PASSI DI DONNE
UNA RICOSTRUZIONE
DELLE RAGIONI E DEL PERCORSO DELLA MARCIA MONDIALE DELLE DONNE,
DA PECHINO A BRUXELLES
novembre
2000, di Celeste Grossi delle Donne in Nero
Passi di donne
Un mosaico di eventi internazionali, nazionali e regionali si è composto in tutto il mondo a partire dall'8 marzo quando è stata lanciata, contemporaneamente in 140 paesi del Nord e del Sud del pianeta (altri se ne sono aggiunti e ora sono 157), con il sostegno di 3.000 gruppi di donne (oggi circa 5000) la Marcia delle donne contro le violenze e la povertà o - come preferisce chiamarla la "Donna in Nero" europarlametare, Luisa Morgantini - la Marcia mondiale per la libertà dalla violenza e dalla miseria.
L'iniziativa, promossa dalla Federazione delle Donne del Quebec [anche il sito mondiale della Marcia è stato realizzato dalla Federazione delle Donne del Quebec (www.ffq.qc.ca/marche2000)], si è conclusa il 17 ottobre, Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà, quando migliaia di donne, convergendo a New York dai vari paesi partecipanti, si sono concentrate di fronte al Palazzo delle Nazioni Unite per consegnare al segretario generale Kofi Annan oltre 10 milioni di cartoline, firmate da uomini e donne che "vogliono" dagli Stati membri dell'ONU "misure concrete per eliminare la povertà e assicurare un'equa condivisione del benessere e della ricchezza mondiali tra ricchi e poveri, tra uomini e donne".
Pechino meno cinque
Nel 1995, a Pechino, la IV Conferenza mondiale sulle donne delle Nazioni Unite si chiuse con la firma, da parte di 189 paesi, di una Dichiarazione di Principi e di una Piattaforma d'Azione che impegnava i governi a migliorare la condizione di vita delle donne. L'esito, non scontato si ottenne grazie alla pressione di migliaia di donne riunite ad Hairou nel Forum parallelo delle Organizzazioni non governative.
Nello scorso mese di giugno si è tenuta a New York Donne 2000: uguaglianza di genere, sviluppo e pace per il ventunesimo secolo, una sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con l'obiettivo di valutare i progressi realizzati in ciascuno dei punti individuati a Pechino come prioritari ("la povertà, l'istruzione e la formazione, la violenza contro le donne, i conflitti armati, l'economia, le strutture di potere e i processi decisionali, i meccanismi istituzionali per la promozione delle donne, i diritti fondamentali, i media, l'ambiente, le bambine") per eliminare le discriminazioni sessiste.
I risultati emersi dall'incontro, noto anche come "Pechino più cinque", sono stati così deludenti che le donne delle Organizzazione non governative presenti l'hanno ribattezzato "Pechino meno cinque".
Le donne sono le principali vittime della povertà (il 70% dei poveri del pianeta è donna), delle guerre (è donna la maggioranza dei rifugiati), delle violenze (una donna su tre ha problemi di salute legati a violenze psicologiche o fisiche. Il problema è molto rilevante anche nel mondo occidentale: esclusi gli stupri e le violenze sessuali, secondo dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, riferiti al periodo 1984 1998, il 30% di donne adulte nel Regno Unito e il 22% negli Usa ha subito violenze fisiche da parte di un familiare maschio), dell'analfabetismo (secondo dati Unicef sono ancora 19 i paesi del mondo dove oltre il 70% delle donne adulte è analfabeta, e ci sono paesi, come l'Afghanistan dove l'analfabetismo femminile supera l'80% o come il Burkina Faso e il Niger, dove arriva oltre il 90%).
L'educazione prima di tutto
La condizione dei bambini e delle bambine è strettamente legata a quella delle donne. "Laddove sono in pericolo i diritti delle donne, lo sono anche quelli dei bambini. () Fin dall'inizio della loro esistenza, le bambine - figlie della povertà - vengono spesso trascurate a vantaggio dei loro fratelli maschi, per quanto riguarda il cibo, le cure mediche, l'istruzione", si legge nel capitolo "Guerra non dichiarata" del rapporto dell'Unicef La Condizione dell'Infanzia nel Mondo 2000, pubblicato a dieci anni dal Vertice Mondiale per l'infanzia del 1990.
"Gli Stati devono promuovere politiche nazionali anti-povertà, piani di azione e progetti comprensivi di misure specifiche per eliminare la povertà delle donne e garantire loro l'indipendenza economica e sociale mediante l'esercizio del diritto all'educazione", chiede al primo punto la piattaforma mondiale della Marcia. E non è un'utopia femminile quella di pensare di modificare le disparità sociali rapidamente puntando sulla scuola. Secondo l'Unicef "Un'istruzione di qualità () ha il potere di trasformare la società in una sola generazione" (La Condizione dell'Infanzia nel Mondo 2000, Unicef Roma, 1999).
