IPOTESI DI DISSENSO
IL RESOCONTO DEL TRIBUNALE MONDIALE DELLE DONNE SUI CRIMINI DI GUERRA DEGLI STATI UNITI, TENUTO DURANTE IL FORUM SOCIALE MONDIALE A MUMBAY


giugno 2004, a cura di Giovanna di Genova

 

 

Il Comitato delle Donne Asiatiche per i Diritti Umani e El Taller International, in collaborazione con altre organizzazioni regionali e internazionali, hanno tenuto una sessione del Tribunale Mondiale delle Donne sui Crimini di guerra degli Stati Uniti il 18 gennaio 2004, durante il Forum Sociale Mondiale di Mumbai in India. Si è trattato della 19° sessione di questo Tribunale, che ha avuto il sostegno di oltre 140 organizzazioni e reti di tutto il mondo. Esso opera dal 1993 e si riunisce in diverse regioni del mondo: in Asia, Africa, nei paesi arabi, nell'area del Pacifico, in centramerica e nei paesi del Mediterraneo.
Come ha detto Corinne Cumar, la coordinatrice internazionle, durante la sessione di apertura, nell'esporre la visione condivisa che caratterizza il tribunale "I tribunali delle donne costituiscono lo
svelamento dello spazio, un immaginario: un orizzonte che ci induce a riflettere, a sentire, ci impegna a collegarci, a danzare, a sognare. Si tratta di un tentativo di definire un nuovo spazio per le donne e di infondere questo spazio con una nuova visione, una nuova politica. E' un riunirsi di voci e visioni del sud globale che si colloca in una ipotesi di dissenso: è, in sé, una pratica di dislocazione, che sfida il nuovo ordine mondiale della globalizzazione, attraversando le linee, dissodando nuovo terreno, ascoltando le voci e i movimenti ai margini".
Questo sessione si è tenuta nel contesto delle molte guerre genocide attualmente in corso, istigate e innescate dagli Stati uniti nella loro insaziabile sete di egemonia e controllo globale. Guerre la cui memoria violenta cercano di sterilizzare e cancellare facendole passare per crociate civilizzatrici di società "brutali" e "autoritarie".

Il contesto

La sessione della Corte Mondiale delle Donne sui crimini di Guerrra degli Stati uniti è stato quindi un atto per ricordare e resistere.
Ricordando che nella sua giusta battaglia per la libertà contro l'autoritarismo, gli Stati uniti d'America, nel corso degli ultimi decenni, hanno lasciato in pace poche aree del mondo, operando nell'America Centrale e in Sudamerica, in Africa, Asia e Pacifico.
Ricordando che non solo hanno distrutto un numero incalcolabile di vite umane attraverso le loro guerre di invasione, occupazione, colpi di stato militari e assassini, ma hanno distrutto le future generazioni attraverso l'uso delle armi di distruzione di massa che hanno prodotto e venduto al resto del mondo. Armi chimiche, biologiche e nucleari.
Ricordando per esempio l'invasione del Vietnam del Sud e l'esperimento con l'Agente Orange che ha ucciso alcuni milioni di persone e menomato le generazioni future; le diffuse operazioni di terrore contro Cuba sin dai primi anni '60 che continuano ancora oggi attraverso le sanzioni economiche; le operazioni contro i Sandinisti in Nicaragua durante tutti gli anni '80, il sostegno ai governi razzisti del Sudafrica e ai governi sionisti di Israele le cui politiche genocide contro il popolo Palestinese gli Stati uniti continuano a giustificare; l'istituzione di governi fantoccio in Iran, Indonesia, Nigeria e Somalia, i quali, nel loro insieme, hanno causato la morte di migliaia di civili innocenti; l'assassinio di Nasser in Egitto e di Patrick Lumumba in Congo; il massacro di centinaia di migliaia di filippini all'inizio del '900; la balcanizzazione violenta della Ex-Yugoslavia, nella quale è risorta una ulteriore arma di guerra, lo stupro delle donne come strategia di pulizia etnica.
Ricordando che forse l'uccisione di 2 crore e mezzo, cioè di 25 milioni (n.d.t.: 1 crore = 10 milioni, unità di misura tradizionale indiana, ancora largamente usata) di civili innocenti da parte della CIA in operazioni coperte e non, può essere un prezzo che l'unica superpotenza mondiale può permettersi di pagare per proteggere lo stile di vita occidentale, mantenendo contemporaneamente e necessariamente il dominio mondiale. La stessa Madeleine Albricht ebbe a giustificare con le stesse motivazioni la morte di 500.000 bambini iracheni attraverso un'arma di distruzione di massa a sangue freddo, le sanzioni economiche:
"E' stata una scelta difficile ma pensiamo che ne valesse la pena", disse.
Naturalmente questo numero non tiene conto degll'orrore di una Hiroshima, quando la bomba atomica fu sganciata dali Stati uniti d'America non solo per annientare il Giappone ma anche per condurre un esperimento in cui gli esseri umani venivano usati come cavie; come fece quando sperimentò nuovamente armi nucleari sugli indigeni del Pacifico nel 1957. Ricordiamo la dichiarazione dell'ufficiale nordamericano a Chief Juda delle Isole Bikini in cui gli chiedeva di lasciare l'isola con la sua gente dicendo: "Stiamo sperimentando queste bombe per il bene dell'umanità e per porre fine a tutte le guerre". E così, per farla finita con tutte le guerre 66 bombe molto più potenti di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki furono sperimentate dall'esercito USA.
A volte il peso di questi ricordi risulta insostenibile

