PALESTINA E ISRAELE: LE RAGIONI DELLA PACE
GLI INTERVENTI DI JIHAN ANASTAS, PALESTINESE, E DI DEBBY LERMAN, ISRAELIANA, ALL'INCONTRO ORGANIZZATO A MILANO DALLE DONNE IN NERO E DA ALTRE ASSOCIAZIONI IL 2 FEBBRAIO SCORSO


febbraio 2002, sintesi a cura di Iemanjà


Jihan Anastas è membro del consiglio municipale di Betlehem, dell'Unione delle Donne Arabe, dell'Organizzazione accademica e professionale delle donne palestinesi, lettrice presso l'Università di Betlehem.
Debby Lerman è co-fondatrice delle Donne in Nero israeliane e della coalizione delle Donne per la pace, fa parte del comitato direttivo dell'organizzazione femminista e pacifista Bat Shalom.

Jihan ha spiegato qual è, nella vita quotidiana, il significato di "occupazione": le città palestinesi sono città chiuse, tutte separate tra loro, ognuna circondata da insediamenti israeliani, circondati a loro volta da "zone verdi" in cui i militari hanno il controllo, per garantire la sicurezza dei coloni. Questi insediamenti dei coloni sono le frontiere del '67. Ci sono 134 strade che fanno da collegamenti: sono strade fatte per i coloni israeliani, in modo che riescano a spostarsi dai loro insediamenti. Le risorse d'acqua e i terreni agricoli palestinesi sono attraversati da queste strade, per cui i contadini non possono utilizzare il terreno. All'interno delle città, vengono separate le zone A, B, C. Separando le città e le strade, gli israeliani isolano i palestinesi e li lasciano senza un governo centrale, pretesto per Sharon per dire "Voi non avete nessun tipo di autorità, saremo noi a governare". La società palestinese è lontana da qualsiasi governo centrale. Inoltre, da più di un anno, il governo di Israele sta eliminando fisicamente tutti i leaders palestinesi con esecuzioni sommarie, altri sono detenuti, in modo che non esista più nessuno per arrivare a dei negoziati. Sharon fino ad ora è riuscito a fermare il processo di pace e a non lasciare più alcuna speranza. Dopo il trattato di Oslo si era alimentata una speranza di pace, ma non c'è nessun tipo di controllo alle frontiere e gli insediamenti israeliani avanzano. "Non possiamo avere pace e venire occupati nello stesso tempo, ha detto Jihan, con una relazione come fra schiavi e padroni. Gli israeliani non possono avere sicurezza finché i palestinesi non saranno liberi. I palestinesi hanno riconosciuto lo Stato di Israele, hanno accettato di avere una percentuale del territorio, era un buon passo. Ora sono stanchi di essere accusati continuamente dagli israeliani, i quali cercano pretesti per insistere con l'occupazione. Quando diciamo "israeliani" ci riferiamo al governo di Israele, non certo alla popolazione. Non abbiamo fiducia negli Usa, che versano milioni di dollari agli israeliani per finanziare la crescita degli insediamenti. Chi finge di lottare contro il terrorismo sta fornendo agli israeliani armamenti molto sofisticati che vengono usati contro la popolazione civile." L'occupazione provoca un deterioramento sociale, specialmente pesante per donne e bambini. Le donne tradizionalmente rimanevano a casa, ora sono costrette ad andare a cercare mezzi di sussistenza per la famiglia se il marito è a casa: gli uomini non possono andare a lavorare perché non gli si da la possibilità di passare i posti di blocco, o perché feriti e disabili. Queste donne sono accusate di mandare i loro bambini a morire: nessuna madre lo farebbe. Ma una madre non ha più la possibilità di controllare il suo bambino. Nei campi profughi c'è una stanza per 20 persone, i bambini giocano fuori. Hanno perso la loro infanzia e hanno sviluppato un senso di autodifesa, e si difendono. Una donna che si ritrova a dovere provvedere aiuto finanziario per la famiglia e a dover crescere i propri figli, spesso deve fare fronte anche alla violenza domestica. La ragione è che nelle famiglie in cui l'uomo non può lavorare rimane frustrato e sfoga la sua aggressività in casa. La chiusura non è soltanto fisica, è psicologica. Il governo israeliano sta sistematicamente sradicando gli alberi d'ulivo in Palestina; danneggia l'economia, e danneggia lo spirito, dal momento che l'ulivo ha un valore simbolico per i palestinesi, rappresenta le loro radici. "Le donne palestinesi non si fermeranno, hanno il coraggio per cercare di svilupparsi dal punto di vista economico e sociale. Dall'inizio del secolo scorso è iniziata la battaglia non violenta delle donne palestinesi. Ora è davvero duro mantenere la speranza. L'unica maniera per uscire da questo circolo vizioso è il controllo internazionale della situazione. Abbiamo bisogno di voi, prima che la situazione esploda."

