PER UNA PACE GIUSTA
DUE RICCHISSIMI RESOCONTI DELLA DELEGAZIONE INTERNAZIONALE IN PALESTINA E ISRAELE ORGANIZZATA DA OLTRE 100 ORGANIZZAZIONI RACCOLTE INTORNO ALLA PIATTAFORMA ACTION FOR PEACE. DECISIVO IL RUOLO DEI MOVIMENTI DI DONNE. PROPOSTE E SOLLECITAZIONI DALLE DONNE ISRAELIANE ALLE ITALIANE


gennaio 2002, di Silvia Macchi


Gerusalemme, 28 dicembre 2001
INCONTRO CON LE PACIFISTE E I PACIFISTI ISRAELIANI

Nel pomeriggio, presso l'Hotel New Imperial, nella città vecchia, la delegazioni italiana ha incontrato i pacifisti israeliani. I momenti di dibattito sono stati due: uno incentrato sulle attività di New Profile e della Campagna contro la demolizione delle case; l'altro dedicato essenzialmente ai movimenti delle donne che fanno capo alla Coalizione per una Pace Giusta.
L'incontro con le donne è stato coordinato da Debbie Lermann, donna in nero israeliana, che attualmente lavora presso il Parlamento Europeo in tandem con la palestinese Jihan Anastas.
La Coalizione ha la peculiarità di coinvolgere numerosi gruppi stranieri nelle sue iniziative, come nel caso dell'ultimo venerdì dell'anno quando in oltre 100 città del mondo si manifesta con gli stessi slogans.
La Coalizione è costituita da 9 movimenti di donne israeliane, non tutti rappresentati alla riunione. Sono intervenute in successione esponenti delle Donne in Nero, di Bat Shalom, di Windows e del WILPF (Lega Internazionale delle Donne per la Pace e la Libertà).
L'idea delle Donne in Nero è nata a Gerusalemme, durante la prima Intifada (1988), come dimostrazione di lutto per le morti inutili da entrambe le parti e riprende l'esempio delle Madri di Maggio, in Argentina. Il movimento ha raggiunto rapidamente oltre 30 gruppi locali in Israele. Dopo gli accordi di Oslo(1993) molte hanno lasciato il movimento, ritenendo che non fosse più necessario. Ma uno dei primi nuclei, quello di Tel Aviv, è sempre rimasto attivo, scendendo in piazza tutti i venerdì senza interruzioni. Con la seconda intifada, il movimento sta riprendendo consistenza. Oggi conta 12 gruppi locali, un numero destinato ad aumentare e soprattutto a diversificarsi. Esistono due gruppi locali di palestinesi israeliane, nelle città di Nazareth e Acre, e a Tel Aviv le più giovani hanno formato un gruppo autonomo rispetto a quello originario, introducendo nuove pratiche di disobbedienza civile.
Bat Shalom rappresenta la componente israeliana del Jerusalem Link, mentre la componente palestinese è costituita dal Jerusalem Center for Women. Da entrambe le parti si porta avanti un lavoro parallelo a favore del dialogo e informato da una serie di principi (ripresi in gran parte dalla Coalizione). I fondamentali sono: due stati per due popoli; mettere fine all'occupazione e ristabilire i confini del '67; assumersi la responsabilità dei problemi creati ai palestinesi con la formazione dello stato di Israele (problema dei rifugiati); mettere fine alla politica dei militari e della violenza e dare spazio alla politica delle donne, che devono avere un ruolo attivo nei negoziati di pace. La priorità attuale di Bat Shalom è la richiesta di Protezione Internazionale per il Popolo Palestinese.
Infine Windows è un'organizzazione israelo-palestinese che ha come obiettivo la promozione della conoscenza reciproca come base per la costruzione del dialogo. I campi di attività sono essenzialmente tre: 1) una rivista bimensile per ragazzi (10-14 anni) dove vengono trattati tutti i temi sollecitati dai giovani lettori, dallo sport all'identità nazionale. La collaborazione tra le due parti è assai difficile dopo l'Intifada, ma continua. Il gruppo redazionale sta lavorando ora alla messa a punto di strumenti educativi che possano aiutare genitori e insegnanti ad affrontare con i ragazzi i problemi attuali. 2) Un centro dell'amicizia a Tel Aviv, con programmi culturali di vario tipo, che si prefigge di far conoscere agli israeliani il punto di vista dei palestinesi. Esiste un progetto per la creazione di centri analoghi in campo palestinese, attualmente bloccato per la situazione di conflitto. 3) Attività di aiuto umanitario ai rifugiati (cibo, giochi) e di sostegno ai bambini di famiglie disagiate nella città di Giaffa.
L'esponente del WILPF ha sottolineato l'importanza delle connessioni internazionali che caratterizzano la Lega per il contatto tra le donne israeliane e le donne delle comunità ebraiche nel mondo. Questo tema è stato oggetto di dibattito e c'è stata un'esplicita richiesta di Debbie affinché le donne italiane si facciano promotrici di una possibile relazione tra donne israeliane e donne ebree italiane. Debbie ha sottolineato la rilevanza politica di tale attività poichè il governo Sharon sembra particolarmente sensibile alle pressioni delle comunità ebraiche fuori da Israele.
Sempre da Debbie viene la proposta di creare un momento ad hoc (un seminario) per confrontarsi sulle pratiche delle donne israeliane e delle donne italiane rispetto alla questione israelo-palestinese.

