STRATEGIE DEL MOVIMENTO DI DONNE
INTERVISTA AD ASMA JEHANGIR, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PER I DIRITTI UMANI DEL PAKISTAN


Settembre 2005. Di Eman Ahmed, trad. M.G. Di Rienzo

 

EA: Com'è cambiata la situazione, negli ultimi anni, rispetto ai diritti umani delle donne in Pakistan, e cosa ha contribuito al cambiamento?

AJ: Se per "ultimi anni" intendi gli ultimi decenni c'è stato un cambiamento enorme. L'intera percezione della questione è passata dalla protezione al diritto. Precedentemente, si pensava che le donne avessero necessità di essere protette. Persino i rapporti della Commissione delle Donne parlavano solo in termini di divisione del lavoro tra uomini e donne.
Naturalmente, in questo scenario le donne occupavano una posizione secondaria e la preoccupazione verteva sul dare a tale posizione un ritorno monetario.
Negli anni '80 un approccio più basato sui diritti si è manifestato, ma non è andato abbastanza in profondità. Quando parliamo di come la situazione è cambiata, parliamo del fatto che le donne sono divenute più consce dei loro diritti, si avvalgono di più opportunità qualora esse vengano loro presentate, si affermano in campi diversi, come la politica e l'economia.
Ma se si esamina l'unità base della famiglia, dove la discriminazione comincia (e in tale discriminazione le donne restano impantanate tutta la vita), ben poco è cambiato, e nemmeno sulla carta. Ci sono stati degli avanzamenti minori, tuttavia, e sono dovuti primariamente al fatto che più donne sono entrate nella professione legale e, più importante ancora, che più donne hanno deciso di rischiare il contenzioso legale. Un'avvocata può esaminare le leggi da una prospettiva di genere, ma ha comunque bisogno di una cliente che voglia venire alla luce, assumersi i rischi legali, e non soccomba alle pressioni ed ai compromessi lungo la strada. Molti degli avanzamenti di cui parlo sono avvenuti proprio tramite casi giudiziari, una situazione in cui le donne coinvolte hanno sofferto parecchio. A volte, neppure sostenute dalle loro famiglie, hanno dovuto attraversare lunghi periodi di incertezza, durante i quali venivano diffamate come donne immorali che infrangevano norme sociali. E' stato un cammino difficile per queste donne, e vi è davvero bisogno di celebrare il loro coraggio.

EA: Ti senti di prevedere ulteriori cambiamenti nei prossimi cinque anni?

AJ: Sì, certamente. Quando la palla inizia a rotolare è difficile che si fermi, e le donne cominciano non solo a rivendicare i loro diritti ma a riunirsi in collettivi, dove il pensiero si elabora e strategie vengono pianificate. Tuttavia, poiché questi gruppi sono organizzati attorno al lavoro produttivo o ai servizi necessitano di essere coinvolti in attività che consentano loro di continuare ad esistere. Il che è una minaccia alla loro sopravvivenza: per esempio, le organizzazioni di donne non possono continuare a gestire scuole di cucito a macchina, quando il cucire a macchina è diventato sovrabbondante. Inoltre, le risorse disponibili per questi collettivi si stanno restringendo, il che genera competizione fra loro: solo i gruppi che mostrano risultati ottengono sostegno.

EA: Che strategie stanno usando le donne in Pakistan nei loro sforzi verso l'eguaglianza e i diritti umani per le donne? Cosa ha funzionato, e cosa no?

