IL PRIMO REPORT DELLA
DELEGAZIONE DI TERRE HOMMES/DONNE IN NERO/ASS. PER LA PACE, COMPOSTA
DA PERSONALE MEDICO E PARAMEDICO PARTITA DALL'ITALIA IL 4 MAGGIO
PER PORTARE AIUTO MEDICO UMANITARIO NEI TERRITORI PALESTINESI
maggio 2002, di Teresa, Elvira
e M.Teresa, Donne in Nero di Roma
TEL AVIV 04/05/02
Siamo arrivate in aereoporto alle 15,45 insieme alla dott.ssa S. Juker che lavora al S. Carlo di Milano e ha gia' avuto esperienze in Mozambico e alla I. P. L. Piga che lavora al 118. Al controllo passaporti , mentre Lucia riusciva a passare indisturbata, per noi iniziavano immediatamente tutte le possibili ed inimmaginabili formalita'. Svolte da parte loro con l'immancabile sorriso, costante ed indecifrabile. Dopo circa un'ora e mezza siamo finalmente fuori e scopriamo che anche Lucia ha incontrato le nostre stesse difficolta'.
C'e' ad attenderci il taxi di T.d.H.
La stradada Tel Aviv a Gerusalemme e' cadenzata da ambo i lati da bandiere israeliane in numero di due per ogni palo della luce, che non erano presenti a Marzo. Lungo le colline invece incombono gli insediamenti sempre piu' numerosi e che si estendono a macchia di leopardo. E' uno spettacolo tremendo.
In albergo c'e' gia' Piera Redaelli di T.d.H. ad aspettarci e sono baci ed abbracci anche con Nidal e Bassam.
Piera ha sposato un palestinese ed e' stata espulsa per 4 anni ed ora le hanno anche distrutto la casa , ma nonostante cio' anche lei sa , come sembra che ormai sappiano anche i palestinesi, che l'unica via d'uscita e' fare appello al dialogo con gli iraeliani piu' sensibili.
Ci sistemiamo nelle stanze e subito andiamo al rinfresco preparato per noie vai con l'Arac. Dopo poco arriva A. Zulfikar, chirurgo olandese, una bella persona. Ha gia' fatto volontariato in Kossovo, Ruanda. Afganistan. La cena araba e' innaffiata dall'ottima birra palestinese e ci viene gentilmente offerta dall'albergo. Durante la cena apprendiamo le finalita' e le attivita' di T.d.H che per la prima volta affronta il problema sanitario. La nostra "missione" e' sostenuta anche da ECHO. Andiamo a dormire con l'ansia e il timore per il giorno dopo.05/05/02
L a mattina veniamo raggiunte da Margot Clark paramedico di Londra, anche lei e' stata volontaria in Kossovo ed ora lavora in servizi d'emergenza.
A Beit Hanina, presso la sede del Medical Relief Center, incontriamo i responsabili sanitari ed amministrativi dell'organizzazione , composta da circa 300 operatori di cui una parte stipendiata e l'altra di volontari. Operano su tutti I territori occupati con particolare attenzione ai villaggi, senza aiuto esterno.Il MRC ha numerosi progetti di cui vi porteremo l'elenco; vi diciamo soltanto che ha bisogno di ortopedici, oculisti, chirurghi e neurochirurghi. Una risposta veramente sconvolgente ci e' stata data quando abbiamo offerto posti letto per feriti con particolari patologie:" ci sono pochissimi feriti in quanto i piu' sono morti perche' e' stato impedito ogni soccorso". Si commenta da sola.
Alla fine del briefing veniamo divisi in due gruppi: il primo va a Nablus, il secondo (Elvira, M. Teresa, Teresa e Margot ) viene inviato a Jenin.
A questo punto ci fermiamo, vi stringiamo forte e ci stringiamo a voi.
