La rivoluzione nelle Asturie, 1934.
La rivoluzione delle Asturie, episodio poco conosciuto, ma molto significativo, che precedette la Guerra Civile spagnola. Di Maurizio Attanasi. Luglio 2003.


 

Premessa

Molto si è parlato e scritto sulla guerra civile spagnola, sulla lotta che i repubblicani sostennero contro i fascisti che si ribellarono al legittimo governo spagnolo. Fiumi di inchiostro sono stati spesi per narrare delle forze antifasciste che da tutta Europa si diedero appuntamento in Spagna per combattere contro il fascismo mondiale lì rappresentato dall’asse Franco-Mussolini-Hitler; eminenti studiosi hanno poi sviscerato i rapporti internazionali legati alla vicenda spagnola della seconda metà degli anni trenta, parlando della commedia del non intervento, dell’imbarazzo della Francia del Fronte Popolare, dei progetti di Stalin di sacrificare la rivoluzione della Spagna alla realpotik sovietica.

Ma un avvenimento che rimane poco conosciuto, ne è prova la scarsissima bibliografia esistente, è la rivoluzione nelle Asturie, una rivoluzione che diede vita, anche se per pochi giorni, ad una esperienza di società diversa, con il proletariato al potere, in quella che qualcuno definì la "Comuna Asturiana".

Prima del '34

Gli spagnoli nel 1931 avevano dato la maggioranza parlamentare, soprattutto nelle grandi città, a repubblicani e socialisti. Nel '33 però le nuove elezioni permisero la costituzione di un governo conservatore che si avvaleva anche dell'appoggio esterno della fascisteggiante Ceda. Il nuovo governo non solo avversava le riforme operate dal precedente, ma contestava la stessa forma istituzionale repubblicana che la Spagna aveva ormai adottato da un biennio, quando Alfonso XIII aveva abbandonato lo stato iberico "sospendendo le proprie prerogative". Le forze del governo nel 1933 davano vita a quello che è stato definito il ”biennio nero”, stabilendo tra le prime azioni del governo la cancellazione sistematica delle riforme attuate da socialisti e da liberali nei due anni precedenti.

La campagna elettorale del 1933 era stata particolarmente accesa, specie in alcune regioni, come nelle Asturie, che avevano conosciuto a partire dagli anni venti una forte sindacalizazione della forza lavoro, costituita in gran parte da minatori. Nelle Asturie la Ceda di Gil Robles, aveva affermato in maniera non tanto velata, che la vittoria elettorale avrebbe costituito il primo passaggio verso uno stato corporativo come altre esperienze che si andavano affermando in quegli anni in Europa.

Questa minaccia, insieme alla dichiarata mancanza di fedeltà alla repubblica di alcuni partiti che facevano parte della coalizione governativa, generò il timore tra il proletariato, ma anche in alcuni settori della borghesia, che si potesse verificare a Madrid quello che era già successo in Italia, Austria e Germania, dove forze fasciste, appoggiate da liberali e conservatori, avevano preso il potere con gli strumenti democratici, sopprimendo, poi, le libertà democratiche e scagliandosi con particolare furore contro il proletariato e i partiti e le associazioni sindacali che lo rappresentavano.

