Partiti e sindacati.
Qual
è la differenza tra un partito e un sindacato? Che relazioni devono
intercorrere tra loro? Associazione Cultura Popolare. Settembre 1996.
Parleremo
in questo foglio di partiti e sindacati della classe lavoratrice. Si tratta
delle principali forme organizzative adottate da questa classe sociale. In
altre epoche vi sono state altre classi oppresse, ma solo quella odierna,
costituita dall'insieme dei lavoratori dipendenti, ha dato vita a forme organizzate
permanenti. I
sindacati I
sindacati (tutti i sindacati, compresi quelli di destra, gialli, ecc.) dichiarano
di fronte ai lavoratori di difendere i loro interessi; se altrimenti affermassero
apertamente di salvaguardare quelli della controparte, non riceverebbero uno
straccio di consenso. Prendiamo il caso estremo dei sindacati gialli, dei
sindacati cioé creati direttamente dall'azienda: i loro dirigenti per
guadagnarsi il consenso dei lavoratori dovranno comunque cercare di convincerli
di star facendo i loro interessi, magari proponendo l'equazione: interesse
del lavoratore = interesse dell'azienda. Nessuno cioé si iscrive ad
un sindacato masochisticamente ("mi iscrivo, perché così
l'azienda può spennarmi meglio"). Da sempre inoltre i lavoratori
si iscrivono ai sindacati perché pensano di essere così anche
meglio tutelati a livello individuale (consulenza, protezione, carriera, ecc.).
Differenze
tra sindacati e partiti operai A
differenza dei sindacati l'adesione ai partiti operai (anche chiamati più
genericamente di sinistra) é dovuta al fatto che questi si pongono
sul piano della politica. Politica deriva dal greco polis, città, quando
nella Grecia antica la polis coincideva con lo stato. Politica dunque come
governo, stato, suo cambiamento o distruzione. Insomma il piano della politica
si pone la questione, in una maniera o nell'altra, del potere. I partiti operai
non rinunciano a dire la loro sui problemi elementari dei lavoratori (salario,
occupazione, ecc.), né a dichiarare di lottare per difendere gli stessi,
ma lo fanno in una prospettiva diversa da quella sindacale: i sindacati lottano
(o fanno accordi, o pasticci) direttamente con la controparte in una continua
contrattazione, che da quel punto di vista potrebbe non avere mai fine, i
partiti operai invece affermano di difenderli attraverso l'uso degli strumenti
dello stato (o la sua distruzione e sostituzione con qualcosa d'altro), quindi
offrendo nella loro prospettiva soluzioni che appaiono come definitive. I
lavoratori cioé si iscrivono ai partiti operai perché aderiscono
ad un modello di società (o di governo della società) e non
ad un modello di relazioni sindacali. I
partiti operai I
partiti operai danno alla questione del potere, diverse risposte. Vi sono
quelli che immaginano che si possano cambiare le cose a favore dei lavoratori
un passo alla volta fino ad una società più giusta (socialista,
come i vecchi socialdemocratici, o capitalista dal volto umano, come i nuovi).
Costoro sono stati chiamati partiti riformisti. Si propongono di migliorare
le cose utilizzando gli strumenti della democrazia parlamentare. Vi sono poi
i partiti che pensano si possano cambiare le cose veramente solo abbattendo
lo stato. Si chiamano rivoluzionari. Sia gli uni che gli altri lottano per
le riforme, ma i primi le vedono come un passo in più verso la società
più giusta, i secondi come passo in più nel rafforzamento della
coscienza di classe e dei rapporti di forza. Partiti
e sindacati e differenza di genere Nonostante
la classe lavoratrice sia formata in tutti i Paesi anche da una quota consistente
di donne (dal 30 a quasi il 50%), sia ai partiti che ai sindacati sono sempre
stati iscritti in larghisssima misura lavoratori maschi. Questa percentuale
aumenta ancora di più tra gli attivisti e diventa enorme a livello
dirigenziale.
