I tre piani dell'azione sociale.
Qui
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Viviamo in un mondo diviso. Sono queste divisioni a fare la storia dellumanità. Le linee di divisione separano i gruppi umani in oppressi ed oppressori. Poveri e ricchi, donne e uomini, giovani e adulti, neri e bianchi, omosessuali ed eterosessuali... (vedi Le cinque oppressioni) Non ci sfugge che esistono anche gruppi intermedi e che la realtà é molto più articolata di questa sintesi. Spesso un individuo é allo stesso tempo oppresso ed oppressore, ad esempio oppresso come lavoratore ed oppressore come uomo o come adulto. Molti individui sono inoltre portatori di più oppressioni.
I
soggetti sociali oppressi hanno dato vita a potenti movimenti per mettere
fine alle diverse oppressioni o per mitigarle. Questi movimenti si sono serviti
dei più diversi strumenti organizzativi per raggiungere, con l'azione,
questi scopi: partiti, sindacati, collettivi, centri sociali, associazioni,
coordinamenti, reti, rsu, comitati... In questo materiale vorremmo proporre
una sistematizzazione delle forme di azione sociale che gli oppressi hanno
storicamente espresso. Non si tratta solo di una sistematizzazione, ma anche
di un modello per l'agire. Come ogni modello, contiene una certa dose di forzature,
e deve dunque essere "messo alla prova", sia dell'interpretazione
storica, sia dell'azione politica, sociale, di base. Che
differenza cé tra un sindacato e un partito? E tra un collettivo
e un comitato? Cosa vuol dire far "lavoro politico"? E "lavoro
di base"? Spesso i militanti impegnati nella trasformazione sociale sono
totalmente immersi nel proprio organismo, che spesso rappresenta lunica
esperienza sociale vissuta nella propria vita e anche se, grazie allesperienza,
risulta loro semplice descrivere le funzioni, i ruoli e i limiti
del proprio organismo, diviene più complesso capire le differenze e
le specificità degli altri. Ad esempio: perché si dice quel
sindacato ha sconfinato nella politica, oppure: quel partito assume
funzioni di difesa sindacale che non gli sono proprie, o: il lavoro
di base non può essere strumentalizzato dalla politica, e anche:
siamo un collettivo, non siamo mica un partito!. Insomma: quali
sono i compiti di un partito, di un comitato, di un sindacato,
ecc.
Il "modello" che proponiamo individua tre piani dellazione
sociale degli oppressi: il piano della politica, quello dei movimenti e quello
del lavoro di base. Ne esistono anche altri, ovviamente. Vi sono piani di
azione e di riflessione che partono dagli interessi degli oppressi che qui
non affrontiamo: quello artistico, ad esempio. Vi sono poi modalità
di azione che si danno nelle relazioni interpersonali, tipico ad esempio delle
lotte dei giovani e delle donne nelle proprie famiglie. Questi piani però
non coinvolgono "massa", per loro essenza non sono collettivi, anche
se spesso influenzano un vasto numero di persone. Diciamo dunque che qui ci
limiteremo all'azione collettiva e organizzata degli oppressi per cambiare
in meglio la propria posizione situazione.
Il piano della politica
Lazione politica ha per fine la conquista del potere. Ma: cosé il potere? Le oppressioni si esercitano in alcuni luoghi fisici. Per esempio i luoghi di lavoro nel caso delloppressione di classe, lo stato per tutte le oppressioni, la famiglia per quanto riguarda loppressione di genere e generazionale, e così via. In questi luoghi vi é una distribuzione di potere a vantaggio di un soggetto e a scapito di un altro. Nella famiglia ha potere il padre e in subordine la madre, nei posti di lavoro il padrone e i dirigenti, nella scuola il preside sugli insegnanti e gli insegnanti sugli allievi, nellesercito gli ufficiali, nello stato i magistrati, i parlamentari, il governo, i poliziotti, i sindaci... Questo potere può essere esercitato in maniera dispotica o illuminata, possiamo avere cioé un padre democratico o un governo socialdemocratico, un regime fascista o un padre che picchia, ma la sostanza è quella di una gerarchia dove vi è un potere concentrato in poche mani (o due mani) e una "base" priva di potere, o con una quantità di potere non sufficiente a determinare il proprio destino.