AJ: Le donne ne hanno messe in campo svariatissime, quello che manca in Pakistan è una società civile che le sostenga. Non c'è mai stata una visione d'insieme, che mettesse sul tappeto gli attrezzi, i meccanismi e i mezzi da adottare. Perciò ogni gruppo ha preso una strada differente. Ci sono coloro che hanno tentato di lottare per inserire i diritti delle donne nelle norme religiose. Ci sono coloro che hanno tentato di ottenere avanzamenti nella cornice dei diritti umani. E c'è chi non sta parlando di eguaglianza, ma di equità: la loro argomentazione è che il chiedere la nuda eguaglianza, in un momento in cui le donne sono distantissime dagli uomini sul piano economico, sarebbe svantaggioso per numerose donne. Altre sostengono che la capacità economica può avvenire solo se il concetto di eguaglianza si afferma. Diciamo che è il classico dibattito "viene prima l'uovo o la gallina".
I cambiamenti più significativi sono avvenuti quando il successo non dipendeva solo dai meccanismi governativi. Sebbene numerosi avanzamenti per le donne si siano dati nei tribunali, se fosse dipeso solo dai tribunali non sarebbero mai avvenuti. Ci sono state continue campagne per sostenere i casi che poi hanno vinto. Per esempio, il fatto che una donna potesse sposarsi contro la volontà dei suoi genitori fu sostenuto da una campagna molto dinamica, sui media e sulle strade. L'istanza venne dibattuta praticamente in ogni casa, e la campagna risultò vincente. Alla fine, andare contro la volontà delle donne era altrettanto difficile, per i tribunali, che andare contro la volontà degli Ulema.
Prima, le donne non potevano neppure mettere a confronto la loro forza con quella della lobby religiosa. Ma in questo caso avevano un'agenda comune e uno scopo unico: affermare i loro diritti. La lobby religiosa, dall'altro lato, aveva un'agenda più diversificata e la loro concentrazione sull'istanza ha avuto vita breve. Gli è seccato, li ha punti, ma dovevano muoversi anche verso altre cose. Le donne invece sono rimaste concentrate sulla faccenda, per il semplice motivo che stavano lottando per sopravvivere.
Le campagne non funzionano, invece, quando le donne dipendono completamente dalla decisione della macchina statale. E' stato il caso della campagna per avere una legge contro i delitti d'onore. Prima della stesura di quest'ultima, la campagna contro i delitti d'onore veniva portata avanti autonomamente dalle ong e stava diventando un grosso soggetto di dibattito
in Pakistan. Poiché otteneva enorme attenzione, alcuni gruppi della società civile entrarono nella campagna e formarono un'alleanza con il governo per stilare la legge. Purtroppo la maggior parte di quelli che furono coinvolti nella stesura della legge non erano avvocate o avvocati e non avevano neppure un'infarinatura in merito. Un grosso errore, perché dalla legge è stato lasciato fuori così tanto che praticamente nulla è stato riformato, e la legge non fa che prolungare l'agonia delle donne. Ma la campagna si dissolse così, nella trionfante e falsa credenza di aver fatto una riforma.
Io credo che le ong debbano fare ciò di cui sono competenti. Un'avvocata può dare dei suggerimenti su un piano economico, ma non può disegnarlo tutto da sola.
Le strategie inoltre faticano a funzionare quando non vi sono meccanismi di efficacia e indipendenza nei poteri dello stato. Meno il potere giudiziario è indipendente, meno tu hai successo; meno il parlamento è sovrano, meno tu hai successo; e meno i partiti politici fanno il loro lavoro (e più si preoccupano esclusivamente della propria sopravvivenza), meno tu hai successo. Se ciò che riesci a raggiungere sono una manciata di ong, che non hanno agganci nella popolazione, l'opinione pubblica non ha modo di formarsi. Perciò devi collaborare con la società civile, l'associazione dei giornalisti, quella dei commercianti e anche con i politici. C'è un legame molto stretto fra i diritti umani e lo sviluppo democratico. Non si ha vera libertà d'espressione o vera indipendenza del sistema giudiziario senza democrazia.

EA: Come possono formarsi legami significativi fra meccanismi e tecniche a livello locale, nazionale e regionale? E quanto importante è stabilirli?