Il 1934

Il 1934 fu segnato da una fortissima conflittualità sociale: lo sciopero del 18 febbraio in solidarietà ai lavoratori austriaci che avevano vissuto l’esperienza di Dolfuss, lo sciopero del 17 aprile contro il terrore fascista, la grande replica del proletariato spagnolo a Madrid contro il ritrovo della Ceda all’Escurial, lo sciopero degli agricoltori a giugno, lo sciopero dei duecentomila operai madrileni l’8 settembre in appoggio ai rabassaires e contro i proprietari terrieri catalani che erano andati a Madrid per chiedere l’abolizione della legge sui cultivos approvata dalla Generalitat catalana. Sempre in quell’anno ci fu la grande manifestazione per difendere la gioventù socialista e catalana dagli attacchi del governo Samper, la protesta delle donne spagnole contro il riordino della leva, ed infine l’azione del proletariato nelle Asturie per evitare la concentrazione a Covadonga delle forze fasciste. L’estate di quell’anno era stata particolarmente animata anche per l'opposizione delle nazionalità basca e catalana nei confronti del governo di Madrid. A Barcellona la Ley de coltivulos era stata annullata dal tribunale supremo di Madrid, poiché secondo la suprema corte la materia normata non rientrava nelle competenze dei catalani. Ma in Catalogna non si fecero intimorire e sotto la propria responsabilità il presidente procedette comunque alla ratifica. Nei Paesi Baschi erano invece gli accordi pluricentenari che regolavano i rapporti di tassazione tra la regione e Madrid (i fueros) ad essere messi in crisi dal governo centrale. Per opporsi a questa politica, si procedette a convocare elezioni amministrative per misurare l’appoggio della popolazione a candidati sindaci che sostenevano le rivendicazioni della comunità basca contro il governo di Madrid. Dalla capitale arrivò il divieto di celebrare le elezioni, ma i baschi procedettero ugualmente, e tutti i candidati una volta eletti vennero arrestati.

Questo lo scenario delle rivendicazioni e delle lotte del proletariato spagnolo. Ma cosa accadeva nei palazzi della politica?

Il governo Leorrux, uscito dalle elezioni del '33 si era dimesso per protesta contro lユatteggiamento troppo prudente del presidente della repubblica, in merito alla concessione della grazia ai partecipanti al tentativo di sollevazione di qualche mese prima, guidato dal generale Sanjuro.

A Lerroux succedette per volontà di Alcala Zamora, un debole governo Samper formato dalle stesse forze politiche che avevano sostenuto Lerroux e con la Ceda che aspettava alla finestra, pronta a presentare agli alleati il conto dell’appoggio esterno che di fatto garantiva la vita del governo, con la richiesta di dicasteri per i propri uomini.

Mentre la Ceda preparava con molta calma il proprio ingresso alla guida del paese, il maggiore partito del proletariato, il PSOE (Partido Socialista Obrero Espanol), uno dei principali sostenitori del primo governo repubblicano della Spagna, aveva conosciuto un'evoluzione a sinistra, per lo meno in termini verbali. Minacciava in continuazione che non avrebbe esitato per difendere la repubblica e il proletariato a far ricorso alla rivoluzione.

La minaccia di far cadere il governo, lanciata alla chiusura dei lavori estivi si concretizzò all'inizio di settembre, quando Gil Robles disse semplicemente che la Spagna aveva bisogno di un governo forte e ciò non poteva essere garantito dalla compagine governativa guidata da Samper. Alcala Zamora si trovò di fronte ad una nuova crisi ministeriale; che fu alla fine risolta con l’entrata nel governo della Ceda anche se tra i ministri cedisti non figurava il leader Robles (erano stati assegnati alla Ceda il ministero del lavoro, della giustizia e dell’agricoltura).

Prima ancora di conoscere la composizione del governo, il proletariato spagnolo, spaventato dal pericolo fascista, scese in piazza per dire no all’ingresso nel governo di forze fasciste e per affermare che era arrivata l’ora della rivoluzione, come sempre più spesso, a parole, esigevano i leader del Psoe. Ma se nelle piazze il PSOE era stato abile arringatore, nel momento dell’azione si dimostrò incapace, inconcludente, impreparato o forse più semplicemente non disposto a far seguire i fatti alle parole.

Di fronte ad un proletariato che spontaneamente scendeva in piazza per chiedere armi per la lotta, "i rivoluzionari" del PSOE diedero il meglio di sé proclamando uno sciopero generale pacifico. Alcuni lavoratori, credettero che era una tattica dei loro capi per spiazzare le forze conservatrici, ma ben presto dovettero fare i conti con la dura realtà e la repressione del governo Leroux. Scioperi e manifestazioni scoppiarono nelle maggiori città e un'intera regione si infiammò: le Asturie.

