PECHINO MENO CINQUE
DALLA FRANCIA UN CONTRIBUTO SULLA CONFERENZA ONU PECHINO + 5 E SULLE RAGIONI DELLE DONNE FRANCESI


giugno 2000, di Stéphanie Chauvin da Rouge


La settimana scorsa si è tenuta a New York la conferenza dell'ONU sulle donne. Incaricata di valutare i progressi realizzati dopo la conferenza di Pechino di cinque anni fa, essa si è chiusa senza grandi risultati. A tal punto che le ONG presenti non hanno esitato a ribattezzare quest'incontro "Pechino meno cinque". Questa espressione traduce non solo l'assenza di avanzamenti, ma l'accettazione rassegnata che, riguardo ai diritti delle donne, ci vuole tempo per cambiare le mentalità. Sono messi sotto accusa principalmente i paesi cattolici e islamici che "resistono al progresso". Ma se non c'è alcun dubbio che le ideologie reazionarie e le religioni sono gli ostacoli maggiori all'emancipazione delle donne, il loro sfruttamento e la loro oppressione sono altresì il frutto delle politiche liberiste condotte su scala mondiale.
Principali vittime della povertà (il 70% dei poveri del pianeta sono donne) e delle violenze (la metà delle donne sulla Terra), in maggioranza analfabete, le donne conservano un ruolo economico e sociale consistente. Questi dati sono stati integrati dalle istituzioni internazionali, e nei loro piani di sviluppo, esse giocano un ruolo economico importante. Così la lotta contro le discriminazioni sessiste è presentata come una priorità, poiché bisogna promuovere le donne come reali attrici sulla scena della mondializzazione liberista! In un mondo dove tutto è diventato merce, si possono comprare i diritti come la azioni in borsa.
L'interferenza ideologica è dunque ben orchestrata: da una parte gli arcaici e i reazionari, dall'altra i partigiani della modernità e del liberismo. I due hanno pertanto una buona intesa e si completano. Le politiche di aggiustamento strutturale hanno compromesso ogni possibilità di sviluppo economico duraturo e solidale. Il ruolo economico e politico degli Stati è stato ridotto alla sua più semplice espressione, poiché in un sistema liberista gli interessi particolari precedono l'interesse collettivo. E le donne sono le prime vittime di questa ideologia e di questa visione del mondo. A questo titolo, né esse né l'insieme dei popoli hanno molto da aspettarsi dagli organismi internazionali, dai delegati degli Stati che si riempiono la bocca di parole e mettono in atto, ogni giorno, politiche che aumentano la povertà e rimettono in discussione i nostri diritti.
In Francia, il governo della sinistra plurale non è da meno. Tutti i suoi componenti si attaccano mollemente ai valori della sinistra e tentano di farci credere che liberismo può far rima con socialismo. Che bilancio si dovrà tirare delle politiche condotte nella lotta contro le ineguaglianze tra uomini e donne? Le stesse che su scala mondiale: globalmente negative.
Sul terreno degli impieghi, l'incoraggiamento al tempo parziale ha reso più fragile la posizione delle donne sul mercato del lavoro e contribuito al loro impoverimento. La legge Aubry sulle 35 ore ha effetti nefasti per l'insieme dei salariati, e in particolare per le donne, in virtù dello sviluppo della flessibilità e della deregolamentazione. Le condizioni di lavoro sono sempre più difficili nel settore privato, ma anche nel settore pubblico sottoposto alle regole del liberismo. E' un fatto che 200.000 donne hanno preferito lasciare il loro impiego per occuparsi dei loro bambini giovandosi del "sussidio per l'educazione parentale", cosa che ha fatto precipitare il tasso di attività delle donne con due figli dal 70% al 40%. Va inoltre detto che in materia di politica familiare, questo governo s'ispira largamente alle logiche liberiste, preferendo concedere la priorità ai metodi di custodia individuali e privati piuttosto che agli asili pubblici. Se si vuole incoraggiare le donne a restare a casa per continuare ad assumersi, da sole, gli incarichi familiari e il lavoro domestico, non si può scegliere metodi più efficaci!
Quanto al diritto di scelta, il dossier è sempre in attesa. Niente sulla necessaria riforma della legge Veil sull'aborto, ancora meno sulla sua depenalizzazione. Niente sui metodi contraccettivi, il cui rimborso o la gratuità totale segnano il livello dell'intervento politico. Sulle violenze, c'è il silenzio.
E' per tutte queste ragioni che noi marceremo a Parigi, all'appello delle donne del Quebec che hanno convinto le donne del mondo intero a organizzare la loro conferenza, nelle strade, sotto forma di una marcia contro la povertà e la violenza. Noi marceremo per dire no all'oppressione e allo sfruttamento. Dopo Seattle e prima di Millau, noi marceremo per dimostrare che il liberismo produce la povertà e le guerre. Per denunciare le violenze di cui le donne sono vittime, violenze secolari, generalizzate nel mondo, dove regna la legge del più forte: la legge del profitto, imposta da una minoranza che ha la pretesa di trasformare il mondo in un vasto supermercato. Sole, non siamo niente. Unite, siamo tutte!