MATERIALI DI FORMAZIONE
LA
CGIL DI BOLOGNA E I SERVIZI ALL'INFANZIA
ottobre 2003, dalla CGIL di Bologna
PREMESSA
II nostro territorio è certamente tra i più ricchi di servizi all'infanzia: asili nido innanzitutto, ma anche Centri Gioco, Ludoteche, Biblioteche dedicate ai più piccoli, Centri di aggregazione per genitori, una serie di ulteriori servizi.
Negli ultimi anni si stanno determinando dinamiche demografiche che determinano mescita della domanda e spostamento di una sua parte dalla città al'hinterland. Questa tendenza determina una situazione per cui cresce la domanda a Bologna (più nascite, più propensione alla domanda di servizio da parte delle famiglie, immigrati), e contempo-raneamente cresce anche la domanda rei Comuni limitrofi (più nascite, famiglie giovani che si spostano dalla città, immigrati) l'attuale rete di servizi rischia di non reggere. A Bologna la lista di attesa ha raggiunto quest'anno limiti storici, attestandosi a 600 bambini a inizio anno, successivamente scesi appena sotto i 500).
Nello stesso tempo si è fatto strada e si è consolidato un approccio politico che vede questo particolare settore dei welfare e come troppo costoso e difficilmente sostenibile dai Comuni nelle forme tradizionali. Avvisaglie di questa tendenza le abbiamo avute, non da oggi, anche a Bologna e sul territorio, ma è fuor di dubbio che una spinta decisiva pervenga dalla legislazione nazionale degli ultimi due anni che ha innanzitutto rimesso in discussione il concetto fondamentale di nido come servizio educativo e ha quindi indicato esplicitamente strade che guardano esclusivamente ad un forte intervento del privato, fino alla previsione dei nidi aziendali, per i quali vengono concessi (nella ultima finanziaria) sgravi fiscali sia per l'imprenditore che realizza il nido, sia per la famiglia che iscrive il proprio bambino in tali strutture.Attorno a questa tendenza (e, in qualche misura, prima che venisse fuori in modo concreto) abbiamo già avuto modo dì confrontarci con una serie di possibili alternative al servizio di asilo nido, previste nella stessa legislazione regionale dell'Emilia Romagna e, in taluni casi, già sperimentate precedentemente. Pensiamo al cosiddetto "Anno in famiglia'' (che prevede la concessione di un contributo mensile variabile ire i 300 e i 400 euro, per le famiglie che decidono di tenere il bimbo a casa fino al 1° anno di età utilizzando la legge 1204: a Bologna ne usufruiscono 250 famiglie ed e in attuazione dal 1998); all'Educatrice familiare (una sorta di micro-nido, formato da tre famiglie che mettono a disposizione un alloggio e assumono in solido una educatrice, scelta in uno specifico albo predisposto dal Comune che compartecipa alla spesa: una sperimentazione è in atto a Casalecchio e Sasso, Castelmaggione propone questo servizio da due anni, mentre a Bologna è stato più volte proposto ma sempre con scarsissimi esiti). fino alla Educatrice familiare al proprio domicilio (variante che prevede che sia la stessa educatrice a mettere a disposizione l'alloggio: nessuna sperimentazione, ad oggi). Poi ci sono i nidi in convenzione, quelli cioè del Comune, ma affidati in gestione a cooperative sociali: la situazione è abbastanza diversificata e, per quanto riguarda regole, coordinamento, controllo, varia da Comune a Comune. Va detto che cè anche qualchesituazione molto discutibile, in cui la gestione del nido non è affidata a cooperative sociali, ma ad associazioni (in particolare "Senza il Banco", la cui esperienza era inizialmente limitata a Granarolo, e che sta allargando il suo campo) e volontariato.
