IRACHENA, EX PRIGIONIERA DEL REGIME DI SADDAM HUSSEIN, DENUNCIA GLI OCCUPANTI E IL GOVERNO DA LORO INSEDIATO


gennaio 2005, DiHaifa Zangana, da The Guardian, 22/12/04.
Traduzione a cura di Paoletta dell'Osservatorio Iraq

 

Il Dipartimento di Stato Usa ha lanciato una "iniziativa democratica per le donne irachene", per un ammontare di dieci milioni di dollari per addestrare le donne irachene alle tecniche e alle pratiche della vita democratica prima delle elezioni progettate.
Paula Dobriansky, sottosegretaria di Stato agli affari globali, ha dichiarato: "Noi daremo alle donne irachene gli strumenti, l'informazione e l'esperienza di cui hanno bisogno per dirigere un ufficio e adoperarsi per essere trattate correttamente". Il fatto che questi soldi andranno principalmente ad organizzazioni implicate con l'amministrazione Usa, come Independant Womens Forum (Iwf) fondata dalla moglie di Dick Cheney, Lynn, non e' stato affatto menzionato.
Tra tutte le gaffes dell'amministrazione Bush in Iraq, la piu' enorme e' la sua incapacita' a comprendere il popolo iracheno e in particolare le donne. Il suo difetto principale e' di percepire le donne irachene come silenziose, come le vittime senza potere di una societa' costruita dagli uomini e aventi un urgente bisogno di "liberazione". Questa immagine si integra molto bene nel quadro complessivo del popolo iracheno come vittima passiva pronta ad accogliere l'occupazione del suo paese.
La realta' e' differente: le donne irachene erano attivamente coinvolte nella vita pubblica anche sotto l'impero ottomano. Le prime scuole per ragazze furono attivate nel 1899, le prime organizzazioni delle donne nel 1924. Nel 1937, quattro riviste femminili venivano pubblicate a Baghdad.
Le donne furono coinvolte nella rivoluzione del 1920 contro l'occupazione britannica, anche nei combattimenti. Negli anni '50, alcuni partiti politici crearono delle organizzazioni di donne. Tutti seguivano lo stesso principio: combattendo fianco a fianco degli uomini, le donne liberavano
contemporaneamente se stesse. Se ne trova la prova in quello che segui' la rivoluzione del 1958, che mise fine alla monarchia imposta dalla Gran Bretagna, quando le donne realizzarono in due anni quello che non era riuscito nel corso dei trent'anni di occupazione britannica: l'uguaglianza legale.
Questo processo ha guidato l'Unicef nel suo rapporto del 1993: "E' raro che nel mondo arabo delle donne godano di tanto potere come in Iraq: uomini e donne devono ricevere lo stesso salario per lo stesso lavoro: la pensione di una donna e' riconosciuta come indipendente da quella di suo marito. Nel 1974, l'educazione e' stata liberalizzata a tutti i livelli, e nel 1979 è diventata obbligatoria per ragazzi e ragazze fino ai dodici anni".
All'inizio degli anni '90, l'Iraq aveva uno dei tassi di alfabetizzazione piu' elevati del mondo arabo. C'erano piu' donne professioniste in posizione di potere che in qualsiasi altro paese del Medio Oriente.
La tragedia e' stata che le donne vivevano sotto il regime di oppressione di Saddam. E' vero, le donne occupavano posizioni politiche elevate, ma non hanno fatto nulla per protestare contro l'ingiustizia inflitta alle loro sorelle che si opponevano al regime.

La stessa cosa sta succedendo nel "nuovo Iraq democratico". Dopo la"liberazione", Bush e Blair strombazzavano la liberazione delle donne come pietra miliare della loro visione dell'Iraq. Alla Casa Bianca, alcune donne irachene, selezionate con cura, hanno recitato omelie disperatamente
doverose per giustificare l'invasione dell'Iraq. In giugno, la sovranita' nominale e' stata trasmesssa ad un governo iracheno ad interim, designato dagli Usa, comprendente sei donne ministre di gabinetto. Non sono state elette dal popolo iracheno.
Sotto il regime di Allawi, le "forze multinazionali" restano al riparo dalle riparazioni legali, e sono raramente ritenute responsabili dei crimini contro gli iracheni. Il fossato tra le donne componenti del regime di Allawi, e la maggioranza delle donne irachene si ingrandisce ogni giorno.
Mentre i ministri del gabinetto e le ambasciate degli Usa e della Gran Bretagna sono al sicuro all'interno della zona verde fortificata, si nega agli iracheni il diritto elementare di camminare con sicurezza nelle proprie strade. Ai lati delle strade sono parcheggiati dei carri armati Usa con la
scritta "se sorpassate il convoglio, sarete uccisi".
La mancanza di sicurezza e la paura dei rapimenti fanno si' che le donne irachene siano prigioniere nelle loro case. Sono le testimoni del saccheggio del loro paese da parte di Halliburton, Bechtel, delle ong Usa, dei missionari, dei mercenari e dei sottoposti locali, mentre manca loro l'acqua
potabile e l'elettricita'. Nel paese del petrolio, devono fare una fila di cinque ore al giorno per avere del kerosene o del petrolio. La malnutrizione acuta e' raddoppiata nei bambini. Una disoccupazione al 70% ha aggravato la poverta', la prostituzione, gli aborti clandestini e le morti "d'onore". La
corruzione e il nepotismo sono in auge nel governo ad interim. Il ministro dell'interno, Al-Nagib, ha riconosciuto di aver designato 49 membri della sua famiglia in alti posti, ma solo perche' erano qualificati.
L'assassinio di universitari, di giornalisti e di scienziati non ha risparmiato le donne: hanno ucciso Liga Abdul Razaq, una speaker dei notiziari della Tv al-Sharqiyya con il suo bambino di due mesi. Layla al-Saad, decana dell'universita' di Mosul e' stata massacrata nella sua casa.
Il silenzio delle "femministe" del regime di Allawi e' assordante. Le sofferenze delle loro sorelle bruciate nelle citta' da bombe al napalm, al fosforo e a frammentazione dagli aerei a reazione Usa, la morte di almeno 100.000 iracheni di cui almeno la meta' donne e bambini, viene spiegata con
la retorica dell'insegnamento della democrazia.
Tony Blair ha riconosciuto ieri a Baghdad che le violenze proseguiranno prima e dopo le elezioni ma ha aggiunto: "D'altra parte, avremo un espressione molto chiara della volonta' democratica". Forse non sa che "democrazia" e' quella parola che le donne irachene usano al giorno d'oggi
per spaventare i loro bimbi innocenti, urlando loro : "Zitti o chiamo la democrazia!".