AJ: Questa è una questione davvero importante. Io credo che il movimento delle donne pakistane sia stato abilissimo nel fare precisamente ciò che hai detto. E se non avessero formato tali legami, specialmente durante il regime di Zia-ul-Haq, non sarebbero arrivate da nessuna parte. Sarebbero state soffocate in una battitura domestica, e nessuno ne avrebbe sentito parlare. Ciò che accadeva alle donne in Pakistan non ottenne attenzione fino a che la BBC, Amnesty International e Human Rights Watch non lo riportarono pubblicamente: il fatto che fosse sotto gli occhi del mondo influenzò i decisori pakistani.
Per il Pakistan, stabilire legami regionali è stato estremamente importante per numerose ragioni, e vorrei elaborarne un paio. La prima è che stavamo perdendo le nostre naturali alleanze e somiglianze sociali e culturali. La nostra società è stata "arabizzata". E quando ad una società accade questo c'è qualcosa di artificiale in essa, ma dall'interno non riesci a dire cosa sia. Le persone cominciano a perdere le proprie culture indigene e le rimpiazzano con elementi di altre culture, senza neppure sapere cosa stanno facendo. Il Pakistan ha legami culturali con l'India, l'Iran e l'Afganistan. Questi sono paesi con cui confiniamo e con cui abbiamo somiglianze etniche e culturali: abbiamo cominciato a sottolineare tali legami, a "riportarli a casa", e l'arabizzazione del Pakistan si è un po' diluita.
Ti faccio un esempio. Recentemente ho visto un programma sulla CNN in cui si mostrava una madrassa (scuola religiosa) in Pakistan, e le donne se ne stavano sedute là indossando veli bianchi (hijab) che lasciavano scoperti solo i loro occhi. Ora, questa non è cultura pakistana. C'è qualcuno in grado di mostrarmi una fotografia degli anni '70, '60, '50, '40 o ancora prima, dove si vedano scuole di questo tipo con le donne velate negli hijab? Questa non è la nostra cultura, ma è stata dipinta come tale, ed ora è diventata accettabile per quanto ci sia estranea. Assieme ai veli si porta un pensiero politico, un'ideologia, e si manipolano le persone.
Questa è un'altra ragione importante per avere legami regionali e tenersi informate e coinvolte l'un l'altra. Sembra che ogni paese nella nostra regione voglia competere per i record negativi, anziché per quelli positivi. Perciò se le Maldive possono bandire le persone che professano una religione diversa dall'Islam, presto qui in Pakistan ci faranno l'esempio delle Maldive. Così come alla gente del Nepal viene portato l'esempio del Pakistan: se l'esercito può comandare in Pakistan, perché non può comandare in Nepal? Dobbiamo fare in modo che le persone di paesi differenti si alleino, di modo che vi sia un comune sentire rispetto alla strada che vogliamo prendere. Persino in termini di sviluppo legale, se prendiamo i precedenti altrove essi possono essere molto utili qui. Se c'è un miglioramento in India, usiamolo in Pakistan; se c'è un miglioramento qui, che lo si usi in Bangladesh. E dovremmo anche imparare le buone pratiche gli uni dagli altri.

EA: Come si può rendere i governi e i decisori privati responsabili delle loro azioni?

AJ: Gli attivisti per i diritti umani a livello internazionale stanno guardando sempre di più agli attori non statali, in particolar modo per quanto riguarda la negazione della libertà religiosa e la violenza contro le donne. Quest'ultima viene perpetuata, per la maggior parte, da soggetti non statali. Ma poiché gli stati sono obbligati ad assicurarsi che i violenti non godano di impunità è molto importante farli discutere di questo. Lo stato di per sé può non attuare politiche discriminatorie verso le donne, ma se è a conoscenza che non vi è eguaglianza per le donne a livello culturale o sociale, deve prendere quelle che chiamiamo "azioni affermative". Questo vale anche per l'esercizio della libertà religiosa, i diritti dei bambini e dei popoli indigeni, e delle minoranze sessuali. Ci sono stati casi in cui membri di forze dell'ordine hanno minacciato e torturato persone a causa dell'orientamento sessuale di queste ultime, ma c'è anche una sorta di discriminazione sociale in cui un governo può non essere direttamente coinvolto pur tollerandola con l'inazione. Perciò, se uno stato tollera un abuso, esso va considerato responsabile, poiché l'abuso si collega alle sue attitudini.