A domani se possibile!M.Teresa Floris, Margot Clark Elvira Del Giudice, Teresa Marchetti
Jenin
07/05/2002La strada che ci conduce al villaggio di Zababdeh attraversa una campagna ricca di ulivi, di campi coltivati e sorvolata da tantissimi aironi bianchi. Nel verde spicca il rosso dei melograni, questo paesaggio è in netto contrasto con quello visto nei dintorni di Bethlem, Ramallah e Gerusalemme. Questo dimostra che non è appannaggio esclusivo degli israeliani rendere fertile il deserto! Qui ci sono solo due piccoli insediamenti israeliani. Il villaggio che ci ospita è simile ai tanti paesi del sud del mediterraneo, pieno di bambini con piccole e silenziose stradine, i vecchi seduti sulla porta...povero! Siamo nella casa di Enwer, Fatmih e Roa (piccola bimba di un anno); sono due operatori del M.R.C. e ci accompagnano ai vari briefing per l'organizzazione del lavoro. Sono molto pazienti con il nostro "little english" anzi sono diventati i nostri teachers. Enwer ha perso l'arto inferiore sinistro in seguito ad una ferita infetta nella prima intifada all'età di 15 anni. Vicino abita la madre, Raya, profuga di Haifa dall'età di sette anni: le hanno distrutto la casa e tolto la terra nel 1948: la NABKA.
06/05/2002
La mattina andiamo al MRC di Jenin, lungo la strada frotte di bambine/i che vanno a scuola come in tempo di pace: questa cosa ci colpisce sempre. Ieri sera mentre eravamo a cena improvvisamente abbiamo sentito gli spari dei tanks, era scesa la notte e l'esercito israeliano svolgeva il proprio "compito terroristico". Hanno infatti tre postazioni militari una a circa un km dalla nostra casa. Ci attende il momento più difficile: la visita al campo profughi di Jenin! Ci aggredisce la visione di una distruzione in cui niente è stato risparmiato, i sopravvissuti continuano a restare accanto a ciò che è rimasto della loro casa. Hanno un materasso, una tenda fatta con brandelli di coperta ma nello stesso tempo intorno ricomincia la vita: vengono rimosse le macerie, portati via i detriti, costruiti nuovi muri tutto con il rischio continuo di saltare in aria sulle bombe inesplose. I bambini vanno a scuola in due turni la mattina le femmine e il pomeriggio i maschi. Tre bambini sono morti su bombe lasciate volutamente dall'esercito israeliano. Visitiamo un centro di riabilitazione per bambine/i tutto è allegro e colorato, i piccoli visi sono dipinti con maschere da clowns, ma abbiamo l'impressione che non riescano ad essere allegri, non sono come quelli di Gaza, ci guardano spaventati e non si avvicinano. Teresa dà un pacchetto di caramelle ad una bambina che le è seduta accanto, le tiene strette nella mano senza mangiarle e gliele restituisce quando va via, non riusciamo a capire perché'. Un vecchio ci fa entrare per farci vedere i fori dei proiettili sul soffitto della sua casa, una donna molto anziana profuga di Haifa è stata usata come scudo umano, un uomo ferito è morto senza che nessuno abbia potuto aiutarlo. Andiamo al centro medico posto all'interno del campo e ascoltiamo la testimonianza di Mouyad Salah. Ci dice che sono entrati 5000 soldati, a gruppi facevano saltare le case dando agli abitanti un minuto di tempo per uscirne: molti handicappati non ce l'hanno fatta!