La Corte

quest'occhio non serve per piangere
è visione
deve restare limpido
anche se le lacrime sono sul mio volto
il suo intento è la chiarezza
non deve dimenticare nulla

Questa sessione tenuta ai margini di un capannone industriale in rovina fra il caos di migliaia di workshop che si tenevano simultaneamente nel contesto del Social Forum, è stato il nostro atto contro l'oblio, per non dimenticare.
La Corte ha organizzato il suo lavoro in cinque sessioni in cui 30 testimonianze potenti di testimoni esperti, sopravvissuti, resistenti, sono state ascoltate da una giuria di sei membri e un pubblico di 1000 persone che si sono riuniti per oltre otto ore.
Fra i componenti della giuria c'era Ramsey Clark, ex procuratore generale USA, Fatima Meer dell'Institute for Black Research, Università di Natal, Sudafrica, per l'Italia Luisa Morgantini, parlamentare europea, Genevieve Vaughan della Foundation For a Gift Economy, USA, per l'Irlanda Denis Halliday, ex assistente al segretario generale dell'Onu, e Biljana Kasic del Centre for Women's studies, Croazia.
La Sessione Uno, nell'ora della tempesta di fuoco concentrandosi sugli Stati uniti e le Armi di Distruzione di Massa, ha ricordato che la paranoia globale montata sulla ricerca elusiva di armi di distruzione di massa che pongono una minaccia sull'umanità e sugli Statiuniti, se fosse stata lanciata più vicino a casa, forse si sarebbe potuto contenerla. Si è qui ricordato che a parte il fatto che tutta la tecnologia militare genocida, inclusa quella nucleare, chimica, biologica e batteriologica, è stata concepita e sviluppata negli Stati uniti, è un fatto che essi sono la prima nazione al mondo che consapevolmente, clinicamente e razionalmente ha dispiegato questi strumenti bellici su e contro l'umanità. A testimonianza di ciò si sono alzate le voci di testimoni e sopravvissuti alle armi di distruzione di massa statunitensi in diverse parti del mondo.
Questi hanno incluso Satoru Kanishi, un Hibakusha della Japanese Confederation of H Bomb (n.d.t: i sopravvissuti alla bomba nucleare in giapponese hanno un nome specifico, hibakusha, e sono considerati dei diversi. Diversi per il proprio passato, diversi per il presente in cui sono costretti a vivere; delle persone simbolo). I sopravvissuti di Hiroshima che hanno parlato del bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki; Sahar Sabha di RAWA-Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afgane, che ha parlato dell'uso dell'uranio impoverito in Afganistan ; Akira Maeda della Tokyo Zokei University che ha parlato del Tribunale Criminale Internazionale sull'Afganistan; Li Thi Quy del Centre for Gender and Development dell'Università di Hanoi in Vietnam; Gilberto Guiterrez Valdez e Humberto Miranda dell' Institute of Philosophy, Cuba, che hanno parlato della guerra batteriologica a Cuba e Jo CholRyong, della Korean Democratic Lawyers Association-Associazione degli avvocati democratici coreani, che ha parlato della guerra batteriologica condotta dai nordamericani nella Corea del Nord.
Fatima Meer della Giuria ha replicato ai testimoni ascoltati in questa sessione.

