DONNE IN IRAQ
DA
UN RIFUGIO PER DONNE CHE SFUGGONO ALLA VIOLENZA DOMESTICA, LA
GIORNALISTA PASSA AD INTERVISTARE DIVERSE ESPONENTI POLITICHE
E DONNE IMPEGNATE NELLA SOCIETA' CIVILE, CON OPINIONI DIVERGENTI
maggio 2005, di Cyrille
Cartier, WeNews 17/04/05. Traduzione di Maria G. Di Rienzo
Irbil, Iraq. Seduta in una stanza scura, priva di elettricità e riscaldamento, Fatima rimprovera i visitatori che le offrono solo la loro pietà: "E allora, cos'avete intenzione di fare, per noi?".
Ong e numerosi giornalisti vengono a visitare la "Khanzad House", l'unico rifugio per le donne ad Irbil, ma non vi sono risorse per migliorare le vite delle donne presenti nel rifugio.
Fatima (per la sua sicurezza solo il suo primo nome e' stato usato) non vede i suoi sette figli da un anno. Ogni volta in cui osa chiamarli al telefono, suo marito o suo fratello la minacciano di morte.
Lei è solo una delle molte donne che hanno cercato riparo qui, dall'abuso o dalle minacce di morte. Le donne presenti nella "Khanzad House" rappresentano un microcosmo dell'Iraq. Ci sono curde ed arabe, cristiane, musulmane, sunnite e sciite. La violenza contro di loro non conosce confini etnici o ideologici.
Molte di loro dubitano che la nuova assemblea parlamentare nazionale, nonostante la numerosa presenza di donne, darà alle donne maggior protezione dalla violenza domestica. Si aspettano che le priorità del governo saranno le politiche etniche e religiose.
Le donne hanno ottenuto il 33% dei seggi in quest'assemblea di transizione votata il 30 gennaio 2005, andando oltre il requisito minimo del 25%.
Hanaa Edwar di Baghdad, pioniera dei diritti delle donne e leader di un partito femminile indipendente che ha dato vita ad una rete di 80 gruppi di donne irachene, non è impressionata: "La maggior parte delle donne elette non hanno interesse per i diritti delle donne. Alcune delle candidate sono state presentate solo per riempire la quota del 25% e non avevano esperienza in politica. Molte di loro, come gli uomini, sono solo portavoce del partito che rappresentano".
"Voglio donne che credano nei diritti delle donne", aggiunge Ala Talabani, che guida una ong femminile per l'avanzamento delle donne a Sulimaniya, nel Kurdistan iracheno. Le elezioni, dice Talabani, non sono state decise su programmi politici, ma su etnia, religione e nazionalità: "I curdi hanno votato per i curdi, gli sciiti per gli sciiti, e così via".
Ala Noori, una curda eletta all'assemblea, conferma l'impressione che le donne politiche rappresenteranno più la loro regione che il loro genere.
Noori viveva a Kirkuk, prima che la sua famiglia fosse costretta a trasferirsi a causa del regime di Saddam Hussein, negli anni '70. Il divario che lei vede fra curdi ed arabi l'ha seguita a Baghdad: "Io lotterò come curda, prima che come donna", assicura Noori.
I curdi hanno ottenuto il secondo blocco di seggi in ordine di numero nel parlamento iracheno, e perciò sono una voce potente per il futuro dell'Iraq. Jalal Talabani, uno dei loro leader più prominenti, e per lungo tempo oppositore di Saddam Hussein, è il presidente ad interim. I curdi hanno dovuto lottare contro le occupazioni arabe, persiane e ottomane.
I quattro milioni di curdi dell'Iraq del nord hanno lingua, cultura e storia differenti dal resto del paese. Confrontandosi con le donne irachene, le donne curde dicono di aver maggior eguaglianza con gli uomini: nella loro lunga storia di conflitti hanno combattuto al fronte, o sono diventate capifamiglia quando gli uomini scomparivano. Al termine della prima guerra del Golfo, dopo la sanguinosa repressione della rivolta nella regione curda, l'Onu vi creo una zona "no-fly" per gli aeroplani iracheni. Grazie a questa parziale autonomia, le organizzazioni politiche e sociali delle donne fiorirono, ma allo stesso tempo il rinforzarsi della religione ha condotto la società curda ad un'attitudine complessa rispetto all'identita' etnica, i diritti delle donne, la legge religiosa ed il laicismo.
Shirin Amadi, segretaria dell'Unione delle donne curde, e politica di alto livello nel Partito democratico del Kurdistan, dice che lo spostamento in senso religioso è avvenuto durante la sua vita, dal tempo in cui lei era bambina ad ora che ha figli suoi. "Quando ero giovane leggevo i libri marxisti e non digiunavo, ma ora obbligo i miei bambini a digiunare. Credo che ad influenzarci siano stati l'Iran e l'Iraq, oltre che la povertà".
Dalla semiautonomia del 1991 vi sono stati due cambiamenti legali significativi per le donne curde: uno stabilisce che un uomo debba ottenere il permesso della prima moglie per sposarne una seconda, il secondo stabilisce che i delitti d'onore vengano giudicati come omicidi di primo grado.
Layla Miraul ha 32 anni, è ingegnere elettronico, moglie, madre di due figli e membro attivo dell'Unione islamica curda. Organizza attività e seminari per le ragazze adolescenti, su temi che vanno dalla moralità ai computer. Insegna la "sharia", il codice legale basato sul Corano e sui detti del Profeta Maometto, per il quale, ad interpretazione di molti, una donna deve ad esempio ricevere metà dell'eredità che riceve un uomo. La parte del Corano che Layla preferisce e' quella che parla delle virtu' e delle sofferenze di Maryam (Maria), madre di Issa (Gesu'). "Io credo che la sharia garantisca il massimo dei diritti delle donne, e totalmente i diritti umani", dice Layla Miraul, "Una donna in Iraq passa dalla casa del padre a quella del marito, ed è sotto la responsabilità degli uomini, perciò non ha bisogno di molta eredita'".
Per quanto riguarda la poligamia, Miraul dice che è meglio permettere ad un uomo di avere quattro mogli, perchè altrimenti molte donne perderebbero l'opportunità di sposarsi. "Se il laicismo viene applicato, le donne perderanno il loro ruolo nella famiglia e nella comunità. Se accadesse, cominceremmo ad avere una crisi morale", aggiunge.
Layla Miraul ha una cosa in comune con Fatima, l'ospite del rifugio per le donne: raramente esce di casa da sola, e se lo fa è impaurita, e si copre totalmente. In mancanza di una voce politica che parli delle donne e per le donne, a livello locale e nazionale, tutto quello che Layla e Fatima possono fare è attendere.Per maggiori informazioni:
- Leaders Say Vote Decides Equality for Iraqi Women:
www.womensenews.org/article.cfm/dyn/aid/2166/
- Women in Iraq Seize Political Opportunities:
www.womensenews.org/article.cfm/dyn/aid/1898/
- Iraqi Women Realize New Rights Amid Security Concerns:
www.womensenews.org/article.cfm/dyn/aid/1775/