BUIO IN PALESTINA
IO DONNA VADO IN PALESTINA: APPUNTI DI VIAGGIO


Febbraio 2001, di Nadia Cervoni delle Donne in Nero

 


Sono tornata da pochi giorni dalla Palestina, a noi, 8° gruppo, è toccato chiudere questa prima fase del progetto che ha portato in Palestina più di 50 donne italiane.
Abbiamo raccolto tutte le carte, documenti, riferimenti, indirizzi, che durante le settimane si aggiornavano per il gruppo che subentrava, veri strumenti di lavoro preziosi per continuare da dove le altre erano arrivate.
Abbiamo quindi salutato chi, in vari modi, ci ha dato una mano a partire dal 2 dicembre: il personale dell'albergo, che grazie alla nostra presenza continua, poteva contare sulle giornate lavorative; gli autisti, e soprattutto Mike, che ci hanno accompagnate nelle nostre visite nei territori e dai quali sapevamo particolari sfuggiti anche ai nostri reports; i rivenditori dei negozi intorno all'albergo: la libreria/giornalaio, che seguiva tutte le nostre richieste per il materiale che via via scoprivamo e che ritenevamo utile per il nostro lavoro; il caffè internet, la pasticceria, frequente rifugio di ritorno dai territori, e persino la pizzeria, che non ci negava mai, a qualsiasi ora, il conforto di una birra e di un pezzo di pizza caldo, molto poco palestinese ma vi assicuro, non ci siamo nemmeno mai negate scorpacciate di falafan..
Nel salutare i nostri piccoli punti di riferimento quotidiano, ci rendevamo conto di quanto e per quante ragioni, era importante anche per loro l'arrivo sempre di un nuovo gruppo.
Per un po' non ci saranno nuove staffette, a dire il vero, il risultato a me è parso straordinario, credetemi non ci avrei scommesso che saremmo riuscite a reggere per due mesi e di questo cara Luisa, ti va dato atto che sei stata grande, come sempre i tuoi avvii sono turbolenti ma poi il risultato compensa tutti gli eventuali disagi della partenza.
La cosa che non supponevo è che il nostro progetto ha avuto un forte e positivo impatto anche con la rete ONG della solidarietà e della cooperazione operante in Palestina, mi riferisco alla rete italiana, con la quale il mio gruppo, ma penso anche gli altri, ha avuto numerosi contatti e spero che ciò valga in parte anche per la rete europea.
Naturalmente il progetto non si ferma qui, si tratterà ora di capire come andare avanti per allargarlo a nuove soggettività non solo nazionali, come del resto già messo in cantiere sin dall'inizio .
Leggo infatti che si sta formando in questo senso il gruppo per la settimana dell' 8 marzo e poi I'ipotizzato incontro internazionale a Gerusalemme nella settimana di Pasqua.
Di questo penso sarebbe opportuno parlarne meglio, per capire come superare l'oggettiva difficoltà di incontro tra le donne palestinesi e israeliane e tra le donne di Gaza e della West Bank. Ma in tutto ciò anche la considerazione delle attuali difficoltà politiche del movimento delle donne palestinesi e israeliane per quanto riguarda i termini di una pace giusta.
Sicuramente l'esito delle elezioni in Israele del 6 febbraio inciderà su questi percorsi e forse anche noi stesse, donne in nero, dovremmo riflettere sull'incidenza del sistema politico, di quel sistema politico che in ogni luogo presenta caratteristiche di gestione di potere che vede le donne contemporaneamente escluse e inglobate.
Ma intanto, per quanto mi riguarda, prevale in questo momento la fisicità della terra di Gaza, l'odore dei luoghi visitati, gli abbracci e i sorrisi delle donne incontrate, in Palestina e in Israele, la paura e la rabbia nello sguardo di alcune per l'ingiustizia che ogni giorno viene celebrata e poi i bambini, tantissimi, ti osservano, e sono i loro sguardi che mi fanno passare dal freddo al caldo.
Per meglio valorizzare il lavoro sin qui fatto, sarebbe importante trasformare tutti gli approfondimenti e i nuovi saperi che abbiamo portato a casa in un qualcosa capace di agire, a partire dall'ltalia, su un terreno di informazione, sensibilizzazione e coinvolgimento, sui temi della necessità universale del rispetto e del riconoscimento dei diritti e delle diversità.
Temi globali che richiedono un forte impegno dal villaggio più sperduto alla metropoli più industrializzata.
Temi di vita, che non prescindono dalla dignità del vivere. Per riprendere i temi della marcia mondiale delle donne, penso che il nostro sia stato un piccolo grande passo che avrebbe bisogno però di essere meglio raccontato perche a questo ne seguano altri nel cammino della crescita della consapevolezza e della costruzione di ponti tra donne, tra donne e uomini, che vogliono opporre la forza della relazione, relazione attraverso la quale si riconoscono, alla forza del più forte che vuole dominare.
Per questo è importante non disperderci a partire dalla gestione/informazione comune di quanto sta seguendo al nostro progetto e pensare anche ad una traccia più visibile di quanto sino ad oggi fatto.
L 'ipotesi di una pubblicazione va sicuramente in questo senso oltre che essere anche anche un modo per rafforzare la relazione con le tante donne che non sono del movimento delle donne in nero e che partecipano al progetto, e ancora una volta ritorniamo ad intrecciare i fili e al riconosersi.
Rispetto alle emozioni di questo mio viaggio, sono talmente forti che avverto non è ancora tempo di raccontarle ma forse è proprio attraverso queste che riuscirò a comunicare l'ingiustizia nella quale mi sono immersa e che di ritorno da Hebron mi ha fatto scrivere queste poche righe:

Buio

eccoli cominciano
spari lontani

intorno il normale
un taxi fino a casa

c'è tanta fretta
non farsi prendere dal buio

nel buio quando ognuno
si trasforma in nessuno

come noi di ritorno
da una giornata senza soste

ci addormentiamo avvolte
nella voglia di altro

da ciò che abbiamo visto
toccato sentito fatto

e dopo il buio ancora
a sfidare la nostra impotenza

alla ricerca di un sorriso
finchè durerà il giorno

( Nadia, 23 gennaio 2001, Hebron/ Jerusalem)


Jerusalem,lunedì 29 gennaio.
Un giorno dopo il rientro previsto, il gruppo dimezzato si mette in viaggio: Corinna, Sofia, io e Luisa,che ha così simbolicamente aperto e chiuso questa prima fase del progetto , ( Valda e Anna hanno invece tentato la sorte andando prima e rimanendo bloccate a Tel Aviv a causa dello sciopero). Naturalmente ci facciamo accompagnare da Mike che , come sua abitudine, anziché fare l'autostrada su territorio israeliano, sceglie la strada che passa attraverso la West Bank, da dove può " vedere" in lontananza il suo villaggio e la distanza lo aiuta a non mettere a fuoco le costruzioni che sorgono invece sull'area. In realtà si vede un enorme insediamento israeliano costruito sull'area dove " c'era " il suo villaggio distrutto nel 1948, ma lui ogni volta che passa da quelle parti continua a vederlo. Tanti sono i villaggi distrutti nel mondo, tanti altri continuano a essere distrutti; a noi tutte e tutti l'impegno della denuncia e della memoria.