Molto si è discusso se le azioni svoltesi in tutto il Paese fossero orchestrate da una unica regia, o se invece si trattò di un movimento nato dal basso che, in molti casi, vide le forze politiche alla finestra (anarchici) o trascinate dagli eventi (socialisti). Politici delle forze al governo attribuirono la regia occulta ai socialisti; tesi che sarebbe avvalorata dalla scoperta negli anni immediatamente successivi al biennio nero di un piano dei socialisti per la presa del potere. Ma valutando il comportamento che effettivamente tennero i dirigenti socialisti in quella occasione, dobbiamo propendere per la tesi spontaneistica del movimento, cresciuto in una serie di lotte partite dalla conquista del potere governativo da parte dei conservatori nel '33.

A Barcellona, in risposta alla formazione del governo della Ceda, Companys proclamò lo stato catalano, nell’ambito di una nuova organizzazione dello stato spagnolo. Anche a Barcellona, il proletariato insorse chiedendo le armi; ma il governo borghese credette di risolvere diversamente la faccenda, confidando nel comandante dell’esercito di stanza a Barcellona, generale Batet, catalano anche lui. Ma quando il generale Batet ricevette da Madrid l’ordine di riportare la calma in Catalogna, non ebbe la minima esitazione a puntare i cannoni contro il palazzo di Companys, che si arrese prontamente. Nella città catalana, un ruolo particolare fu giocato dagli anarchici che non solo non parteciparono allo sciopero generale, ma da Radio Barcellona esortarono i lavoratori ad abbandonare la lotta.

A Madrid nella notte tra il 4 e il 5 ottobre esplose lo sciopero generale, e ci fu il tentativo di alcuni circoli socialisti di assaltare le caserme della guardia di assaltos e la caserma del 6° reggimento. Ci furono sparatorie presso il ministero degli interni e la centrale telefonica. Gli attacchi risultarono vani e gli insorti cambiarono tattica adoperando successivamente quella dei franchi tiratori. Il 5 ottobre Madrid era una città deserta, bloccata dallo sciopero generale, con qualche quotidiano conservatore che era uscito e con continue sparatorie in tutta l’area della capitale. Il governo annunciò con enfasi che la calma regnava a Madrid e in tutto la Spagna. Ma era falso: il governo si riunì nella tarda mattinata per imporre dure misure atte a fronteggiare la rivoluzione, come la censura per tutti gli avvenimenti relativi allo sciopero. Sporadiche sparatorie si verificarono sino al giorno 8, con i militari impegnati a garantire i servizi essenziali, e i giovani sostenitori del partito radicale (al governo) a fare i netturbini, per aiutare l’esecutivo nella sua lotta contro il proletariato.

A Madrid solo la Ugt (Union General de Trabajadores- il sindacato socialista) proclamò lo sciopero, mentre la CNT (Confederacion Nacional de Trabajo il sindacato anarchico) si defilò dagli avvenimenti di quell’ottobre. Il dirigente socialista Largo Caballero cercò di coinvolgere e attivare nella lotta le Alianzas Obreras, costituite poche settimane prima e costituite soprattutto da socialisti e qualche comunista; ma questo soggetto dimostrò la sterilità e l’inutilità di creazioni politiche dall’alto, senza nessun appoggio e radicamento nel territorio.

La rivoluzione nelle Asturie

Fu scoperto un vaporetto, il Turquesa, che trasportava armi in direzione delle Asturie. Il sospetto che fossero implicati alcuni dirigenti socialisti fornì il pretesto che la destra aspettava: la Ceda organizzò una imponente manifestazione nella regione delle Asturie, manifestazione che si concluse con i dimostranti che tornarono a piedi alle proprie case, per uno sciopero generale proclamato dai lavoratori contro la stessa manifestazione.

La rivoluzione scoppiò nelle Asturie all’alba del 5 ottobre. Qui il proletariato più cosciente, rappresentato dai minatori, fortemente sindacalizzato (il sindicato de obreros mineros de Asturias —SOMA- nel giro di pochi anni giunse ad avere tra i propri iscritti il 60 % dei lavoratori del settore) aveva con una forte consapevolezza classista, e si ribellò al governo formatosi a Madrid. La rivolta assunse però ben presto caratteristiche anticapitaliste.