La Sessione Due, nell'Ora della tempesta di vento focalizzandosi sui crimini legati alla militarizzazione e all'economia commessi dagli Stati uniti, ha ricordato che oltre all'eliminazione di grandi fette di popolazione in diverse parti del mondo tramite l'impiego di tecnologie militari da genocidio, attraverso la sua presenza militare ed economica in diverse parti del mondo, gli Stati uniti stanno consolidando e approfondendo la loro presa egemonica su altri paesi, culture e popoli. I testimoni di questa sessione che hanno riportato gli effetti e le implicazioni di questi interventi economici e militari sistemici e sistematici in diverse regioni del mondo, hanno incluso Susan Pineda della Gabriela Central Luzon delle Filippine che ha riferito sulle discariche di rifiuti tossici e sulla violenza sessuale nelle basi militari americane; Eunice Santana della Alliance for Peace di Puerto Rico che ha parlato delle basi militari statunitensi alle Isole Vegues; Roger Normand del Centre for Economic and Social Rights degli Stati uniti che ha parlato dei crimini economici degli USA in diverse parti del mondo, e il belga Pol de Vos di STOP.USA, che ha parlato del Project for a New American Century; Kim II Bong della Korean Democratic Lawyers Association-Associazione degli avvocati democratici della Corea del Nord che ha riferito dei crimini USA in Corea del nord con particolare riferimento al massacro dei coreani da parte dell'esercito USA nel 1952.
Genevieve Vaughan, della Giuria, ha replicato ai testimoni ascoltati in questa sessione.

La Sessione Tre, nell'ora della Tempesta del deserto ha ricordato il genocidio in Iraq e la distruzione di un intero popolo nel nome della democrazia e della libertà, una sordida saga su come gli Stati uniti hanno inventato, reinventato e brevettato la tecnologia del terrorismo per perseguire il potere e il controllo totale.
I testimoni di questa sessione, che hanno riferito sulla devastazione culturale, politica ed economica di un popolo e della sua civiltà, ha incluso Ismaeel Mohammed Dawood della National Association for Defence of Human Rights in Iraq che ha parlato delle sparizioni, degli omicidi e delle confische che fanno parte della quotidianità in Iraq, sconosciuti e non percepiti; Hana Ibrahim Saleem che ha parlato della distruzione culturale di una civiltà; Colette Moulaert, del Medical Aid for the Third World che ha parlato dell'impiego dell'uranio impoverito in Iraq; Alejandro Bendana del Jubilee South che ha parlato del debito nostro nei confronti del popolo iracheno; Eman Ahmed Khammas di Occupation Watch Centre che ha riferito sulla resistenza all'interno del paese e Alyn Ware dell'International Association of Lawyers against Nuclear Arms, che ha parlato del diritto internazionale e dell'uso illegale e non etico delle armi nucleari e in particolare dell'uso dell'uranio impoverito in Iraq.
Dennis Halliday della Giuria, che è stato una delle voci della coscienza all'interno degli Stati uniti ed ha dato le dimissioni proprio a causa della guerra all'Iraq, ha replicato alle testimonianze di questa sessione.

La Sessione Quattro, nel ventre della bestia in Guerra dentro gli Stati uniti, ha riportato all'attenzione i ricordi tacitati degli Indiani d'America, dei Neri, degli indigeni e di tutti coloro politicamente e socialmente emarginati, inclusi quelli degli homeless, degli esiliati, dei reclusi all'interno degli Stati uniti, i quali tutti sono testimoni dell'impatto genocida di questo modello universale di vita americano anche all'interno del ventre della bestia. Essi hanno testimoniato del fatto che il governo militarizzato all'interno della più grande democrazia modello mondiale è risultato in una guerra invisibile contro il suo proprio popolo e il suo testo sacro, il Bill of Rights (carta dei diritti individuali). Una guerra intensificata e giustificata ad un livello mai visto dopo l'11 settembre. Gli intervenuti hanno incluso Mililani Trask della Indigenous people Network- Rete dei popoli indigeni,Hawaii, USA che ha parlato della guerra contro i popoli indigen; Cynthia McKinney, ex senatrice che ha riferito della guerra contro i neri; Cheri Honkala della Kensington Welfare Association, USA che ha parlato della geurra contro gli homeless; Gloria La Riva dell'International Action Centre, USA che ha parlato del caso dei Cuban Five/US Laws (n.d.t. ci si riferisce qui a un gruppo di cubani progressisti che negli Stati uniti si collocano sul lato opposto rispetto ai cubani reazionari di Miami e che sono stati illegalmente imprigionati. Per costoro ci sono state mobilitazioni dei democratici americani e di alcuni giudici e avvocati) e Leuren Moret un esperto di radiazioni americano indipendente che ha parlato degli esperimenti nucleari sui prigionieri negli Stati uniti.