Oggi la maggioranza dei bambini del mondo frequenta la scuola elementare, ma sono ancora 130 milioni quelli che non accedono per niente all'istruzione, e di questi il 60% sono bambine. La discriminazione è ancora più forte nel prosieguo degli studi: tra coloro che non frequentano le scuole secondarie superiori le ragazze sono il 30% in più dei ragazzi.
Il pane e le rose
Dopo Pechino, le istituzioni nazionali e internazionali sono riuscite a fare molto poco, anzi la condizione femminile, essendo aumentata la povertà, è ulteriormente peggiorata.
Eppure le donne nei piani di sviluppo istituzionali continuano a essere citate come soggetti da privilegiare.
Una contraddizione così vistosa ha motivato le organizzartici di Bread and Roses (prima Marcia di donne contro la povertà, Quebec, Canada, 1995) a chiedere alle donne del mondo intero - orgogliose, ma per nulla soddisfatte, dei risultati raggiunti negli ultimi decenni e consapevoli che essi sono il prodotto della solidarietà e dell'azione di molte generazioni - di non attendere il compimento di promesse altrui, spesso espresse con firme, ma senza l'assunzione di reali impegni, e farsi protagoniste della "loro" conferenza, organizzandola nelle strade, sotto forma di Marcia.
Un esercizio di creatività
"Divertiti. Fa' in modo che le attività e le riunioni siano piacevoli". L'ultima raccomandazione del manuale rivolto dal Coordinamento nazionale messicano alle donne che hanno scelto di dedicare un po' del loro tempo alla Marcia spiega come sia stato possibile per le donne conciliare sentimenti come "la rabbia per i fatti quotidiani di violenza e l'indignazione per la violazione dei diritti più elementari delle donne; la profonda tristezza per le sofferenze delle donne nei Paesi dove il conflitto militare è acuto o dove l'impoverimento ha raggiunto livelli di non ritorno (Nadia De Mond del Coordinamento italiano per la Marcia) con l'allegria che ha caratterizzato tutti gli eventi collaterali ai momenti di riflessione e di studio. Perché le donne sono ben consapevoli dell'importanza del "pane", ma vogliono anche le "rose".
Le donne in Australia hanno organizzato un festival di canzoni e danze; in Benin hanno piantato e invitato a piantare alberi; in Mali hanno promosso una campagna di informazione e coscientizzazione basata su teatro popolare, canti e poesie; in Nigeria hanno composto e diffuso canzoni in cinque lingue nazionali; in Svizzera una squadra di sciatrici ha partecipato a La Patrouille des Glaciers indossando tute dei colori della Marcia; in Bangladesh hanno illustrato la vita delle donne con spettacoli di teatro di strada; in Quebec hanno dato vita a laboratori di creatività e di gioco, a spettacoli teatrali, a mostre d'arte, hanno simbolicamente venduto pane e rose; nelle Filippine il 17 ottobre hanno suonato tamburi per un giorno intero, in America del Sud si fè formata una carovana per raccogliere le donne latinoamericane e statunitensi in marcia verso Washington - dove il 15 ottobre si è tenuto un sit-in sotto la sede del Fondo Monetario Internazionale - e New York, dove la Marcia si è chiusa il 17 ottobre.
In Italia le iniziative si sono concluse il 30 settembre con il serpentone colorato che, a Roma, da Piazza Esedra ha raggiunto, sotto una pioggia senza scampo, Piazza SS. Apostoli. La pioggia ha impedito alcune delle performance, "quadri vivi" e spettacoli sulle tematiche della Marcia, allestiti da donne artiste, però non è riuscita ad arrestare le danze finali a Piazza SS. Apostoli. E molte italiane, insieme a donne provenienti dall'Europa, dal Nord Africa, dall'Asia hanno partecipato alle iniziative di chiusura della Marcia europea a Bruxelles. Il 13 ottobre, al Parlamento Europeo, si è tenuto l'incontro della Rete internazionale delle Donne in nero contro le guerre; il 14 un corteo di decine di migliaia di donne ha circondato i palazzi delle istituzioni, purtroppo deserti di sabato, una delegazione di donne - una per ciascun paese europeo, una palestinese e un'israeliana ascoltate per prime - è stata ricevuta dalla Commissaria europea Anna Diamantopolou, una serie di incontri, meeting, seminari, spettacoli, concerti si sono svolti nel Parco del Cinquantenario. E infine un presidio non autorizzato si è tenuto sulla Gran Place, il salotto buono inviolabile, per una volta simbolicamente espugnato Le Donne in nero che occupavano due lati della piazza hanno dedicato la loro ora di silenzio alle donne palestinesi e alle donne israeliane che hanno scelto di condividere il progetto di soluzione non violenta del conflitto nel riconoscimento del diritto di ciascun popolo alla libertà e al proprio stato