Aceh: repressione e resistenza.
Breve storia della resistenza del popolo di Aceh. Di James Balowski, da Green Left Weekly. Novembre 1999.


Il massacro a sangue freddo di 71 civili da parte delle truppe indonesiane il 28 luglio, e uno sciopero generale di due giorni il 4 agosto per protestare contro il lancio da parte di Giacarta di un'offensiva di sei mesi contro la "guerriglia separatista", hanno nuovamente attirato l'attenzione mondiale su Aceh, la provincia più settentrionale dell'Indonesia. Aceh ha una lunga e orgogliosa storia di lotta. Ricca di risorse e devotamente musulmana, è situata a 1700 km a nord di Giacarta, all'estremità settentrionale dello Stretto di Malacca. I 3 milioni e mezzo di abitanti di Aceh, discendenti di immigrati arabi e indiani e di popolazioni indigene, nel XIX secolo hanno ostinatamente resistito alla colonizzazione olandese, molto più a lungo del resto dell'arcipelago.
Aceh ha anche giocato un ruolo significativo nella lotta indonesiana per l'indipendenza dopo la Seconda Guerra Mondiale. Mercanti locali raccolsero denaro contante per acquistare il primo aereo militare indonesiano, utilizzato per trasportare rifornimenti vitali oltre le linee olandesi, che cercavano di occupare nuovamente la provincia.
Alla fine gli olandesi sono stati cacciati nel 1949, ma di lì a pochi anni l'Aceh ha cominciato a ribellarsi contro Giacarta, sotto la guida di Darul Islam, che cercò di costruire uno stato islamico. Nel 1957 Aceh è divenuta una provincia separata e nel 1959, quando la ribellione è stata definitivamente repressa, le è stato concesso uno staus speciale che le consentiva autonomia in campo religioso, in quello del diritto consuetudinario e nell'istruzione.
Questo ha lasciato Aceh relativamente isolata fino al 1965, quando Suharto ha preso il potere con un golpe sanguinoso. Sotto il Nuovo ordine di Suharto le risorse naturali di Aceh - particolarmente petrolio e gas naturale ­ sono state massicciamente sfruttate, e tutti i profitti sono stati destinati a rimpinguare le casse di Giacarta.
Aceh contribuisce per circa l'11% al budget nazionale ma riceve meno del 2% in cambio. La maggior parte dei posti di lavoro va ai lavoratori "qualificati" immigrati da Giava, con conseguenti eclatanti ingiustizie sociali e culturali fra i lavoratori immigrati delle grandi industrie e la popolazione locale. Alla fine degli anni '80, il 40 % dei villaggi di Aceh era ufficialmente costituito da "poveri".

Il movimento di liberazione di Aceh.
Con l'aumento del controllo centralizzato sull'arcipelago deciso negli anni '70, lo status speciale di Aceh è stato privato di ogni significato.
Nel 1976 il movimento di liberazione di Aceh (GAM), guidato da Hasan di Tiro (attualmente in esilio), ha proclamato l'indipendenza e ha dato inizio alla lotta armata. Dopo parecchi anni la lotta è stata soffocata, per riaccendersi nel 1989, questa volta con un maggiore appoggio popolare e forze meglio addestrate ed equipaggiate.
Ben presto i militari indonesiani si sono trovati costretti a difendersi dopo aver perduto numerose postazioni militari e di polizia e aver dovuto abbandonare al GAM il controllo di intere parti della provincia. A metà del 1991 il comandante militare del Nord Sumatra, il Maggiore General Pramono, ha ammesso che la guerriglia "aveva un'idea guida, aveva le armi, e, in definitiva, aveva le masse".
Nel giugno del 1990 vennero reclutate truppe della forza speciale indonesiana, Kopassus, che costrinsero gli abitanti locali a partecipare alle operazioni di "fence of legs" per stanare i guerriglieri.
In un'intervista del 17 novembre alla rivista indonesiana "Tempo", Pramono ha ammesso che ogni giorno ad Aceh venivano uccise delle persone. Ha lanciato un appello agli abitanti locali: "Se vedete un GPK ["bande di disturbo della sicurezza", il termine di Giacarta per il GAM], dovrete ucciderlo. Non c'è alcun bisogno di indagare, limitatevi a sparargli o ad accoltellarlo."
Quell'anno Aceh è stata dichiarata una "regione sottoposta ad operazioni militari", cosa che ha dato all'esercito potere quasi illimitato di condurre perquisizioni casa per casa, di istituire blocchi stradali, di controllare i documenti e di perquisire personalmente i cittadini.
Nel suo rapporto del 1992, l'osservatorio statunitense sui diritti umani Human Rights Watch/Asia ha dichiarato: "Probabilmente almeno 1000 persone sono morte dal 1989 per una combinazione di attacchi dei guerriglieri separatisti e rappresaglie dell'esercito, le scomparse restano irrisolte, sospetti guerriglieri continuano ad essere uccisi sul posto anziché essere arrestati, e si ritiene che moltissime persone siano tenute segretamente in prigione mentre continuano a celebrarsi processi che violano le norme internazionali in materia di giustizia."
Altre fonti fanno salire il numero di morti ad Aceh a più di 2000. Centinaia di persone sono state arrestate con l'accusa di essere membri del GAM, e migliaia sono state costrette a rifugiarsi in Malesia.
Secondo un dossier inviato dal GAM al gruppo britannico per i diritti umani Tapol, durante questo periodo ci sono stati numerosi ed orribili abusi. Per esempio, a Rancong, famoso centro di detenzione di Lhokseumawe, 300 km ad est della capitale provinciale Banda Aceh, 56 cittadini sono stati denudati e passati per le armi; i loro corpi sono stati gettati in un dirupo dove sono stati trovati dagli abitanti del villaggio tre giorni dopo.
Il dossier descriveva la condizione dei prigionieri, detenuti in celle di filo spinato con le mani legate dietro la schiena. Una forma di tortura era quella di aizzare cani contro i prigionieri.
Nonostante numerosi rapporti di questo genere, Giacarta ha rifiutato l'accesso nella regione alle organizzazioni internazionali per i diritti umani, tra le quali persino la Croce Rossa Internazionale.