La Sessione Cinque, nell'Occhio del Ciclone, Sui frangenti del ciclone e le Voci della Resistenza, ha cercato di ricordare che la speranza che questa egenmonia e controllo globali possono essere contrastati e rintuzzati, deriva da quelle migliaia di voci della coscienza di singoli e da iniziative collettive coraggiose che si oppongono alla potenza del ciclone in varie parti del mondo, inclusi gi Stati uniti. Questa sessione, che si è aperta con una fiera performance dello statunitense New York Art Collective, ha cercato di dare ascolto ad alcune di queste voci. Queste hanno incluso Mary Kelly irlandese, che ha portato la sua testimonianza personale di come lei, individualmente, ha sfidato il sostegno dato dall'Irlanda alla guerra all'Iraq disturbando gli aerei militari che atterravano al Shannon Airport in Irlanda, per rifornirsi di carburante; Ayse Berktay di Peace,Turchia, ha parlato del Tribunale Internazionale sull'Iraq che sta mettendo insieme le voci della società civile di tutto il mondo nella condanna dell'occupazione dell'Iraq da parte degli Stati uniti; Magalys Arochas, della Federazione delle Donne Cubane, ha parlato della resistenza quarantennale all'embargo economico imposto al suo paese dagli Stati Uniti; Laila Khaleed, del Palestinian National Council and General Union of Palestinian Women, ha parlato dell'Intifada o resistenza all'occupazione israeliana della Palestina che vede il consenso silenzioso ma attivo degli Stati uniti; e Hilda Lini del Nuclear Free Pacific che ha riferito del forte movimento anti-nucleare nella loro regione che si oppone alla poltica di nuclearizzazione che viene perseguita unilateralmente dalla superpotenza per consolidare il suo potere militare. L'italiana Paola Manduca, del Movimento antiguerra, ha parlato di come il movimento sia stato capace di farsi ascoltare globalmente contro la guerra in Iraq. In questa sessione abbiamo ascoltato anche la voce di Stan Goff, un veterano della guerra del Vietnam che ha scritto a suo figlio, un marine nordamericano una lettera che è stata mostrata in questa occasione.
Luisa Morgantini e Biljana Kassic, in veste di membri della giuria, hanno replicato allo spirito di resistenza che si è espresso in questa sessione.
Nello stesso momento in cui il tribunale cercava di dare un nome, attraverso le testimonianze e i testimoni esperti, a quei processi e poteri globali che si sono resi responsabili del perpetuarsi di forme di guerra e violenza sempre nuove e grottesche, la Giuria, attraverso i loro commenti e interventi che si sono intrecciati nelle sessioni, ha cercato di sviluppare un'accusa che fosse non tanto di tipo legale quanto morale ed etico. Perchè, anche mentre cercavano l'accusa, le loro voci riaffermavano il bisogno di recuperare una nozione di saggezza collettiva, di giustizia e di compassione, altruista e unitaria; inserita in un nuovo immaginario politico che ci invita ad un'etica di sostenibilità, di valorizzazione della vita, del femminile. Perchè solo questa saggezza può sfidare la logica della guerra come crimine; è solo questo tipo di giustizia che può fermare questa sventura; la sventura del New American Century.
Una saggezza riassunta da Ramsey Clark, Presidente della Giuria:
"Il Tribunale Mondiale delle Donne è un movimento Satyagraha (che rimane saldamente fedele alla verità) (n.d.t.:ll termine ghandiano "Satyagraha",vuol dire etimologicamente "la forza della verità" e indica la potenza dello spirito: l'energia che deriva dalla verità nell'amore, ossia la nonviolenza) per il mondo così com'è oggi. La madre riconosce il pericolo per i suoi piccoli come nessun altro e terrà testa alla minaccia e non accetterà compromessi.
L'audace visione delle donne coraggiose che hanno proposto a questo Tribunale, con grandi sacrifici, battaglie e obiettivi chiari, è quella di trovare, provare e presentare i fatti riferiti ai crimini di guerra degli Stati uniti, militari ed economici. Essa ha messo in relazione e esposto la terribile verità delle guerre di aggressione e delle sanzioni genocide con l'intenzione, da parte degli Stati uniti, di dominare il mondo attraverso la forza e la minaccia del controllo e dello sfruttamento per il suo proprio profitto, impoverendo così ulteriormente le masse povere del pianeta.
La verità presentata dalle donne del Tribunale Mondiale delle Donne nel suo giudizio e la base non violenta del loro essere e del loro agire, sono una potenza che può salvare e liberare l'umanità, finalmente liberarla. Dove altro troveremmo un Tribunale con un tale potenziale?