Tra chi ha il potere e chi no avvengono "lotte", i cui risultati determinano i "rapporti di forza" tra i due soggetti, in poche parole le lotte tra oppressori e oppressi producono uno spostamento di potere. Quando gli oppressi sono forti, il "potere" è distribuito di più nella società, quando gli oppressori sono forti, il potere è più "concentrato". Negli anni settanta in Italia i lavoratori contavano più di oggi, "pesavano" di più, ed anche ora in Italia contano più che negli Usa; il risultato concreto di questi rapporti di forza fanno sì che se una fabbrica licenzia in Italia c'è uno sciopero e una negoziazione, negli Usa non c'è né sciopero né negoziazione. Se in una scuola gli studenti sono organizzati, attivi e rivendicativi, il clima di oppressione del preside e degli insegnanti prima o poi si allenterà, il "potere" cioé si distribuirà di più: gli studenti cioé avranno il "potere" di riunirsi, di parlare, o di contestare, in misura maggiore rispetto a una scuola dove regna la "pace sociale". In poche parole cambia la misura di questo potere, e in ciò sta ad esempio la differenza tra un regime fascista e uno democratico. Gli oppressi possono cioé arrivare a ridimensionare la quantità di potere in mano agli oppressori. Una "maggior" distribuzione di potere, però, non è il potere. Anche nelle fabbriche degli anni '70 comandavano comunque i padroni. Non è vero che siccome tutti votano, dunque il potere è distribuito. Le democrazie parlamentari, attraverso sottili meccanismi che qui non indaghiamo, assicurano comunque il potere reale a ristrette elites. Quando ciò non accade l'esercito o potenze straniere intervengono per riportare la situazione allo status quo ante. Migliorare i rapporti di forza dunque vuol dire creare un ambiente più accettabile per gli oppressi, ma non significa che abbiano "conquistato" il potere. Perché conquistare il potere vuol dire che agli oppressori è stato tolto completamente il potere, e gli oppressi o un nuovo gruppo di oppressori controlla le levi fondamentali della società. Si tratta delle "rivoluzioni" politiche, e negli ultimi due secoli ve ne sono state a centinaia.
Chiamiamo allora rapporti di forza gli spostamenti di potere nella relazione tra oppressi ed oppressori, tenendo comunque conto che, in assenza di una rivoluzione politica, il potere rimane sostanzialmente in mano agli oppressori.
Dunque é politica la lotta dei partiti di sinistra per disputare il potere ai partiti della classe dominante: i partiti riformisti si accontentano di migliorare i rapporti di forza a favore degli oppressi, i partiti rivoluzionari invece hanno per scopo ultimo la conquista del potere da parte degli oppressi. E' anche politica la lotta dei figli contro i genitori per decidere autonomamente del proprio destino. È politica la lotta delle donne contro i maschi nella famiglia (mariti, fratelli, padri). È politica la lotta delle nazioni oppresse per guadagnare l'autodeterminazione nei confronti delle nazioni dominanti. Ecc. Insomma è politica ogni lotta che si pone per obiettivo esplicito (anche se espresso con altre terminologie) lo spostamento di potere.
Il piano dei movimenti
I "movimenti" degli oppressi sono caratterizzati dalla dichiarata parzialità dei propri fini. I sindacati si pongono come fine la difesa degli interessi elementari dei lavoratori: salari, posto di lavoro, ecc. Nello statuto di alcuni sindacati vi possono essere anche obiettivi più generali, politici (il "socialismo", il superamento del capitalismo, ecc.), ma nei fatti la ragione per cui la massa dei lavoratori aderisce ad un sindacato é perché questo si pensa possa difendere conquiste materiali, parziali, specifiche. Il lavoratore che arriva alla conclusione che le lotte parziali non bastano, ma occorre un progetto complessivo di cambiamento della società, solitamente aderisce a un partito. Un movimento o un collettivo di donne che si ponga come fine luguaglianza giuridica delle donne con gli uomini si pone allo stesso modo un fine parziale, che é diverso da quello politico dellabbattimento del patriarcato, cioé del potere dei maschi. Un collettivo studentesco che produce iniziative sulla pace, organizza la partecipazione a scioperi e presenta una lista alle elezioni scolastiche, ha un fine parziale rispetto a un gruppo giovanile che si propone di contestare alla radice il potere degli adulti nella scuola.
