Recensione a "Maximilien Rubel (1905-1996)".
Recensione al libro di Gianfranco Ragona, "Maximilien Rubel (1905-1996) Etica, marxologia e critica del marxismo", Milano, Franco Angeli, 2003, pp. 256. Di Diego Giachetti. Settembre 2003.


Lavorando principalmente sul fondo Rubel conservato presso la Bibliothèque Internationale de Documentation Contemporaine di Nanterre e presso altre biblioteche europee, in particolare la Nazionale di Parigi, quella di Stato di Berlino e l’istituto di Storia Sociale di Amsterdam, l’autore del libro ha voluto, innanzi tutto, fornire un’esaustiva bibliografia degli scritti di Rubel, che integra e completa quella già pubblicata nel precedente lavoro, curato dal Centro di Iniziativa Luca Rossi di Milano, su Rubel, Karl Marx. Saggio di biografia intellettuale, (Milano, Colibrì, 2001). Ripercorrendo la biografia intellettuale di Rubel, si segnala fin dalle prime pagine l’importanza delle sue radici spinoziane e del concetto di etica, elementi che lo accompagneranno per tutta la vita di studioso di Marx. Scrive, infatti: "Una certa filosofia insegna che pensare correttamente e vivere correttamente sono la stessa cosa […]. Per Spinoza la filosofia altro non è che un’etica [quindi] l’immagine del perfetto intellettuale è quella di un uomo che accorda armoniosamente pensiero e vita, tanto da formare un tutto inseparabile".

Contattato da un gruppo di giovani marxisti rivoluzionari e di anarchici durante l’occupazione tedesca della Francia, che voleva far circolare volantini di propaganda rivoluzionaria tra le truppe tedesche, Rubel scopre Marx e pochi anni dopo, nel 1948, enuncia la sua interpretazione etica del marxismo: "l’attualità di Marx non sta tanto nel valore scientifico, dunque relativo e discutibile, della sua teoria economica, quanto nella validità etica della sua critica radicale delle istituzioni sociali che impediscono il pieno e libero sviluppo di ciascuno e, di conseguenza dell’umanità". Per etica intendeva un insieme di ragioni di vita, di valori condivisi e di norme per l’azione, coerenti con un fine prefissato; la dimensione etica della critica sociale e politica di Marx andava ricercata nella sua conformità al fine della costruzione del socialismo. Il presupposto spinoziano ed etico introdotto da Rubel apriva strade nuove che cozzavano contro il conformismo marxista prevalente. Egli dava risalto all’importanza e all’attualità di tre critici ottocenteschi del sistema hegeliano: Kierkegaard, Nietzsche e lo stesso Marx. Il primo aveva segnalato la mancanza di elementi etici nel sistema di Hegel poiché l’agire umano era sottomesso allo sviluppo dello spirito. Nietzsche si era opposto allo storicismo hegeliano scagliandosi contro l’onnipotenza attribuita alla storia e, quindi, la conseguente sottomissione dell’uomo al fatto compiuto: aveva esortato l’uomo all’azione nel mondo, a una storia che fosse al servizio della vita e dei valori vitali. Marx, infine, aveva affermato la necessità dell’intervento cosciente degli uomini nella storia, contrapponendosi a una dottrina che rendeva gli uomini strumenti di una "sostanza immateriale definita Spirito universale". Non era un caso che nella tesi di laurea su Epicuro e Democrito Marx propendesse per il primo, perché indicava una concezione dell’uomo capace di sfuggire al giogo delle forze sovrumane assumendosi l’onere e il compito di costruire una società nuova a fraterna.

La lettura di Spinoza, che gli trasmise una concezione dell’etica quale fondamento della "nuova vita", ebbe una parte importante nell’indirizzare la critica di Marx all’hegelismo. Contro l’apriorismo hegeliano oppose una teoria della creazione storica che conteneva una dimensione etica che riconduceva l’adesione di Marx alla causa dell’emancipazione del proletariato a una personale scelta etica. Marx non era diventato rivoluzionario e socialista scoprendo le leggi dello sviluppo capitalista, ma era riuscito a cogliere l’essenza della dinamica del capitalismo perché rivoluzionario, spinto dall’esigenza di ricercarne le radici di un’organizzazione sociale che la sua visione dell’uomo gli imponeva di rifiutare; così disse: "Marx ha aderito al comunismo, non dopo, ma prima di averne studiato le premesse sociologiche ed economiche". Distinse in Marx due elementi: l’analisi scientifica dei rapporti sociali di produzione all’interno delle formazioni economiche sociali, e la concezione dell’uomo, agente della storia e non da esso dominato. Quindi di fronte alle condizioni che, muovendo dalle contraddizioni della società capitalistica potenzialmente ponevano il bisogno di socialismo, Marx era consapevole che senza un processo di presa di coscienza da parte del proletariato della sua missione storica, il superamento del capitalismo non sarebbe stato possibile.

