RICORDATE MUKHATAR MAI?
DOPO AVER SUBITO UNO STUPRO DI GRUPPO PER ORDINE DEGLI ANZIANI DEL SUO VILLAGGIO IN PAKISTAN, LA GIOVANE DONNA SCONVOLSE IL PAESE PORTANDO IL SUO CASO DAVANTI AI TRIBUNALI. LE PERSECUZIONI NON SONO FINITE


Settembre 2005. Di Maria G. Di Rienzo

 

Ricordate Mukhatar Mai?
Dopo aver subito uno stupro di gruppo per ordine degli anziani del suo villaggio in Pakistan, la giovane donna sconvolse il paese portando il suo caso davanti ai tribunali. Le persecuzioni non sono finite.
Settembre 2005. Di Maria G. Di RienzoForse ricordate Mukhtar Mai, un'insegnante pakistana che ha ora 30 anni. Dopo aver subito uno stupro di gruppo per ordine degli anziani del villaggio di Meeranwalla, nel Punjab, la giovane donna sconvolse il paese portando il suo caso davanti ai tribunali. Le persecuzioni subite da Mukhtar Mai non sono finite.
Nel pomeriggio del 14 giugno u.s, la donna ha annunciato durante una conferenza stampa a Islamabad che il suo viaggio all'estero, da tempo pianificato, veniva sospeso a causa dei problemi di salute della madre.
Naturalmente nessuno le ha creduto: i giornalisti presenti sapevano bene che la presentazione all'estero del Centro antiviolenza messo in piedi da Mukhtar dopo lo stupro sarebbe stata molto imbarazzante per il governo di Pervez Musharraf. Durante gli ultimi sette mesi, secondo i dati forniti dalla Commissione Indipendente per i Diritti Umani del Pakistan, 151 donne hanno subito stupri di gruppo e 176 sono state uccise per motivi "d'onore".
La narrazione delle esperienze di Mai fuori dal paese avrebbe messo sotto i riflettori internazionali le brutali violazioni che le donne subiscono in Pakistan.
Tre anni fa, in giugno, 14 uomini della tribù Mastoi stuprarono volontariamente Mai come punizione diretta al suo fratellino dodicenne, Abdul Shakoor, che era stato visto passeggiare assieme ad una ragazzina Mastoi. La decisione fu presa dal tribunale del villaggio (jirga, o consiglio degli anziani) per preservare l'onore della tribù. Mukhtar fu convocata davanti a questa corte, dove tentò di scusare il fratello, ma la violenza carnale nei suoi confronti era già stata decisa. Dopo la sua consumazione, Mukhtar Mai fu condotta in parata, nuda, sotto gli occhi di centinaia di persone. Alla fine, a suo padre fu concesso coprirla in qualche modo con uno scialle e di portarla a casa. Successivamente girò la notizia che la giovane donna si fosse suicidata bevendo del pesticida; nessuno l'avrebbe biasimata, se lo avesse fatto davvero, perché era quanto
ci si aspettava da lei.
Ma Mukhtar Mai, nubile ed appartenente ad una famiglia di bassa casta, non mostrò sottomissione e chiese giustizia. La metà dei suoi stupratori sono stati dapprima processati e condannati, poi il vento ha cominciato a girare: il 10 giugno scorso, il tribunale di Lahore ha rifiutato di estendere la mite sentenza di 90 giorni di detenzione a 12 dei 14 imputati, che sono a piede libero. Il caso è andato in appello. Tutto quello che gli altri due aggressori di Mai devono fare è pagare una cauzione di 600 sterline, e saranno liberi anch'essi.
Pare che il problema sia "l'evidenza" dei fatti, anche se ci sono 150 testimoni che possono essere chiamati in tribunale a raccontare ciò che hanno visto. Nel villaggio dove Mai vive, le case degli stupratori stanno proprio di fronte alla sua: può guardarli in
faccia ogni giorno, e mentre i suoi tormentatori sono in libertà, alla giovane che è diventata un simbolo del coraggio e dei diritti umani delle donne in Pakistan viene impedito di lasciare il paese.
Con il denaro offertole in prima istanza dal tribunale, quale compensazione, Mukhtar ha
aperto due scuole nel villaggio, iscrivendovi alcuni dei figli dei suoi stupratori, per mostrare che non voleva vendetta, ma giustizia. Grazie alle donazioni che le sono giunte dall‚estero, ha poi aperto un Centro antiviolenza per le donne vittime di abusi, e comperato un furgone che funge da ambulanza per tutta la zona.
La prima tappa del suo viaggio sarebbero stati gli USA, ma la prospettiva di Mukhtar Mai che riceveva applausi in auditorium stranieri ha sconvolto i politici di Islamabad. La