Nuove prove.
Con la caduta di Suharto il 21 maggio 1998, e il conseguente aumento della libertà politica e di stampa, l'escalation di atrocità commesse ad Aceh ha cominciato a venire alla luce: per la prima volta, gli indonesiani che vivono fuori la regione hanno cominciato ad apprendere la verità.
Centinaia di persone si sono fatte avanti per testimoniare. Il numero di "Waspada" del 28 luglio citava le parole di Maimun Fidar, dell'organizzazione non governativa di Aceh Forum, per dire che si stimava che 39.000 persone erano scomparse dal 1989. Fidar ha dichiarato che Forum aveva identificato nove tombe di massa contenenti ciascuna tra i 30 e i 300 corpi. Ha dichiarato che la maggior parte delle scomparse si erano verificate nel 1991 e 1992.
Sul quotidiano "Suara Karya" è stata riportata una dichiarazione di un membro del gruppo parlamentare di inchiesta in visita ad Aceh il 28 luglio, che ha raccontato di aver visto migliaia di scheletri in tombe di massa e ha avanzato il sospetto che più di 5000 persone risultino scomparse.
Ad agosto, la Commissione Indonesiana per i Diritti Umani aveva raccolto le prove dell'uccisione di 781 persone da parte dell'esercito, di 163 scomparse, di 368 casi di tortura e di almeno 3000 donne rimaste vedove a seguito di tutto ciò. Il numero di bambini rimasti orfani come diretta conseguenza dell'attività militare veniva stimato tra i 15.000 e i 20.000.
Il 29 luglio lo "Straits Times" riportava che Abdurrahman Yakub, dirigente dell'Aceh Legal Aid Fundation, aveva dichiarato al gruppo parlamentare che 625 donne erano state stuprate e torturate fra il 1990 e il 1998, e molte tra esse da personale militare.
Una donna di nome Khatijah ha dichiarato al gruppo di inchiesta che nel febbraio del 1998 è stata incarcerata, picchiata, torturata, denudata e sottoposta ad altre atrocità per 15 giorni. Nell'aprile dello stesso anno è stata nuovamente arrestata quando i militari hanno fatto irruzione in casa sua in cerca di armi. Nonostante non avessero trovato alcunché, non è stata liberata fino a giugno.

Gesti senza significato.
L'8 agosto del 1998 il capo delle forze armate indonesiane, il generale Wiranto, ha effettuato un'affrettata visita ad Aceh per scusarsi pubblicamente per le "trascorse" violazioni militari. Per settimane, i giornali locali e nazionali sono stati inondati dalla terrificante testimonianza di abitanti locali che si rivolgevano alla commissione d'inchiesta, e l'esercito ha dovuto agire rapidamente per salvare la propria reputazione.
Wiranto ha annunciato che lo status di operatività militare di Aceh sarebbe stato revocato e che tutte le truppe "non organiche" (prevalentemente Kopassus) sarebbero state ritirate entro un mese. Ha anche promesso che gli abitanti fuggiti all'estero potevano tornare senza essere messi sotto accusa, a meno che non risultassero coinvolti in "attività criminali".
In seguito molti rapporti suggerivano che, nonostante alcune truppe fossero state ritirate, queste venivano rapidamente rimpiazzate e in realtà il numero totale era aumentato.
A Marzo il Presidente B.J. Habibie ha ordinato il rilascio di 40 prigionieri politici di Aceh subito prima di un'assai pubblicizzata visita nella provincia. Il 26 marzo, nella moschea di Baituraham a Banda Aceh, Habibie ha consegnato "le scuse per quanto commesso dalle forze di sicurezza, per incidente o deliberatamente, a tutta la popolazione di Aceh".
Mentre parlava, migliaia di manifestanti premevano contro il cordone di sicurezza a 50 metri dalla moschea. "Con un referendum il nostro problema verrà risolto" dichiarava uno striscione.
Mentre Habibie invitava la gente a "lasciare che il parlamento decidesse" su un referendum, la polizia sparava colpi di avvertimento in aria e lanciava lacrimogeni contro la folla. Centoundici persone sono rimaste ferite.