Un sindacato può collocarsi più o meno a destra o a sinistra
a seconda della radicalità con cui difende i lavoratori, cioé
quanto più vicino o distante si tiene dall'equazione: interesse dell'azienda
= interesse del lavoratore. Nessun sindacato é "definitivamente"
di destra, o venduto al padrone, e nessun sindacato é "definitivamente"
di sinistra e radicale. Tutto dipende dalle circostanze e dalla forza espressa
dai lavoratori. Un movimento operaio in ascesa produce sempre (nel senso che
al riguardo non esistono eccezioni) uno spostamento a sinistra dei sindacati
(che se così non facessero perderebbero il consenso degli iscritti)
e una sparizione o indebolimento di quelli di destra, gialli o corporativi.
Un movimento operaio in riflusso produce uno spostamento a destra dei sindacati
e la loro frammentazione (sorgere di sindacati alla loro destra, corporativi
e gialli, e alla loro sinistra, combattivi).
I sindacati sono visti dai lavoratori come strumento per difendere i propri
interessi elementari: il salario innanzitutto, la sicurezza del posto di lavoro
in secondo luogo, e poi il resto. Ciò avviene indipendentemente dalle
dichiarazioni di principio dei dirigenti sindacali. Vi sono cioé dirigenti
che sbandierano il carattere politico del proprio sindacato, spacciandolo
magari come strumento per la presa del potere (anarcosindacalismo), oppure
asserendone il carattere comunista o socialista o anticapitalista: i lavoratori
che aderiscono a tali sindacati però lo faranno non in virtù
della ideologia che sbandierano, ma solo perché magari sembreranno
loro i più determinati nel difendere i propri interessi elementari
(a meno che non si tratti di un piccolissimo sindacato che raccoglie non massa
ma solo avanguardie politicizzate, in questo caso però é destinato
a sparire rapidamente). Allo stesso modo i dirigenti sindacali possono sbandierare
il carattere "cattolico" del sindacato o la sua propensione per
il centro politico, ma i lavoratori che vi aderiranno non lo faranno certo
per ragioni ideologiche, ma perché quel sindacato parrà loro
aderente alla propria maniera di difendere gli interessi elementari dei lavoratori
(moderazione per paura del padrone, timore degli scioperi, ecc.). Insomma
i lavoratori non aderiscono ad un sindacato o ad un altro per le posizioni
che questo prende a livello politico, ma per la maniera di fare sindacato
che propone (chiamiamo questa maniera relazioni sindacali).
Dobbiamo comunque precisare che la gran parte dei lavoratori aderisce ad un
partito operaio con un'idea di quel partito, e del modello di società
che difende, che molto spesso non é lo stesso che hanno in testa i
suoi dirigenti. La massa dei lavoratori che inoltre vota (senza aderirvi)
un partito operaio lo fa spesso con uno spirito sindacale (perché immagina
cioé che ciò sia utile alla difesa dei suoi interessi immediati).
L'adesione a un sindacato dunque é vista dal lavoratore come qualcosa
di concreto i cui eventuali risultati si vedono nell'immediato. L'adesione
ad un partito (non il semplice voto) invece si pone nella prospettiva medio
lunga, così come i suoi eventuali risultati. È più facile
dunque che un lavoratore si renda conto della necessità del sindacato
più che del partito. Per questo in ogni Paese gli iscritti ai sindacati
sono di più degli iscritti ai partiti di sinistra. Per questo possiamo
distinguere genericamente due tipi diversi di coscienza: la coscienza sindacale
(del lavoratore che capisce che ci si deve organizzare per difendere i propri
bisogni elementari), la coscienza politica (del lavoratore che capisce che
il livello sindacale non risolverà mai definitivamene i propri bisogni
elementari). La coscienza di classe é un'altra cosa. La coscienza di
classe é di quel lavoratore che si rende conto che i suoi interessi
sono separati e antagonici rispetto a quelli dei padroni. Ovviamente questa
coscienza può manifestarsi tra lavoratori iscritti a qualsiasi sindacato
o partito operaio. Naturalmente stiamo parlando della massa. È ovvio
che vi può essere il caso di lavoratori che pur non essendo iscritti
a partiti e sindacati hanno un alto livello di coscienza di classe, ma non
trovano opzioni sindacali e politiche di proprio gradimento.