visita negli USA era programmata per sabato; giovedì Mai è stata confinata agli arresti domiciliari. Quando ha tentato di uscire, la polizia le ha puntato contro i fucili. Tre donne poliziotto si sono installate nella sua casa, seguendola anche nel gabinetto. Dopo che aveva rilasciato due interviste telefoniche, la polizia le tolto la linea.
Il nome di Mai, si è scoperto, sta su una lista nera che è normalmente riservata agli estremisti politici e che si chiama "Exit Control List". Gli aeroporti sono stati
messi sull'avviso di non permettere a Mukhtar Mai di salire su qualunque aereo.
Inoltre, mentre era agli arresti, venerdì il tribunale ha lasciato andare i suoi aggressori; normalmente, i tribunali pakistani non lavorano di venerdì e la loro azione sa di calcolata intimidazione nei confronti della donna. L'ultima richiesta, in ordine di tempo, di tenere Mai nel paese viene addirittura dall'Ambasciatore pakistano a Washington, Jahangir Karamat. Lunedì notte la donna è stata portata dalla polizia alla capitale, dove è stata costretta a firmare documenti per riottenere il passaporto dall'Ambasciata statunitense che avrebbe dovuto vistarlo. Alle richieste su perché viene trattata in questo modo si è risposto che è "per la sua protezione".
Ora Mukhtar Mai ha saputo che il Presidente Musharraf ha detto di essere personalmente "molto arrabbiato" con lei, e che c'è quindi la possibilità che il governo la faccia "sparire". Non c'è da stupirsi che abbia dichiarato di non intraprendere più il viaggio all'estero di propria volontà, a causa dei problemi di salute della madre; quest'ultima,
raggiunta dalle attiviste per i diritti delle donne, è apparsa terrorizzata quanto la figlia.
Ne' c'è da stupirsi che Mai sia imbarazzante per il Generale Musharraf, che spaccia se stesso quale leader moderno, oppositore degli estremismi e propugnatore di un Islam "illuminato". La sua reazione, di fronte al caso di Mai, è stata in primo luogo la soppressione di ogni informazione al proposito tramite la pressione sugli editori dei media pakistani. Ha minacciato una reporter dicendole che l'avrebbe schiaffeggiata di persona per aver pubblicato i dettagli della vicenda di Mai su un magazine internazionale. Purtroppo per lui, la giornalista è Asma Jahangir, attivista per i diritti umani delle donne e speciale rappresentante ONU in Pakistan per i diritti umani.
Musharraf ha cominciato presto ad opporsi ai diritti delle donne, quest'anno. Notevole il caso, ad esempio, di una tribù del Baluchistan che si è rivoltata dopo che un capitano dell'esercito aveva stuprato la dottoressa che lavorava da loro per la compagnia statale del gas, alle installazioni nel deserto. Il locale capo tribale ha insistito perché il
capitano potesse provare la propria innocenza camminando sui carboni ardenti, ma al di là di questa richiesta inaccettabile l'uomo non è stato portato in giudizio da nessuna parte. La sua famiglia ha connessioni potenti nell'esercito e il Presidente Musharraf ha pubblicamente dichiarato che il capitano, per quanto lui ne sa, è innocente. Le autorità hanno incoraggiato la dottoressa a lasciare il paese: una scelta che Mai, insegnante di villaggio, non ha.
Il partito di governo bolla come "non patriottici" i sostenitori di Mai ed il Ministro dell'Interno ha dichiarato che: "Le persone che lavorano per le ONG sono disposte a dire qualsiasi cosa dopo un bicchiere di whisky a cena, e divorano la gente innocente come avvoltoi."
E' difficile giustificare punizioni medievali e violazioni estreme dei diritti umani davanti all'opinione pubblica internazionale; se il Pakistan non conserva l'immagine di paradiso dell'Islam moderato potrebbero soffrirne gli investimenti dall'estero, e di conseguenza i conti in banca degli uomini al governo e degli investitori stranieri. Perciò Mukhtar Mai, simbolo allo stesso tempo della vittimizzazione, della forza e della
resistenza delle donne pakistane non deve andare a raccontare la sua storia
fuori dal paese. Perciò ve l'ho raccontata io.