Legami corporativi.
Le società multinazionali, quali la Mobil Oil, che opera ad Aceh dal 1970, sono risultate implicate negli abusi contro i diritti umani. La complicità ruota intorno alle strette relazioni tra queste compagnie e i loro protettori nell'esercito indonesiano.
Secondo una dichiarazione dei media rivelata da un'organizzazione non governativa il 10 ottobre del 1998, la sede del Post 13, fornita dalla Mobil Oil, era usata per gli interrogatori della popolazione locale. La dichiarazione aggiunge che gli addetti agli scavi della compagnia petrolifera venivano usati per scavare tombe di massa sulle colline di Sentang e Tengkorak, e che le sue strade venivano usate per trasportare le vittime nelle fosse comuni. Giornalisti di "Business Week" (25 dicembre), hanno scovato più di dodici testimoni.
Finora, 12 tombe di massa sono state identificate. Una si trova nei terreni di proprietà della compagnia petrolifera indonesiana, Pertamina, a meno di quattro km. da una postazione per l'estrazione del gas della Mobil; altre tombe vicino ad attività della Mobil, come a Rancong, risultano sospette, non sono state ancora state oggetto di indagini.
Il responsabile delle pubbliche relazioni della Pertamina, A. Sidick Nitikusuma, ha dichiarato che "Incidenti connessi a violazioni dei diritti umani erano al di là dell'autorità e della conoscenza della Pertamina e della Mobil Oil". Il dirigente capo della Mobil, L. A. Noto, a novembre, ha dichiarato al "Giacarta Post" che la compagnia non dovrebbe essere accusata di complicità negli abusi.
Ma abitanti locali intervistati da "Business Week" hanno sostenuto che l'operazione militare era troppo grande e le voci di uccisioni troppo diffuse perché la compagnia non ne fosse a conoscenza. "Non c'era una sola persona ad Aceh che non sapesse che i massacri avevano luogo", ha detto H. Sayed Mudhahar, un ex addetto alle relazioni pubbliche della PT Arun.
Nonostante le scuse di Wiranto e la visita di Habibie, la violenza militare non è affatto diminuita. Il 3 gennaio ben 17 persone sono state uccise, 23 ferite gravemente e 123 arrestate, quando le truppe hanno sparato sui "separatisti" dopo che una folla aveva attaccato un edificio governativo a Kandang, vicino al centro industriale di Lhokseumawe.
Il 5 gennaio le truppe hanno aperto il fuoco per disperdere la folla mentre compivano una spedizione contro la casa del supposto leader del Free Aceh Movement, Ahmad Kandang. Il 9 gennaio, le truppe hanno razziato un villaggio vicino a Lhokseumawe, sospettato di nascondere Kandang ed hanno arrestato 40 residenti.
Più tardi nello stesso giorno, 50 soldati sono entrati con la forza nella prigione in cui erano tenuti gli arrestati. Secondo i testimoni, almeno 100 soldati hanno torturato i detenuti. Cinque detenuti sono morti e 19 sono stati ricoverati in ospedale.
Il 4 febbraio, diverse decine sono stati gli uccisi e i feriti di un attacco militare apparentemente non provocato contro una folla pacifica. Secondo un rapporto preliminare del presidente dell' Iskandar Muda Legal Aid Institute, Mohd Yacob Hamzah, 53 abitanti di Aceh sono stati uccisi, 97 risultano scomparsi e 150 feriti.
L'attacco ha avuto luogo dopo un incontro del GAM cui hanno partecipato molte migliaia di persone nel villaggio di Matang Ulim, Idi Cut, nel sottodistretto di Nurussalam di Aceh orientale.
Così come nelle altre provincie periferiche indonesiane, West Papua ad esempio, l'abuso militare e lo sfruttamento economico fanno esplodere più accese richieste di maggiore autonomia e indipendenza.
L'adesione della popolazione allo sciopero generale organizzato dagli studenti il 4 agosto è stata veramente massiccia, lasciando deserte la maggior parte delle città, paralizzando i trasporti pubblici e bloccando le attività commerciali. Si è trattato della prima azione di protesta di questo genere ad Aceh, che mostra chiaramente come il desiderio di secessione dall'Indonesia non sia limitato agli studenti ed agli attivisti del GAM.