Una volta fatte saltare le case un tank passava sopra le macerie, ne sono state distrutte circa 1000. I morti sarebbero circa 300. Sono stati rinvenuti 52 cadaveri, non si sa quante persone siano rimaste sotto le macerie poiché i bulldozer hanno rimosso i detriti insieme ai corpi. Esisterebbe una fossa comune vicino al campo con circa 20 persone, altri corpi sarebbero stati portati nella valle del Giordano con una ice cream car. Due persone malate sono state fatte uscire nude dalla propria casa con gli abiti in una borsa, subito dopo sono stati uccisi dal fuoco di un tank che successivamente è passato sopra di loro. Lasciamo il campo ammutolite ed incredule, per andare all'ospedale pubblico di Jenin. Ci riceve il Direttore sanitario dr. Mohamad Abogali, è visibilmente scosso e molto contrariato, parla con distacco dedicandoci solo pochi minuti. Ci racconta che l'emergenza assoluta è durata un mese, non avevano acqua né elettricità né cibo. Dovevano sfamare circa 300 persone scappate dal campo: a testa toccavano tre piccoli biscotti ed un cioccolatino al giorno. Dopo 9 giorni l'équipe medica è uscita dall'ospedale sfidando i soldati per andare a comperare del cibo. Ci mostra i bossoli dei proiettili sparati contro il reparto di pediatria.
Ora l'emergenza è soprattutto legata alla mancanza di medicine, quelle offerte dalle case farmaceutiche non sono mai arrivate o sono state distrutte dai soldati israeliani. Ci rendiamo conto dell'amarezza e della rabbia che esprime il volto di quest'uomo e cresce in noi la frustrazione.
Un'ultima visione ci dà la misura dell'ipocrisia dell'occidente. Visitiamo una tendopoli completa di servizi, composta di 64 tende, lontana dal campo che i palestinesi hanno rifiutato: infatti è completamente vuota. Il loro rifiuto nasce dal fatto che ancora una volta viene chiesto loro di lasciare il proprio fazzoletto di terra (fosse pure in un campo pieno di macerie!).Elvira, Margot, Maria Teresa, Teresa
06/05/2002
Il mio primo giorno di lavoro é nel centro clinico dipendente dal Ministry of healt and social welfair. Incontro la dott.ssa Warqa medico internista,ha studiato a Bagdad ed il dott.Ma'moun, medico legale dirigente, ha studiato in Egitto. Essi compongono la commissione medico legale per le invalidità, le inabilità, che si riunisce ogni martedì. In Palestina non hanno una invalidità al lavoro, ne hanno solo una civile.
Iniziamo a visitare, i nostri pazienti sono tanti sia uomini che donne, la gran parte giovani, e le nostre modalità di visita sono; la dott.ssa visita le donne, il dottore gli uomini, solo io "occidentale" visito sia gli uni che gli altri.
La maggioranza dei giovani presenta ferite da arma da fuoco con postumi permanenti gravi. Uno di essi é rimasto ferito in un attacco da parte dei soldati israeliani all'interno del campo e presenta una frattura multipla dell'omero dx, ridotta chirurgicamente. La ferita é infetta, ma mancano i mezzi necessari per le opportune medicazioni e gli antibiotici per la terapia. Si evidenzia già una ipotonia ed ipotrofia muscolare. I casi come il suo sono molti (8 su 27 pazienti visitati) cambiano solo l'organo o l'arto colpito: le gambe, le braccia, gli occhi....ed i rispettivi postumi: lesioni nervose permanenti, perdita del globo oculare, anchilosi delle articolazioni. Ma il danno non e' solo psicofisico, in queste condizioni non possono lavorare e quindi non guadagnano neanche i pochi soldi che riuscivano a guadagnare prima. La vita cosi' diventa impossibile!07/05/2002
Oggi visito nelle case del villaggio di Misilia i bambini con handicap dalla nascita. Due sono cerebropatici con grave distrofia muscolare e notevole ritardo psichico. Le madri sono meravigliose nell'accudire i loro figli, si sostituiscono al personale paramedico che manca. In zona i casi di questo genere sono 5 ogni 100 bambini nati. Al ritorno al MRC c'é un pronto soccorso da fare: un giovane con una bruttissima colica renale. C'é stato però anche un momento molto dolce e commovente in mattinata: l'incontro con i bimbi di un asilo, dove si prodigano due maestre. I bimbi, dapprima spaventati per paura di eventuali interventi medici (prelievi di sangue, vaccinazioni), alla fine sorridono contenti.
Elvira