Teniamo presente inoltre che un sindacato si propone generalmente di organizzare
i lavoratori, mentre un partito, anche di sinistra, si rivolge anche ad altri
strati di popolazione (lavoratori autonomi, studenti, ecc.) dato che non propone
solo un modello di relazioni sindacali, ma soprattutto di società.
Naturalmente i partiti (non solo quelli di sinistra) tendono ad esercitare
una certa influenza sugli apparati dei sindacati. Ciò é dovuto
al fatto che i sindacati svolgono una funzione indirettamente politica. Anche
le lotte sindacali cioé concorrono a determinare i rapporti di forza
tra le classi nella società e dunque volontariamente o no ad influire
(senza essere determinanti) sulla risoluzione della questione del potere.
Forti e vittoriose lotte sindacali cioé favoriscono il rafforzamento
dei partiti di sinistra, dato che, in generale, rafforzano la classe lavoratrice.
Per questo i partiti tendono ad imporre nei sindacati i modelli di relazioni
sindacali più consoni alla propria strategia politica.
I partiti che si dicono rivoluzionari ovviamente non necessariamente lo sono
davvero. Nei fatti la gran parte di coloro che tali si dichiaravano non hanno
affatto sfruttato le occasioni che la storia offriva loro. Nessun partito
rivoluzionario ha conquistato il potere in un sistema a democrazia parlamentare
o al di fuori di un periodo rivoluzionario (e al di fuori del quale nessun
partito rivoluzionario é stato egemone tra i lavoratori).
Ovviamente un partito dei lavoratori può nei fatti tradire gli interessi
della propria classe. Anzi potremmo dire che questo accadimento apparentemente
paradossale costituisce la regola (anche se non mancano le eccezioni). Non
per questo il partito cessa di essere un partito operaio (o di "sinistra",
che dir si voglia). Il suo carattere operaio non é dovuto infatti alla
sua linea politica o alle azioni e dichiarazioni dei suoi dirigenti. La discriminante
che ci deve far decidere se un partito é "borghese" o "operaio"
é l'atteggiamento che le varie classi sociali mantengono nei suoi confronti.
La massa dei lavoratori che vota a destra o al centro non lo fa pensando di
difendere i propri interessi, ma dietro a sollecitazioni ideologiche (per
difendere la "libertà", oppure la patria, o "il Nord",
oppure perché pensa che sotto il fascismo si stava meglio, oppure per
difendere la gerarchia cattolica) o di clientelismo; la massa di coloro che
votano a sinistra lo fa per ragioni opposte, di classe, pensano cioé
che votando quel partito si difendano meglio gli interessi dei lavoratori.
I partiti borghesi infatti, dato che evidentemente non possono sostenere pubblicamente
di difendere i soli interessi dei padroni (che sono una piccola minoranza),
sono costretti a far ricorso all'ideologia, a delle idee cioé che servono
a far credere ai lavoratori (dei cui voti hanno bisogno) che il problema per
i lavoratori non é il capitalismo. Per propagandare queste idee hanno
a disposizione strumenti portentosi (giornali, televisioni, scuole, chiese,
ecc.).
Come nel caso dei sindacati anche i partiti operai si spostano a sinistra
durante un periodo di ascesa del movimento operaio e viceversa nei periodi
di riflusso (dove tendono a frammentarsi). Raro é il caso di un partito
operaio che diviene borghese nel corso della sua esistenza. Della trasformazione
ci accorgiamo per il fatto che vi sono settori di borghesia che lo sostengono
attivamente, come é avvenuto con il PSI di Craxi da parte di Berlusconi.
Tale tipo di sostegno, ad esempio, la borghesia non lo offre al PDS (anche
se conta su questo partito per far approvare politiche di destra).
Possiamo dunque anche sulla base spiegarci come mai sino ad oggi partiti e
sindacati hanno rappresentato o cercato di rappresentare gli interessi sindacali
e politici dei lavoratori maschi. E questo indipendentemente dalle dichiarazioni
dei dirigenti sindacali e politici.