Secondo alcune fonti, vedi Manuel Grossi, militante di Izquerda Comunista uno dei leader della rivoluzione, l’azione dei minatori sarebbe partita da Mires, dove nella mattinata del 5, circa duemila persone si riunirono davanti al municipio già occupato dai lavoratori. Venne proclamata la repubblica socialista. Di lì a qualche giorno quasi tutte le Asturie erano sotto il controllo dei lavoratori insorti. I minatori nell’effettuare la prima mossa della loro azione (attacco e disarmo di novantotto, quasi tutte, caserme della Guardia Civil) usarono lo strumento del proprio lavoro, la dinamite, di cui avevano abbondanti quantità (ed erano particolarmente esperti nell’usarla). Si formarono in tutte le città liberate comitati rivoluzionari costituiti dal proletariato in armi, ed un comitato provinciale ad Oviedo, capoluogo delle Asturie, uno dei principali centri della lotta dei minatori; in quasi tutte le città si formarono milizie armate.

Ad Oviedo, tuttavia, ci furono gravi scontri e la città non fu mai completamente sotto il controllo degli operai, perché le forze militari della regione erano tutte concentrate all’interno del capoluogo; qui l’8 ottobre il comitato pubblicava un bando con cui si puniva qualsiasi atto di saccheggio e faceva appello alla costituzione di guardie rosse e si prendevano provvedimenti volti ad organizzare l’approvvigionamento.

I lavoratori, una volta preso il potere, procedettero ad organizzare la vita delle proprie comunità attraverso la creazione di sette commissioni: approvvigionamento e risorse, sanità, lavoro, comunicazione, propaganda, ordine pubblico e giustizia. Tra le più importanti misure adottate vi furono l’abolizione della moneta con la sostituzione in alcuni casi dello scambio diretto di beni; le fabbriche di importanza militari e come ad esempio a Mieres (esplosivi) e Turon (mezzi blindati) vennero gestite direttamente dagli operai che procedettero ad aumentare la produzione, per venire incontro alle esigenze del proletariato nella impari lotta contro le forze che il governo di Madrid si stava preparando ad inviare nella regione.

A Sama, il comitato di approvvigionamento entrò in contatto con i contadini per assicurare i rifornimenti di latte, uova e carne. Si organizzarono ospedali dove vennero curati i feriti di entrambe le parti e dove lavoravano anche suore e medici reclutati a forza dai minatori. Il comitato lavoro si occupò della gestione dei servizi pubblici come acqua e luce. A Mieres, il comitato rivoluzionario distribuì buoni per l’acquisto dei viveri.

L’azione efficace dei minatori asturiani trovava il suo retroterra in una classe lavoratrice le cui caratteristiche abbiamo gia descritto, ma anche nell’agire di forze politiche, che nelle Asturie avevano dimenticato i contrasti presenti in altre regioni per dar vita nel marzo del 1934 al patto "Alianza Obrera" formata da anarcosindacalisti, socialisti, e i resti del Blocco operaio e contadino, la sinistra comunista e l’ingresso, all’ultimo momento anche del partito comunista spagnolo (Pce). I diversi membri della coalizione riuscirono ad operare in modo coordinato mettendo al primo posto l’affermazione del proletariato al di sopra dei soliti interessi di partiti o fazioni, nonostante in alcuni paesini si registrarono, anche da parte di partiti proletari, lotte per l’acquisizione di qualche poltroncina.

Molto si è discusso sulla violenza "cieca" che i minatori avrebbero esercitato sui nemici di classe e in particolar modo su religiosi e uomini di chiesa. In realtà sono molte le testimonianze di soggetti che avrebbero dovuto essere oggetto di attacchi e che invece testimoniano il contrario. La violenza che ci fu, dovuta a secoli di oppressione che il proletariato subiva ad opera dei possidenti e dello stesso clero, fu una vicenda riconducibile a singoli episodi e non la linea politica dei rivoluzionari.

La rivoluzione attecchì anche tra i militari come dimostrano episodi quali l’assalto dell'Arsenale di Alicante da parte dei marinai, o ad Oviedo i novecento soldati che pur assediati dai rivoluzionari si rifiutarono di sparare sulla folla come era stato ordinato loro dai superiori.