Debby:
Sono femminista e ho lavorato per la pace per 34 anni in Israele. A Gerusalemme, Tel Aviv ed Haifa abbiamo fondato le Donne in Nero, inizialmente eravamo quaranta. Nel 2000 abbiamo formato la coalizione "Women for peace" che include altri 8 movimenti. A giugno e a dicembre abbiamo realizzato grandi manifestazioni, altre seguiranno l'8 marzo, giornata internazionale delle donne per la pace. A novembre siamo state invitate dal Parlamento Europeo su iniziativa di Luisa Morgantini, con lo scopo di far sì che le voci delle donne palestinesi e israeliane che lavorano per la pace fossero udite. Chiediamo un intervento internazionale di protezione. Noi israeliani stiamo distruggendo tutto, con tutti i mezzi: armi da fuoco, elicotteri, razzi, carrarmati, aerei e la potenza militare israeliana. Distruggiamo case, campi, strade, città, aereoporti, radio, TV, stazioni di polizia, tutto quello che possiamo distruggere. Uccidiamo civili, leaders, costruiamo blocchi stradali e chiudiamo le città in una specie di piccoli cantoni. Distruggiamo la struttura sociale e politica della Palestina, creando caos, non è un caso, è un'azione molto ben programmata del governo Sharon. Vi chiedo di venire a vedere cosa sta succedendo. Io cercherò di farvi un esempio, descrivendo come i palestinesi devono riuscire a spostarsi ogni giorno per andare da xxx a Gerusalemme per andare a lavorare. La strada è in buono stato, lunga circa 20 chilometri, si percorre in condizioni normali in 20 minuti. Io faccio questo viaggio solo ogni tanto. Da Gerusalemme prendo un taxi, questo si ferma a un primo posto di blocco. Ma è tutto completamente circondato da posti di blocco. La macchina non può passare. Tutta la strada è circondata da filo spinato, e intorno non c'è più niente, tuttto distrutto.. Solo un centinaio di macchine all'ora riescono a passare, quindi si formano code impressionanti. Meglio scendere e camminare. Migliaia di persone cercano di passare a piedi tra rovine, macchine, camion, carretti che portano le merci da una parte all'altra. E' come essere nel mezzo dell'Inferno di Dante. I bambini piccoli si tengono per mano tra loro e cercano di tornare da scuola, terrorizzati. Dall'altra parte cerco di prendere un taxi, ma la strada principale è stata distrutta, quindi si deve passare dai giardini, dai cortili delle case. Intenzionalmente, in modo molto sofisticato, si cerca di paralizzare la società palestinese. Nessuno può venirmi a raccontare che i posti di blocco ci siano per motivi di sicurezza: la maggior parte della gente passa di lato, è per paralizzare la vita normale in Palestina. Noi Israeliani stiamo distruggendo la nostra società, economia, cultura, i nostri bambini. I militari governano e c'è la militarizzazione della società. Il nostro linguaggio, all'interno di Israele, è di violenza. In una società dove il ragionamento militare prende il sopravvento non c'è più posto ne'per le donne ne'per i bambini. Noi donne diciamo: "Ne abbiamo abbastanza, no." L'occupazione è la causa di tutto questo, chiediamo la fine dell'occupazione. Vogliamo che le donne siano presenti al negoziato, vogliamo essere noi a parlare. Agli israeliani vogliamo dire, perché finisca: "Andiamo alla base del problema: mettiamo fine all'occupazione. Torniamo alle frontiere del '67 e costruiamo lo stato di Israele vicino allo stato della Palestina. Riconosciamo Gerusalemme est capitale della Palestina e Gerusalemme ovest capitale di Israele. Riconosciamo la responsabilità della guerra del '48, riconosciamo il problema dei rifugiati e iniziamo un negoziato per il rientro dei rifugiati palestinesi. Noi avremo successo e non è solo una speranza, è un dato di fatto. Anche oggi con Sharon al governo il 60% degli israeliani riconosce che ci sarà uno stato palestinese. Una parte della società civile dice che Sharon ha promesso pace e sicurezza, non le ha portate e ha causato la crisi economica. C'è gente, giornalisti e soldati, che dicono: ci hai fatto diventare criminali di guerra. Abbiamo bisogno del vostro aiuto, non solo dell'aiuto delle istituzioni ma anche di quello della società civile europea: chiedete un ruolo attivo dell'Unione Europea in difesa della popolazione civile palestinese. L'Europa potrebbe avere un'altra soluzione per il Medio Oriente. Le missioni civili sono molto importanti per il ruolo di testimonianza e per la solidarietà con la popolazione civile palestinese e con i pacifisti israeliani.