QUALCHE DATO DI RIFERIMENTOIl dato di cui disponiamo (non completo, stiamo tentando di costruire una nostra mappatura dei servizi presenti sul territorio), a dice che, sui nidi:
1) a Bologna la copertura della domanda potenziale (rapporto tra posti disponibili e popolazione in età 0-2) è attestata al 27,9%, con 2387 posti su 8.266 bambini in età; le domande effettivamente presentate sono 3.122 (il 37,7% degli aventi potenzialmente diritto; il 2,43% in più dell'anno scorso, il 6,43% in più sul 2000, l'8,07% in più sul 1998). II grado di soddisfazione della domanda espressa è dunque pari al 76,4%; nel 1999, quando c'è stato il cambio di Giunta, la copertura era del 90,9%. Sono gestiti direttamente dal Comune 2.315 posti, mentre 51 sono gestiti da una Cooperativa Sociale, sulla base di un capitolato molto stretto e, a suo tempo, concordato, che impone il coordinamento pedagogico, il controllo sulle diete, le tariffe, i titoli e la formazione delle operatrici...; da quest'anno, 21 posti sono in convenzione presso strutture private, accreditate secondo le disposizioni regionali;
2) sul territorio (dati riferiti a 26 Comuni su 50), la copertura si aggira attorno al 23%, mentre il fenomeno delle liste di attesa è meno pronunciato del capoluogo. Nei Comuni la gestione è quasi dappertutto mista: parte diretta, parte in convenzione. Solo Camugnano può vantare una copertura pari al 100% dei bambini residenti, ma così ci sono posti vuoti;
3) nella Regione Emilia Romagna, la copertura è dei 17,4% sulla popolazione in età, con una grado di soddisfacimento della domanda espressa del 79,2%. In Toscana abbiamo copertura al 10,7% e soddisfacimento al 64,3%; in Umbria rispettivamente 10,6% e 70,2%; nelle Marche 9,7% e 66,9%. Meglio tacere delle altre Regioni, dove spesso il servizio semplicemente non c'è; d'altra parte l'Italia stanzia per la prima infanzia il 3,8% del Pii, contro una media europea dell'8%. Questi dati comparati rendono evidente come a Bologna ci sia la più forte e consolidata strutturazione di servizio, e perciò la più forte propensione alla domanda e il più alto livello di soddisfacimento. Questo dato, certamente positivo, rappresenta una difficoltà in più: c'è molto da perdere.LA POSIZIONE DELLA CAMERA DEL LAVORO DI BOLOGNA
Volendo sintetizzare quello che sta avvenendo, a Bologna in particolare, sull'infanzia, potremmo dire che crescono i posti nido, ma in modo del tutto insufficiente rispetto alla domanda espressa e alla crescita della popolazione in età; si punta soprattutto a creare ulteriori posti non in gestione diretta, che resta viceversa ferma (e si va dalla gestione affidata alle cooperative sociali, alle convenzioni con privati, ai nidi aziendali); si punta ad allargare la tipologia e la quantità di servizi diversi dal nido.
Di fronte a questo, il nostro posizionamento deve essere chiaro e netto:1) occorre una fase di forte investimento pubblico sul servizio nidi, che punti a riportare i dati di copertura assoluta e relativa (posti/popolazione in età-posti/domanda espressa), a livelli tali da evitare il riproporsi di liste di attesa non gestibili con le normali flessibilità organizzative. Questo vuoi dire coprire almeno il 32/33 per cento, e tendere al35 su un fronte; sull'altro attestarsi almeno al 91% dei 1999. Poiché ogni punto di copertura vale all'incirca 80 posti, mancano oggi a Bologna dai 400 ai 650 posti di nido pubblico tradizionale (cioè: gestito direttamente dal Comune);
2) se questo è il dato, occorre un serio investimento strutturale per nuovi nidi e nuove sezioni: è opportuno pensare a strutture modulari, adattabili cioè ad usi anche diversi (esempio: nidi / materne / centri gioco...); occorre altresì programmare un impegno di spesa corrente significativamente crescente, fino a coprire il fabbisogno. Un posto nido pubblico ha oggi un costo lordo di circa 11.000 euro all'anno, che detratta l'entrata tariffaria (la tariffa media attuale è pari a 200 euro circa), resta a carico dei Comune per circa 8.500 euro. Si rende necessario perciò program-mare un costo incrementale compreso fra i 3.400.000 e i 5.500.000 euro, che corrisponde peraltro ad una percentuale compresa fra lo 0,7 e l'1,1% del bilancio corrente complessivo dei Comune di Bologna: un costo compatibile;