Si può obiettare che anche la lotta dei sindacati é politica perché le vittorie o le sconfitte sindacali, ad esempio, influiscono in maniera determinante sui rapporti di forza politici. In effetti tutte le lotte degli oppressi sono, in senso lato, dotate di una propria politicità. Ma data la parzialità dei propri fini, non è per nulla detto che una vittoria su quel piano si traduca in una vittoria sul piano politico. Ad esempio negli USA vi é una tradizione di forti lotte sindacali, ma, data lassenza di un partito operaio (cioé: data lassenza di azione degli oppressi sul piano della politica), anche quei successi non hanno portato ad un miglioramento dei rapporti di forza politici tra le classi. Rimanendo alla storia d'Italia, l'occupazione delle fabbriche del 1921 si chiuse con una grossa vittoria sindacale, ma con una secca sconfitta politica: in una fase rivoluzionaria come quella del "biennio rosso" la posta in gioco era la conquista del potere, il movimento operaio fallì su quel piano (mentre invece ottenne vantaggi salariali) e ciò spostò i rapporti di forza politici a favore della borghesia, che ne approfittò favorendo l'ascesa del fascismo. Il movimento contro la guerra all'Iraq del 2003 ha messo in campo una forza senza precedenti, ma, dato che gli oppressi in quella fase attraversano a livello mondiale sul piano politico una debolezza spaventosa (sinistre debolissime, ecc.), i governi guerrafondai non hanno pagato alcun prezzo, e continuano imperterriti nonostante che la guerra stia evolvendo persino in senso contrario ai loro stessi fini.
La
dialettica tra movimenti e partiti
Il
lavoro di base
Il fine del lavoro di base consiste nel far sì che gli oppressi prendano
coscienza della propria oppressione e non deleghino la rappresentanza dei
propri interessi. Si tratta di unattività che in alcuni luoghi
é stata chiamata educazione popolare, in altre lavoro
culturale. Ovunque però si pone lobiettivo di combattere
soprattutto le cause interne delloppressione, cioé le idee che
loppressore é riuscito ad inculcare nella testa degli oppressi.
Eventuali lotte contro le cause esterne delloppressione (lo stato, il
padrone, la scuola, la famiglia, ecc.) non potranno essere gestite in prima
persona da chi fa lavoro di base, ma da questi solo seguita.
RIASSUNTO
finalità di:
azione politica conquista del potere
movimenti parzialità dei fini
lavoro di base coscientizzazione, autorganizzazioneGli strumenti
Per strumenti intendiamo lunione di più oppressi intorno ad obiettivi
o finalità comuni. Questi possono essere i più vari, con gradi
diversi di centralizzazione.
Politica
I lavoratori hanno di solito utilizzato lo strumento partito per ambire alla
presa del potere o comunque al miglioramento dei rapporti di forza. L aforma
partito é lesito finale di un periodo del secolo scorso fino
a circa cento anni fa in cui il movimento operaio si era limitato a movimenti
con finalità parziali: leghe per il diritto di voto, sindacati, società
di mutuo soccorso, ecc. Partiti di massa nacquero alla fine del secolo scorso
con i partiti socialisti. I partiti del movimento operaio si distinguono ai
due estremi in riformisti e rivoluzionari. Quelli riformisti tendono a manyenere
nei fatti le istituzioni statali del capitalismo ed un capitalismo più
mitigato, quelli ribvoluzionari no. In mezzo vi si trovan infinite varietà.
Un partito é un insieme di persone legate da uno statuto che definisce
diritti e doveri di chi é iscritto. Liscrizione dà diritto
a partecipare ai momenti congressuali. Ogni tot ani vi é un congresso
che elegge gli organismi dirigenti a livello locale e nazionale. Vi sono partiti
ai quali si può aderire in base allaccettazione di un programma,
altri in cui ciò non é necessario. Di solito i primi sono quelli
chiamati anche davanguardia, i secondi di massa. I primi hanno di solito
un orientamento rivoluzionario e i seconfdi rigformista. Il funzionamento
nei fatti dei partiti di massa fa sì che vi sia una massa di iscritti
facile massa di anovra per i gruppi dirigenti. Daltro canto i partiti
davanguardia sono spesso fisicamente fuori dai luoghi dove é
presente il movimento operaio.
