PER IL BENE DELLE MUCCHE
MATRIMONI FORZATI PER LE BAMBINE AFRICANE


Dicembre 2005. Di Sharon LaFraniere, The New York Times del 27.11.2005.Trad. M.G. Di Rienzo




Chikutu, Malawi. I problemi di Mapendo Simbeye cominciarono presto lo scorso anno, quando le colline spoglie sul confine a nord fra la Tanzania ed il Malawi non risposero ai suoi tentativi di coltivarle. Perciò, per dar da mangiare alla moglie ed ai cinque figli, racconta, andò dal suo vicino Anderson Kalabo, e gli chiese un prestito. Il sig. Kalabo gli diede 2.000 kwacha (circa 16 dollari). La famiglia avrebbe mangiato. Ma ora sorgeva un altro problema: come poteva il sig. Simbeye, agricoltore senza un soldo, ripagare il debito? La risposta può apparire sconcertante, ma nell'Africa sub sahariana rurale e patriarcale si tratta di un‚usanza comune. Il sig. Simbeye mandò la propria figlia undicenne, Mwaka, un bimba timida che frequentava il primo anno di scuola, a casa del vicino, dove la bambina divenne la serva della prima moglie del sig. Kalabo e, come essa stessa racconta, la sua nuova compagna di letto. Ora dodicenne, Mwaka dice che i suoi genitori non le avevano spiegato che sarebbe diventata la seconda moglie del vicino. "Mi dissero che avrei dovuto cacciare gli uccelli dal campo di riso", mormora con gli occhi fissi a terra, "Non sapevo niente del matrimonio".
Mwaka fuggì. Sei mesi dopo la fuga, i genitori la ripresero in casa. Numerose bambine come Mwaka sono costrette a fare un salto dall'infanzia al matrimonio su ordine dei loro padri, e molto spesso quest'ordine arriva anni prima che esse raggiungano la pubertà. Le conseguenze di tali matrimoni forzati sono strazianti: un'adolescenza non vissuta, frequenza scolastica interrotta per sempre, gravidanze precoci e parti difficili, età
adulta condannata alla sottomissione. La lista include il rischio di contagio da Hiv, ad un'età in cui le ragazzine non comprendono cosa l'Aids comporti.
Sempre di più educatori, insegnanti, personale sanitario ed anche legislatori cercano di scoraggiare o proibire tali matrimoni. In Etiopia, per esempio, dove le statistiche mostrano che un terzo delle ragazze si sposano sotto i 15 anni, un'azione è stata intrapresa l'aprile scorso. 56 matrimoni di ragazzine tra i 12 e i 15 anni sono stati annullati, e contro circa metà dei genitori è stato avviato un procedimento legale per averle forzate.
Ma dal Ghana al Kenya allo Zambia, i matrimoni di bambine continuano: l'età media per il matrimonio in questi paesi è fra le più basse del mondo e la percentuale di madri adolescenti la più alta in assoluto. "Si fanno un sacco di chiacchiere", commenta Seodi White, avvocata del Malawi e coordinatrice di un fondo di ricerca sulle donne, "Ma la verità è che la società si interessa ancora esclusivamente al figlio maschio, e vede la
figlia femmina come un oggetto di scambio. Nel nord, bambine di 10 anni vengono date via per il guadagno della famiglia. Dopo di che diventano proprietà dei mariti e sono prive di potere nei villaggi di costoro."
In tali villaggi le bimbe vengono fatte sposare prima della pubertà, a discrezione dei loro padri, a volte con uomini che possono avere anche cinquant'anni più di loro. Uness Nyambi, del villaggio di Wiliro, dice che è stata promessa quando era ancora infante, di modo che i suoi genitori potessero finanziare suo fratello che doveva scegliersi una sposa. Oggi ha 17 anni, due figli il cui maggiore ne ha circa cinque, e un marito di 70
anni. "E‚ solo per via di questi due bambini che non posso lasciarlo", dice.
Beatrice Kitamula, 19enne, fu costretta a sposare il benestante vicino cinque anni orsono, perché suo padre era in debito di una mucca con un altro uomo. Oggi suo marito ha 63 anni. "Io sono stata la vittima per il sacrificio", dice Beatrice ingoiando le lacrime. Paragona la casa del marito ad un penitenziario. "Quando sei in prigione", mi spiega, "non hai diritti".
Lyson Morenga, un vedovo, raccolse il denaro per risposarsi due anni fa dando via la figlia Rachel, di 12 anni, ad un conoscente cinquantenne, avendone in cambio un toro. Il sig. Morenga consegnò il toro alla famiglia della nuova moglie, quale parziale pagamento. Pagherà il resto del prezzo, ha promesso, quando darà via la sorella minore di Rachel.
I funzionari governativi del Malawi dicono che si stanno sforzando per proteggere le ragazzine come Rachel. In Parlamento si sta dibattendo una legge che porterà a 18 anni l'età minima per contrarre matrimonio. Le attiviste per i diritti delle donne danno il benvenuto a questa proposta, ma aggiungono che i suoi effetti saranno limitati, perché moltissimi matrimoni non vengono stipulati secondo la legge civile, ma secondo i costumi tradizionali. Il governo ha formato circa 230 volontari, lo scorso anno, sui modi per proteggere i minori, in special modo le bambine. A cercare di intervenire ci sono anche i volontari della Commissione per i diritti umani del Malawi, i lavoratori cattolici e le unità di polizia addestrate allo scopo. Nel villaggio diIponga, Mbohesha Mbisa evitò di
essere sposata per forza, a 13 anni, a suo zio camminando per mezzo miglio sino alla locale stazione di polizia. Gli ufficiali persuasero suo padre ad abbandonare il progetto di farle rimpiazzare come moglie e madre la zia deceduta. "Ero molto spaventata", narra Mbohesha, che oggi frequenta le scuole medie, "Ma volevo proteggere me stessa."