Evidente quindi, sul piano etico e filosofico, prima ancora che su quello politico, l’avversione di Rubel al socialismo sovietico i cui dirigenti e ideologi era giudicati responsabili di deformazioni dell’insegnamento marxiano abbandonato in nome del realismo politico richiesta dalla politica di una grande potenza. La critica si basava sull’incongruenza tra il socialismo di Marx, fondato su un’etica di emancipazione che contemplava una rigida correlazione tra mezzi e fini, e il socialismo stalinista, il quale, pur dichiarando formalmente l’adesione alle acquisizioni del pensiero di Marx, si prestava ad un giudizio di correità nella barbarie del mondo moderno. Tale gli appariva lo scenario offerto dalla Guerra Fredda, dalla minaccia termonucleare, dalla divisione del mondo in zone d’influenza.. Lo studio della formazione economica sociale sovietica e del contesto storico in cui era nata portò Rubel a definirla capitalismo di stato e l’ideologia marxista falsa coscienza di una classe di sfruttatori del lavoro salariato.

Conseguentemente Rubel intraprese la strada che lo avrebbe impegnato per il resto della sua vita, quella del ritorno al Marx autentico, liberato dai marxismi interpretativi e dalle codificazioni del marxismo fatte nel novecento e "frutto legittimo dello spirito di Engels". Marx non era responsabile della nascita della dottrina marxista, occorreva separare Marx dai marxismi e dar vita alla marxologia che per Rubel divenne impulso alla pubblicazione delle opere di Marx. Nel 1963, infatti, usci il primo tomo delle opere di Marx da lui curato, parte di un progetto che prevedeva l’organizzazione degli scritti economici, filosofici e politici. Il secondo tomo uscì in pieno ’68 mentre Rubel era impegnato a polemizzare col Marcuse de L’uomo a una dimensione, sostenendo che il capitalismo generava ancora un proletariato incompatibile con l’ordine dominante. In quest’ambito l’attenzione si accentrò sulla politica. Tentò di chiarire quale fosse stato l’approccio di Marx verso il tema dell’organizzazione di classe introducendo il concetto di autopraxis del proletariato. Criticò il marxismo politico con le sua strutture organizzative che inquadravano il proletariato nella rigida disciplina di partito, senza distinguere tra socialdemocrazia, leninismo e maoismo, in quanto "complice del sistema di potere, che contribuisce a mantenere le masse sfruttate e dominate in uno stato permanente di privazione intellettuale e morale, in un sistema di servitù volontaria". A questa prassi contrappose il principio dell’autopraxis del proletariato, presente in Marx e avverso a Lenin, implicante il rifiuto di ogni gerarchia istituzionalizzata fondata sul sapere specialistico dei dirigenti politici di professione.

Nel 1982 nel terzo tomo delle opere di Marx ribadiva come la rappresentazione spinoziana dello Stato avesse ispirato Marx più di quella hegeliana; tuttavia guardando alla realtà a lui contemporanea si sentì in dovere di affermare l’inattualità di Marx e l’attualità di Hegel. Partendo dalla constatazione che nel proletariato dei paesi più sviluppati era assente la volontà di liberarsi, ribadiva la validità della critica marxiana al modo di produzione capitalistico era vitale, ma ciò non poteva sostituire la mancanza di un progetto di emancipazione e di una conseguente prassi politica e sociale. In questo senso Marx era inattuale, mentre si avvertiva "la presenza di Hegel", pensatore della "preistoria dell’umanità", con la sua tavola di valori dominata dallo Stato e con la sua concezione della guerra "positiva e concreta" che rischiava di gettare la specie umana in uno stato di barbarie definitivo e irrimediabile. Due anni dopo tornò a chiedersi quali potessero essere i motivi per fare ancora riferimento a Marx, la cui scienza sembrava refutata dalla realtà di un capitalismo che non generava la sua negazione. E di fronte alla prospettiva concreta di una nuova guerra mondiale nucleare declinò l’alternativa socialismo o barbarie nei termini o rivoluzione o il nulla.

Nel 1994 uscì il quarto tomo delle opere di Marx dedicato alla politica. In questa raccolta di scritti Rubel vi ritrovò il tentativo di realizzare i principi del liberalismo in una prospettiva comunista. Il riferimento alla democrazia significava anche il riconoscimento dei suoi attributi formali: il goveno operaio doveva sviluppare forme di elezione di rappresentanti revocabili in ogni momento. Svelare in Marx il teorico della democrazia, presentando la portata etica e la necessità politica della dittatura del proletariato, separandola dal mito dell’Ottobre, senza con ciò cadere nella retorica antitotalitaria o anticomunista, costituì l’ultimo tentativo di Rubel per salvare e riproporre il messaggio etico e rivoluzionario del "teorico del proletariato".