Nella tradizione del movimento operaio non si trovano solo i partiti. Gli
anarchici per esempio, che oggi sono quasi scomparsi, mentre avevano un seguito
di massa fino agli anni venti, consideravano forme di organizzazione meno
ristrette. Altre correnti anarchiche attrivbiscono finalità politiche
ai sindacati. Oggi in Italia abbiamo sindacati di piccole dimensioni che si
pongono finalità politiche. La tradizione dellautonomia operaia
in Italia, oggi quasi spaita organizzava in maniera più informale sulla
base di collettivi ed assemblee, anche se questa conduzione non migliorava
la democrazia.
Negli anni settanta abbiamo avuto molti collettivi femministi che si ponevano
sul terreno della lotta politica contro il patriarcato e lo stesso gruppi
omosessuali. Anche quando il movimento ha avuto unorganizzazione più
estesa (MLD) non é comunque arrivato a gradi di strutturazione paragonabili
a quello di un partito. Oggi esistono pochi gruppi femministi che si collocano
su un terreno politico in Italia. Vi sono allinterno dei partiti del
movimento operaio raggruppamenti di ridotte dimensioni che pensano di condurre
allo stesso tempo utilizzando quegli struenti una lotta sul terreno di classe
e su quello di genere.
Negli anni sesttanta abbiamo avuto raggruamenti che si poevano sul terreno
politico per quanto riguarda la lotta degli omosessuali. Oggi sono rimasti
pochi gruppi. Esistono nei partiti del movimento operaio piccoli raggrupamenti
che vogliono condurre la lotta sui due piani.
I giovani. La protesta giovanile é sempre stata quella più refrattaria
allorganizzaione anche la più informale (collettivi). Spesso
inoltre organizzaioni formate esclusivamente da giovani, ad esempio le organizzazioni
dellestrema sinistra degli anni settanta, non si misiero sul piano della
lotta generazionale. Vi sono state e tuttora vi sono raggruppamenti spesso
separati dai partiti dei sinistra ma solo formalmente. Vi sono centri sociali
che spesso si collocano sul piano direttammnete politico portando avanti anche
rivendicazioni tipicamente giovanili.
Le minoranze nazionali spesso si sono organizzati in partiti oppure in fronti
che raggruppvano guppi locali di varia natura (culturali, sindacali, politici)
come nei Paesi dellEst intorno all89.
Movimenti
I lavoraoti hanno espresso la difesa dei propri interessi materiali con la
forma sindacato. I sindacati avevano a volte finalità più radicali
ma più era prevalente il loro carattere di massa e più era evidente
la parzialità dei fini. Nei sindacati vi é stata spesso una
lotta acerrima dei partiti per conquistarne dla direzione. A un sindacato
si aderisce in base a una essera ma mai in base a un programma.
i sindacati sono di massa, il partito no
Quando il partito invade il cmpo del sindacato e viceversa
I due hanno in comune la lotta contro le cause esterne.
cosa avremo in una fabbrica ottimale? Il CdF, i sindacati, i partiti, e il
gruppo di base
anche il partito lotta per fini concreti
Riassunto
Gli strumenti
Politica. A seconda delloppressione.
Di classe. Partiti, movimenti. Quelli che escono fuori.
Genere. Collettivi. Coordinamenti. Pezzi di paritito.
Generazione. Collettivi. Pezzi di partito. Quelli che escono fuori.
Etnica. Partiti. Fronti di liberazione.
Omo. Collettivi. Coordinamenti.
Movimenti.
Di classe. Sindacati.
Genere. Pezzi di sindacato. Associazioni di massa.
Generazione. Sindacati. Associazioni. Centri sociali.
Etnica. Gruppi folclorici
Omo. Associazioni culturali.
Tutte e cinque. Comitati per i diritti umni, ospedaliLavoro di base.
Gruppi.Caratteristiche
Quando si mischia lavoro di base e il resto.
Divisione animatori e base. Disione nociva invece negli altri casi.
Quel
che cé, quel che sarebbe necessario
Un partito per ogni oppressione.
Un movimento di massa per ogni oppressione. Unità.
Gruppi di base ovunque.
Alleanza.