EA: Che attrezzi o risorse sarebbero più utili alle donne in Pakistan per tradurre i "diritti umani sulla carta" in cambiamenti positivi e tangibili nelle vite delle donne?

AJ: Penso che le donne dovrebbero elaborare un proprio progetto su come vogliono muoversi per rendere i diritti umani "cartacei" più concreti. Se con attrezzi intendi i vari modi in cui possono arrivare a questo, un sistema è di certo la stampa. Più persone che credano nei diritti delle donne e nei diritti umani devono essere coltivate nella stampa. Metà della lotta la si vince o la si perde nei media.
I media elettronici sono anche estremamente importanti, oggi, non solo in Pakistan ma nel mondo intero. Le donne devono avere molto chiaro che bisogna usare questi sistemi. E' vero che larga parte dei nostri paesi non hanno molta tecnologia e perciò non possiamo affidarci solo ai metodi moderni, possiamo usarli assieme ad altri attrezzi. La cultura è un modo
efficace, ad esempio, per promuovere i diritti delle donne. Noi abbiamo sperimentato che il teatro di strada ha portato intere comunità a discutere e riflettere. E' una sfortuna che in Pakistan non abbiamo una grande tradizione per il cinema o il teatro. Molti film prodotti in India sui diritti umani delle donne sono assai popolari nei Centri che abbiamo a Lahore. Le persone vengono ai Centri proprio per vederli e discuterne. Le emozioni e i sentimenti formano un linguaggio assai efficace.
Un sistema che le donne non hanno ancora usato nel nostro paese, ed io penso che sia un errore, è l'interagire con i giovani nelle istituzioni scolastiche. Abbiamo lavorato con i sindacati, e persino aperto strade nei settori più alti della società, ma non con la giovane generazione, gli studenti, che sono circa il 40% della popolazione. Abbiamo anche bisogno di coinvolgere le professioniste, nell'industria, nella medicina, nel cinema: possono essere importanti portavoce delle cause delle donne. C'è moltissimo che le ong delle donne e per i diritti umani possono fare in Pakistan. Se ad esempio senti le radio FM ti accorgi che la maggior parte di esse propaga fondamentalismo religioso. Dobbiamo contrastare questa tendenza, ed usare la radio come uno dei nostri attrezzi. Un buon numero di donne sta tentando di promuovere una cultura dei diritti umani e dei diritti delle donne tramite l'insegnamento religioso e le diverse interpretazioni della religione. Non so dirti quanto successo abbiano avuto fino ad ora, ma è comunque un'altra strategia che la gente sta usando.
Francamente, se vi sono diritti per le donne "sulla carta", poi coloro che vengono vittimizzate li usano eccome. I risultati che abbiamo ottenuto rispetto al diritto di famiglia, per esempio, le donne li usano. Anche rispetto alla rappresentanza elettorale, dovunque ne venga data l'opportunità le donne partecipano. Perciò penso che anche i "diritti sulla carta" abbiano prodotto cambiamenti tangibili nelle vite delle donne.
Attraverso gli anni, vedi, ogni qualvolta il nostro sistema legale è diventato un po' più indipendente (non completamente, ma di più), noi abbiamo avuto più sentenze progressiste dai tribunali. In ognuno di questi periodi si possono trovare precedenti positivi, in cui le donne hanno colto le opportunità ed ottenuto risultati concreti. Uno dei cambiamenti di cui abbiamo bisogno riguarda le leggi sul lavoro. Fino ad ora, non abbiamo ottenuto molto in questo campo. Ma questo è un periodo in cui i sindacati sono banditi, e senza libertà di associazione diventa più difficile ottenere diritti umani.