NIDI: UN BISOGNO INSODDISFATTO
SENTENZE DI
ILLEGGITTIMITA' DA PARTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUGLI ARTICOLI
DELLA FINANZIARIA, MA LA DEREGULATION AVANZA
gennaio 2005, Di Daniela Muraro, Milano
Il 2 dicembre 2004 è stata depositata in Cassazione la proposta di legge d'iniziativa popolare "zeroseianni" da parte di un gruppo di donne dirigenti DS (Consulta Rodari). Presso una commissione del Senato è in discussione la legge "Nuove norme in materia di servizi socio-educativi per la prima infanzia" dei ministri Maroni e Prestigiacomo, già approvata dalla Camera, ancora il 13/11/03.
Nel frattempo la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo, con sentenza del 28/10/04 n.320, l'art.31 della finanziaria 2003 che prevedeva un fondo per nidi aziendali e micronidi aziendali. L'articolo invalidato si riferisce ad uno stanziamento che in pratica è la continuazione del fondo previsto dall'art.70 della finanziaria precedente e già invalidato dalla Corte Costituzionale.
La Corte Costituzionale contesta la pretesa del Ministero delle politiche sociali di stabilire la destinazione delle risorse ad uno specifico servizio, l'asilo nido aziendale ed il micronido aziendale, perché ciò è compito della Regione e dell'ente locale. E così pure contesta la pretesa assurda del Ministro di gestire questo fondo in prima persona (l'imprenditore si presenta dal Ministro con il suo progetto di asilo nido ).
Ma ben più carica di conseguenze è l'affernazione della Corte Costituzionale che recita "Sulla base di una ricostruzione dell'evoluzione della normativa del settore, la relativa disciplina (del nido) non può che ricadere nell'ambito della materia dell'istruzione". Questa affermazione è un successo delle educatrici, degli amministratori locali, dei genitori che in questi anni hanno lavorato, investito e lottato per il carattere educativo del nido.
Questo era negli obiettivi della proposta di legge di iniziativa popolare "L'asilo nido un diritto delle bambine e dei bambini" presentata in Parlamento nel marzo 1993.
Nonostante questa importante sentenza la deregulation sta affermandosi tra i servizi per la prima infanzia. Gli stanziamenti previsti dagli articoli oggi aboliti sono infatti già stati spesi (vedi Regione Lombardia che sta distribuendo 8.416.356,91 euro per nidi e micronidi aziendali) o sono finiti nel fondo sociale e usati per lo più con gli stessi scopi.
Nidi-famiglia, nidi condominiali, nidi aziendali, agevolati in tutti i modi hanno fatto da apripista al privato-privato che in questi anni ha potuto aprire nidi i cui standard sono decisamente più bassi rispetto al tradizionale nido comunale.
Oggi però il nido-famiglia dopo essere stato agitato per 6-7 anni viene messo un po' in disparte (solo pochissimi nido-famgilia promossi dalla Regione Lombardia hanno superato l'anno di esistenza) avendo comunque nel frattempo ben svolto il compito di petardo fumogeno.
La destra punta ora sul micronido aziendale. Berlusconi: "comporta una spesa infinitesimale, poco spazio che si può trovare in qualunque ufficio." Prestigiacomo: "strutture flessibili da disattivare ove non vi siano più bambini da accudire, strutture in ambienti anche limitati con costi contenuti". Non dicono chi gestisce questi servizi e dove vanno a collocarsi, ma è sufficiente per capire cosa vogliono: fissare per gli asili nido un punto di riferimento, il più basso possibile.
Non è che per la destra ci siano dei confini tra il nido aziendale e il micronido aziendale, i due termini stanno accanto per indicare una direzione di marcia, verso il basso naturalmente. In una grande struttura come un ospedale o una università, infatti, potrebbero esserci le condizioni per un nido come si deve e lì ci sono i lavoratori che nel loro complesso controllano e contrattano. Ma non è questo l'obiettivo dei nostri governanti!
L'obiettivo di questo incessante lavorio mediatico, legislativo e operativo ben supportato dalla grande stampa (Corriere della Sera, Famglia Cristiana, riviste femminili, ecc.) non è per ora lo smantellamento del nido comunale. Prima bisogna, lasciando stare le tagesmutter in Trentino, realizzare per davvero "le soluzioni alternative al tradizionale nido" cioè i nidi privati negli appartamenti, nei negozi, nei garage; bisogna realizzare i micronidi aziendali; finanziare e convincere le scuole materne private ad accudire i bambini più piccoli. Occorre convincere i genitori a rivolgersi a questi servizi dequalificati e anche convincerli che va bene così.
Ma i genitori, provando ad esercitare "il diritto di scegliere tra il privato e il pubblico", continuano a fare domanda al nido comunale e la scelta del privato resta un ripiego.
Per questo la destra ritiene che occorra attaccare il nido comunale nella qualità, fiaccare la tenace resistanza delle educatrici, privatizzare il lavoro del personale ausialiario, affidare i nuovi nidi comunali alle cooperative e far sparire le liste di attesa, bestie nere dell'assessore Simini perché stanno lì a denunciare alla faccia di tutto, il bisogno insoddisfatto di questo servizio.
Dall'anno scorso a Milano c'è il call center e non più l'iscrizione e la graduatoria trasparente presso il nido della propria zona. Tutto è stato centralizzato. Gestito in modo segreto ed arbitrario e la lunga lista d'attesa, miracolosamente, è sparita.Daniela Muraro, Milano