3) proprio questo dato sui costi e la convinzione che l'asilo nido sia un servizio educativo importante e non sostituibile per la crescita dei bambini, propone la necessità di. un intervento sulle tariffe (oggi generalmente alte) che renda il servizio più accessibile anche a chi dispone di redditi non alti. Siamo convinti che l'attuale livello tariffario costituisca un elemento improprio e forzoso di autoesclusione dal servizio, sul quale occorre intervenire;
4) l'investimento pubblico sul servizio è il perno fondamentale e insostituibile dei sistema, ma non esclude che si possano definire ulteriori possibilità e offerta di servizi, variamente gestiti. Per la Cgil deve comunque trattarsi di servizi aggiuntivi e integrativi all'asilo nido dei Comune. Servizi quindi che possano integrare l'offerta ampliandone la gamma e la fruibilità, e quindi aggiungersi al servizio base senza proporsi in alcun modo in termini alternativi. Questa posizione è da sempre riferimento per la nostra organizzazione: allorchè si propose di introdurre l'assegno ex 1204 ("Un anno in famiglia') in termini alternativi al posto-nidi lattanti, ci ponemmo in una forte posizione di contrasto ottenendo che l'assegno non comportasse alcuna riduzione nell'offerta di servizio tradizionale; allo stesso modo ci porremo in termini di deciso contrasto sulla proposta dell'Assessore di estendere quel progetto fino ai tre anni ("3 anni in famiglia'), in contraddizione evidente e non sanabile con il concetto di nido come servizio educativo, diritto del bambino innanzitutto a stare con altri bambini della sua stessa età e a poter fruire di una offerta formativa adeguata;
5) nell'ambito dei servizi integrativi e aggiuntivi, manteniamo una seria contrarietà alla riproposizione dei modello di "nidi aziendali" (già peraltro sperimentati e superati qualche anno fa), che rischiano di proporre una modalità di servizio che lega in modo improprio il lavoratore al datore di lavoro; che rischia di isolare i bambini dal contesto sociale in cui cresceranno e costringerli agli stessi ritmi dei genitori; che rischia di tagliare fuori il territorio e i bisogni che esprime e proporsi come una sorta di privilegio per chi può fruirne; che non dà garanzie di continuità né di comune orientamento pedagogico. Noi siamo convinti che sia possibile individuare modalità diverse di partecipazione delle imprese alla spesae al bisogno sociale: ad esempio finanziando l'apertura di nuove sezioni nido sul territorio (fatta salva una riserva di posti), ovvero contrattando la costituzione di un fondo per le politiche sociali territoriali, costituito anche attraverso la partecipazione diretta del sistema imprenditoriale;
6) il nido è un essenziale servizio educativo, prima che assistenziale e contribuisce in modo determinante alla crescita e alla formazione del bambino, offrendo a tutti un piano di pari opportunità. Per questo va strutturato con le massime garanzie di qualità, affidabilità, professionalità, trasparenza: quelle che oggi i cittadini riconoscono al nido comunale. Noi pensiamo che vada avviato un percorso che porti a ricondurre nell'alveo della gestione diretta le situazioni oggi gestite diversamente ovvero che vada definito un impegno preciso e cogente delle Amministrazioni a far sì che le risorse messe a disposizione per le convenzioni e per gli appalti e le regole di capitolato, consentano di ridurre significativa-mente, fino ad azzerarlo, l'attuale gap salariale e normativo che oggi divide i lavoratori della cooperazione sociale da quelli pubblici che svolgono pari funzione. L'accordo fatto a Pianoro, gli impegni da alcuni Comuni, hanno aperto una strada in questa direzione, sulla quale occorre procedere, perché propone una situazione nella quale la concorrenza tra diverse gestioni si giochi solo sulla "qualità ed efficacia" del servizio proposto e non sui minori costi del personale.
Una posizione forte, con tratti di radicalità che ci paiono importanti per ribadire una premessa politica di sostanza. I servizi educativi all' infanzia sono un asse portante dell'intero sistema dei welfare locale e costituiscono un passaggio essenziale per
favorire condizioni di sviluppo e coesione sociale: per il lavoro di uomini e donne, per il sostegno educativo e assistenziale alla famiglia, per il sostegno a percorsi di integrazione interculturale che costituiscono la base indispensabile per qualsiasi ipotesi di evoluzione positiva della nostra comunità sociale ed economica.
Bologna, giugno 2003