Gerusalemme, 29 dicembre 2001
MISSIONE A NABLUS

Nella giornata del 29 dicembre, la delegazione italiana, composta di oltre 200 persone, si è divisa in tre gruppi con mete e programmi differenti. Una cinquantina di persone sono andate a manifestare al check point tra Ramallah e l'univeristà di Birzeit, insieme agli studenti palestinesi e a pacifisti nordamericani e francesi. Una trentina si è unita alla delgazione belga e si è recata a visitare i luoghi di origine dei rifugiati palestinesi (Haifa ed altri villaggi in territorio israeliano). Il resto della delegazione, con una consistente componente sindacale, si è recata a Nablus insieme ad una cinquantina di francesi e belgi.
Il viaggio di andata, iniziato alle 8 e 30, è durato molto più del previsto perché i pullman sono rimasti fermi più di un'ora al check point di Nablus. Motivo del contendere è stata la presenza di tre ragazzi palestinesi, volontari del PNGO incaricati di accompagnarci. I soldati israeliani, dopo aver controllato il passaporto ad ognuno di noi, proponevano di farci continuare a piedi sulla strada principale mentre i pullman con i tre palestinesi ci avrebbero raggiunto più tardi, attraverso una strada secondaria aperta ai palestinesi. La proposta è sembrata inaccettabile e soprattutto poco credibile. Chi ci assicurava che i palestinesi avrebbero potuto effettivamente raggiungerci, una volta che non erano più tutelati dalla nostra presenza? Davanti al nostro rifiuto e dopo una mezz'ora di ulteriori discussioni, i soldati ci fanno passare tutti, palestinesi compresi.
Arriviamo a Nablus a mezzogiorno e troviamo moltissime persone ad aspettarci: autorità, sindacalisti, famiglie dei martiri, attivisti ed attiviste vecchi e giovani, studenti, ecc. Ci accolgono nella grande sala della sede del sindacato, un edificio recente e ben attrezzato realizzato grazie ai finanziamenti di diverse organizzazioni sindacali europee. Sul palco si succedono velocemente alcuni rappresentati delle società civile palestinese e il governatore di Nablus. Quindi ci viene chiesto di raggiungere l'università per unirci ad una manifestazione degli studenti contro alcune postazioni militari israeliane vicinissime alle case palestinesi. Una volta sul posto, ci rendiamo conto dell'incredibile situazione di vessazione cui sono sottoposti gli abitanti di Nablus.
La cosiddetta "strada secondaria", unico accesso alla città aperto ai palestinesi, è un viottolo sterrato che scende piuttosto ripidamente dalla cima di una delle montagne che circondano la vallata in cui sorge Nablus. Chi vuole uscire, quindi, deve salire in auto in cima alla montagna, poi discendere il viottolo a piedi per circa 500 metri, fino a raggiungere un'altra auto o un autobus. Alcuni asini vengono utlizzati per i bagagli più pesanti, ma in genere pacchi e bambini vengono portati a forza di braccia. Ma questo ancora è quasi normale per chi vive nei territori. La cosa veramente spaventosa sono i carrarmati che sostano su un pianoro che sovrasta il viottolo. Di là i soldati si "divertono" a terrorizzare chiunque passa, sparacchiando di tanto in tanto ed obbligando i malcapitati ad abbandonare il loro carico sulla strada per ripararsi nel vicino dirupo. E questo tutti i minuti di tutti i giorni. Naturalmente esiste una "motivazione ufficiale": i carrarmati proteggono l'insediamento di coloni sorto poco lontano.
Insieme agli studenti e ad un buon numero di donne e uomini palestinesi, le delegazioni straniere percorrono il viottolo e risalgono verso i carrarmati. Davanti un cordone di stranieri, dietro i ragazzi palestinesi, dietro ancora un misto di stranieri e palestinesi. A cinquanta metri dai carrarmati, il corteo viene fermato da raffiche di mitra sparate a terra. Si indietreggia, qualcuno scappa, i ragazzi palestinesi passano in testa. Poi ci si ricompatta e si torna ad avanzare. Ogni sparo o rombo di motori è accolto da fischi e slogans.
Oltre 3000 pacifisti - israeliani, europei e nordamericani - hanno accolto l'invito della Coalition of Women for a Just Peace a manifestare silenziosamente per le strade di Gerusalemme nell'ultimo venerdì dell'anno.
Alle "manine" delle Donne in nero con la scritta "basta con l'occupazione" si sono aggiunti gli striscioni di solidarietà delle delegazioni italiana, francese e belga, e numerosi cartelli con slogans quali "smantellare subito gli insediamenti" e "confini del '67 = confini di pace". Presenti anche alcuni parlamentari italiani (il senatore Marino, on. Giovanni Russo Spena e on. Silvana Pisa) e il presidente della Regione Campania Antonio Bassolino.
Il corteo si è mosso verso le 11,00 da Paris Square, a Gerusalemme Ovest, ed è arrivato dopo un'ora davanti alle mura della città vecchia, alla Porta di Giaffa. Tutto si è svolto nella massima tranquillità, nonostante la presenza di piccoli gruppi di coloni che contestavano con veemenza l'iniziativa dai bordi della strada.
Alla Porta di Giaffa i manifestanti si sono raccolti intorno ad un palco per ascoltare le testimonianza di numerosi pacifisti israeliani e di alcune personalità palestinesi ed europee. Tra queste: Shulamit Aloni, ex-ministra israeliana ed esponente storica del movimento pacifista israeliano, Pnina Firestein, dell'organizzazione antimilitarista New Profile, Jeff Halper, direttore dell'Alternative Information Center e promotore della Campagna contro la demolizione delle case, Zaira Kamal, delegata alle questioni di genere presso il Ministero della Pianificazione e della Cooperazione Internazionale dell'ANP, Luisa Morgantini, parlamentare europea e donna in nero.
La manifestazione si è conclusa verso le 13,30 con il gospel una cantante nera.