc.); condivisione con gli uomini. Modelli economici sperimentati e teorizzati in grado di risolvere il problema e quindi alternativi al neoliberismo: intervento dello Stato ed economia etica, loro limiti e fallimenti ­ altre possibilità o possibilità di integrazione tra i due modelli.

Maria Carla ritiene che le questioni poste siano troppo complesse e si situino in contesti troppo diversificati per un testo generale. Un testo valido per l'intero pianeta può essere elaborato solo se c'è un filo conduttore unificante che vale per le donne del piccolo villaggio africano e per le donne dei grandi centri urbani. Esiste un filo comune di elaborazione e di azione che può costituire il senso della presenza paritaria rivendicata dalle donne nel lavoro, nell'economia, nella politica, nella cultura. Discriminazioni contro le donne e violenza contro la natura sono state perpetrate sempre contemporaneamente e con la stessa logica di dominio. Le donne possono costruire una nuova economia, integrando la contraddizione classica capitale-lavoro con le contraddizioni capitale-natura e uomo-donna, riprendendo il significato originario di economia come governo della casa ed estendendo il concetto di casa al territorio.

Angela pensa che l'elemento unificante non può essere per le donne quello produttivo a causa delle disparità e dei modelli diversi che lo caratterizzano. Il lavoro di cura, la riproduzione nel senso più ampio del termine rappresentano invece la traccia da seguire. Quanto ai modelli statalista ed etico e ai loro fallimenti, si discute oggi la possibilità di dar vita a un modello laico (in parte nuovo) che faccia perno su sedi di socializzazione in grado di garantire servizi e costituire gruppi di interesse, legati però dalla consapevolezza di essere portatori di valori sociali alternativi a quelli liberisti e più in generale alla logica del profitto.

Cecè fa notare che la svalorizzazione dei compiti di riproduzione non è solo maschile, ma è profondamente incistata nella cultura occidentale che valorizza la produzione, la merce, la sfera pubblica ecc. E' particolarmente istruttivo, in questa fase della storia, il rapporto con donne di altre culture. Queste donne spesso non vedono l'abbandono della cura come conquista di libertà (così come la vediamo noi) ma come scelta di altri valori, per esempio il danaro e la carriera. Anche la questione del modello ha a che fare con i valori che si privilegiano. A questo proposito vale la pena di leggere il testo elaborato in sedi internazionali anche da donne italiane sull'economia del dono.

Maria Grazia ritiene che qualsiasi discorso sul lavoro di cura e sui rapporti tra produzione e riproduzione debba essere guidato dalla consapevolezza che anche (e soprattutto) su questo terreno si manifesta il conflitto di genere. Welfare e salarizzazione non mutano nella sostanza la relazione di potere tra donne e uomini, perché danno per acquisiti e irreversibili i ruoli delle une e degli altri. Solo la condivisione con gli uomini del lavoro tradizionalmente scaricato sulle donne cambia davvero la posizione dei due generi e introduce elementi duraturi di giustizia nei loro rapporti. La condivisione naturalmente non è una questione individuale, ma sociale, comporta cioè un cambiamento dei rapporti di forza sociali tra i due sessi.

Come si vede, gli approcci sono molto diversi e in una certa misura anche contraddittori. E' stato notato però che le conclusioni potrebbero essere meno distanti degli angoli di visuale di partenza. Si può concordare (per esempio) sulla difesa del welfare, pur riconoscendo che ha ribadito ruoli maschili e femminili; non individuale; si può concordare sull'esigenza di modelli economici che partano dalle preoccupazioni di compatibilità con l'ambiente e si fondino su una riflessione critica sia sull'intervento dello Stato sia sulle iniziative di tipo etico. Per tutte comunque il tema principale da mettere a fuoco in questa fase (per ovvi motivi finora poco analizzati negli studi italiani sull'argomento) è quello del ruolo delle immigrate nel lavoro di riproduzione.
Un abbraccio a tutte

Lidia Cirillo

P.S. Per non ricominciare la discussione sempre daccapo, sarebbe meglio chiudere il gruppo a partire dal prossimo incontro.
Nel frattempo chi vuole iscriversi può farlo per telefono (02 ­ 70101671) o e-mail (zabia@tiscalinet.it) evitando però di inviare allegati che non vengono aperti.
Inoltre se qualcuna che si era iscritta al gruppo è stata dimenticata nel giro di avvisi, mi segnali la cosa.