INTERVISTA A ZOIA, PORTAVOCE DEL RAWA IN ITALIA
ABBIAMO INCONTRATO UNA GIOVANE RAPPRESENTANTE DELL'ASSOCIAZIONE RIVOLUZIONARIA DELLE DONNE AFGHANE, IN ITALIA SU INVITO DI AMNESTY INTERNATIONAL E DI ALTRE ORGANIZZAZIONI


giugno 2001, a cura di Iemanja'

 

Puoi raccontarci come è nato il RAWA?
Il RAWA lotta in Afghanistan dal 1976 per l'uguaglianza di donne e uomini: è stato fondato perché la nostra società è molto maschilista. Nel '77, in seguito all'invasione da parte dell'URSS, ci siamo impegnate nella resistenza contro gli invasori organizzando dimostrazioni e azioni pubbliche. Nel '92 i fondamentalisti islamici hanno preso il potere e RAWA ha lottato contro il fondamentalismo, per la democrazia e per la separazione dell'ambito religioso dalla politica e dall'educazione. In Afghanistan ci sono due partiti fondamentalisti: i Talebani e i Jehaeli, questi ultimi guidati dal leader Massud. Sono entrambi partiti criminali, ugualmente nemici delle donne. Dal '92 commettono gli stessi crimini, specialmente contro le donne. I campi profughi sono pieni delle loro vittime che raccontano identiche atrocità.

Cosa fa oggi RAWA per opporsi ai fondamentalisti?
RAWA si impegna nell'educazione, nella sanità e nella propaganda. L'impegno educativo si realizza attraverso le scuole clandestine, in cui in segreto si alfabetizzano le donne e le ragazze, che il potere esclude dal diritto allo studio. Gran parte dell'attività viene organizzata in Pakistan nei campi profughi dove ci sono oltre due milioni di rifugiati, quasi tutte donne e bambini. L'attività sanitaria consiste nel prestare soccorso, specialmente a donne e bambini, attraverso unità mobili che girano per il territorio. In Pakistan avevamo anche un ospedale per le rifugiate ma ora è chiuso per problemi finanziari. Il viaggio in Italia doveva servire anche a raccogliere i fondi per riaprirlo, ma fino ad ora ci sono state solo donazioni di privati, di gruppi solidali, ma non finanziamenti dalle istituzioni, solo parole dalle personalità politiche incontrate, nessun impegno concreto.
Infine c'è l'attività di propaganda politica, che richiede riunioni e dimostrazioni pubbliche: in Afghanistan è impossibile a causa della repressione, ci muoviamo in Pakistan e nei paesi liberi.

Quali sono i principali ostacoli che RAWA deve affrontare?
Abbiamo due problemi principali: finanziario e di sicurezza. Nell'86 è stata assassinata la nostra leader fondatrice, le nostre manifestazioni sono duramente attaccate dalla polizia, riceviamo minacce continue.

Oltre all'obiettivo finanziario, che in Italia sembra possa contare per ora solo sull'appoggio di gruppi solidali, cosa sperate di ottenere in Italia?
Il nostro obiettivo politico è quello di fare in modo che l'Italia, il Parlamento Europeo, l'ONU, smettano di sostenere i fondamentalisti. Il Parlamento europeo ha persino invitato Massud: è un insulto contro il sangue versato dalla nostra gente. Vogliamo che i Parlamenti supportino i gruppi democratici, le scuole, gli ospedali, la libertà di informazione. Vogliamo che l'ONU, che fino ad ora ha svolto un ruolo negativo e non ha difeso la democrazia, faccia pressione sui Paesi membri. La Francia, ad esempio, sostiene Massud; l'Italia è muta ufficialmente, ma nel servizio mandato in onda dalla RAI in questi giorni Massud è stato presentato come un eroe, l'unico che si oppone ai talebani. Anche altri stati, come il Pakistan, l'Iran, l'Arabia Saudita, appoggiano i fondamentalisti.
Noi vogliamo invece che sia detta la verità, che la gente sappia. Per questo ci piacerebbe girare un film che mostri la realtà della gente, specialmente delle donne. Oggi le donne non possono uscire, né studiare, né lavorare, né mostrarsi, devono restare chiuse e nascoste dal velo. Dipendono dal marito, dal padre, dai fratelli, non possono andare sole. Sono spinte a prostituirsi per sopravvivere. Subiscono stupri anche a 70 anni, taglio delle mani, frustate, uccisedavanti a tutti. Ogni settimana ci sono esecuzioni pubbliche a cui assistono anche i bambini. Anche gli uomini possono essere picchiati in pubblico, per punizione se non vanno in moschea, o per la lunghezza della barba. Si tratta di un olocausto come quello che avviene in Palestina. Per girare un film abbiamo bisogno di finanziamenti e di un bravo regista.

Siete entrate in contatto con gruppi specificatamente femministi?
Vogliamo stringere rapporti con le organizzazioni femministe. Fino ad ora non siamo riuscite a farlo abbastanza. In Italia, oltre a gruppi di solidarietà misti e singole persone, ci hanno accolto le Donne in Nero e diverse associazioni locali di donne, abbiamo partecipato a incontri a Palermo, Roma, Torino, Trento e in molte altre città, incontrando anche numerose studentesse nelle scuole.

Il bilancio è quindi positivo?
Politicamente sì, meno finanziariamente, e mai abbastanza rispetto alle necessità. Abbiamo bisogno di far funzionare l'ospedale e di più unità mobili, servono medicine, matite, equipaggiamenti, donazioni per gli orfanotrofi. Bisogna smascherare Massud.

E in Afghanistan, su quali alleanze il RAWA può contare?
Le forze democratiche sono deboli e disorganizzate, si tratta più che altro di singole personalità, intellettuali. Vorremmo dare vita a un partito democratico antifondamentalista, ma è un percorso tutto da costruire, non è possibile realizzarlo finchè le donne sono analfabete, è da lì che oggi dobbiamo partire.