Pure, in questa regione la povertà cresce, peggiorata dall'Aids e dalla recente siccità, e ciò aumenta per le ragazzine il pericolo di essere sposate per forza. "La pratica esiste da parecchio tempo, ma ora le cose stanno peggiorando, perché c'è disperazione, dice Penston Kilembe, direttore dei servizi sociali del Malawi. "In particolare, nelle comunità che sono state colpite dalla carestia, le famiglie non ce la fanno a sostenersi economicamente, e vendono le loro bambine a case più ricche."
"I risultati che avevamo ottenuto rispetto ai matrimoni precoci li abbiamo perduti", conferma Andrina Mchiela, prima segretaria al Ministero del Genere.
Le attiviste per i diritti delle donne vorrebbero abolire il pagamento per il matrimonio, detto "lobolo", perché sostengono che esso crea un incentivo per i genitori nel forzare le figlie a sposarsi. Nella sua forma più benigna, il lobolo è un segno di apprezzamento dato dalla famiglia dello sposo a quello della sposa. Nella sua forma più maligna, trasforma le ragazze nell'equivalente umano del bestiame. Nella maggior parte del Malawi, le negoziazioni sul lobolo sono discussioni tenute esclusivamente fra maschi, e vanno dalle rateizzazioni all'occasionale risarcimento per la moglie fuggita.
Jimmy Mwanyongo, 45enne capo del villaggio di Karonga, mi spiega il matrimonio di sua figlia Edah come una qualsiasi altra transazione commerciale. Molti anni fa, racconta seduto su un materasso di paglia, promise al vicino Simfukwe di curarsi di due mucche. Ma poi le vendette per pagare gli studi al suo figlio adottivo. Quando il vicino, nel 2002, restò vedovo, il sig. Mwanyongo si sentì in dovere di offrirgli la figlia. "Avevo
venduto le due mucche. Non avevo scelta". La figlia Edah aveva 17 anni, e una bellezza in cui spiccavano gli occhi da cerbiatta. Pur avendo un figlio illegittimo, raccontano parenti e vicini, aveva uno stuolo di corteggiatori. Il sig. Simfukwe aveva 63 anni, 9 figli adulti ed uno stuolo di nipoti. Dice che considerava Edah un po' giovane, per lui: "Tuttavia, suo padre aveva deciso che sebbene fossi anziano, ero la persona giusta. Credo fosse un riconoscimento al mio carattere. Edah non è stata forzata. Non le ho legato una corda attorno al collo per portarla via." Edah replica che suo padre ha fatto tutto tranne questo. Per nove mesi, racconta, si oppose alla decisione del padre e venne continuamente cacciata di casa. "Pensavo che sarei morta di dolore. Mio padre si rifiutava di lasciarmi mangiare, mi rincorreva per tutte le stanze. Diceva: Va‚ a
trovarti un posto dove dormire! Va‚ da tuo marito! Se non vuoi andare là, ti frusterò sino a farti morire!"
La madre di Edah, Tabu Harawa, spalleggiò la figlia, ma senza risultato: "Gli dissi che era come se la stesse uccidendo. E' stata una vergogna. Se succede di nuovo, divorzierò da lui". Ora Edah ha vent'anni, una nuova bimba di 11 mesi ed è consumata dalla paura del futuro. "Mio marito è vecchio. Potrebbe morire presto. E' probabile che mi lascerà dopo che avrò avuto altri bambini. E dove andrò allora?" La sua vita, commenta, è libera quanto quella dei buoi pregiati che suo padre aggioga all'aratro. "Sono una schiava".
Alcuni vicini la compiangono. Altri la prendono in giro dicendo che ha sposato suo nonno. Tali reazioni sono un indizio che anche gli africani più tradizionalisti cominciano a non vedere di buon occhio il matrimonio fra ragazzine e uomini anziani per, come dice la madre di Edah, "il bene delle mucche".
Mwaka Simbeye, la ragazzina del villaggio di Chikutu, è stata bene accolta al suo ritorno nella casa dei genitori. Ora frequenta la seconda classe elementare ed è ancora abbastanza piccola per lasciarsi incantare da un semplice gioco a testa o croce. Il suo corpo è ancora quello di una bimba. Dal sig. Kalabo, dice in un sussurro che si ode a stento, "Dovevo fare tutti i lavori di casa. Lavare i piatti, pulire, prendere l'acqua,
raccogliere la legna. Quando la prima moglie non c'era dovevo cucinare". Suo padre, Mapendo Simbeye, che ha ripagato il debito di 16 dollari, dice che l'ha ripresa con sé quando ha saputo che la polizia avrebbe potuto arrestarlo. Aggiunge che l'ha stimata poco: "Mia figlia vale di più di 2.000 kwacha. L'ho fatto per ignoranza. Cinque figli, niente soldi, niente cibo. Perciò ho pensato di vendere mia figlia a Kalabo. Non sapevo di star abusando di lei".
La madre di Mwaka, Tighezge Simkonda, è una versione più anziana della figlia, e non è meno timida. "Mi sono opposta", dice in un mormorio, dando occhiate nervose al marito che chiacchiera poco distante, "Gli ho detto: mia figlia è molto giovane. Ma il controllo lo ha l'uomo. Le figlie sono di proprietà dell'uomo".