In un’altra regione limitrofa alle Asturie, a Leon si formò un embrione di Esercito rosso sul modello dell’esercito sovietico, con i lavoratori che si organizzarono anche per uscire dalla propria regione e per portare la rivoluzione in tutte le regioni della Spagna; ed anche a Leon ci fu un tentativo di sollevazione dell’esercito.

Ma la sollevazione aveva le ore contate. Isolati nella loro regione, con mezzi e uomini limitati, i lavoratori asturiani non avevano possibilità di vittoria.

Il governo convocò i generali Goded e Francisco Franco e li incaricò in qualità di capi di stato maggiore di dirigere le operazioni per la repressione. Essi accettarono a condizione che potessero utilizzare le truppe scelte africane, proposta che venne subito accettata dal governo.

Le truppe mandate già nei primi giorni della rivoluzione erano state bloccate dalle milizie operaie nei pressi di Vega del Rey. Il 7 a Gijon la situazione si aggravò con l’arrivo dell’incrociatore Libertà che fece sbarcare un battaglione di fanteria. Le Asturie facevano paura e per questo il colonnello Aranda fu incaricato di creare un dispositivo di truppe lungo un arco di cinquanta km dalla Galizia fino a Valencia per evitare che gruppi di rivoluzionari andassero in altre regioni a cercare appoggi e sostenitori.

Il 10 cominciavano i bombardamenti aerei, mentre a Gjion continuavano ad arrivare navi che trasportavano legionari e regulares africani.

Le truppe guidate da Franco e Goded avanzavano a fatica, incontrando una strenua resistenza da parte dei lavoratori insorti. Ma, seppur lentamente, le truppe scelte dell’esercito spagnolo conquistavano casa dopo casa, villaggio dopo villaggio sottomettendo la regione ribelle.

Il generale Lopez Ochoa inviò dei messi a Sama per trattare la resa. Bellarmino Tomas, portavoce del comitato provinciale, accettò la proposta di resa, purchè le truppe africane non entrassero alla testa delle truppe che conquistavano le città

Dopo che Ochoa ebbe accettato la resa dei lavoratori il comitato provinciale diffuse questo manifesto: "A tutti i lavoratori; il giorno 5 del mese scorso cominciò la gloriosa insurrezione del proletariato contro la borghesia; ora, dopo che è stata provata la capacità rivoluzionaria delle masse operaie a svolgere attività di governo, e dopo equilibrate alternative di attacco e di difesa, riteniamo necessario fare un tregua nella lotta e deporre le armi per evitare mali maggiori. Per questo, nella riunione congiunta di tutti i comitati rivoluzionari, è stato deciso il ritorno alla normalità… Noi giudichiamo questa nostra ritirata, compagni, onorevole perché inevitabile. La disuguaglianza nei mezzi di lotta, dopo che noi abbiamo dato prova di idealismo e di correttezza sul teatro dei combattimenti, contro un nemico che dispone di moderni mezzi di guerra, ci ha portato come vuole l’etica rivoluzionaria ad adottare questo atteggiamento estremo… Il proletariato lo si può sconfiggere, ma non vincere; tutti al lavoro per continuare la lotta per la vittoria."

La proposta venne accettata solo dal generale Ochoa, non dal ministero della guerra. Le truppe della legione straniera e i regulares mori si comportarono come "un esercito straniero vincitore che gode delle sofferenze dei vinti" (Thomas pag 87). La repressione fu durissima; le fonti parlano di centinaia di morti (il numero varia dai 400 ai 2000) con centinaia di uomini e donne imprigionati nelle case del pueblos, trasformate da luoghi di incontri in luoghi di detenzione del proletariato. Molti abbandonarono le città e si rifugiarono sulle montagne, per continuare la lotta armata.

Più tardi, nel 1936, quando la vittoria elettorale della sinistra innescò la Guerra Civile, i minatori asturiani furono di nuovo in prima fila a difendere la Repubblica dal fascismo che avanzava.

 

Bibliografia essenziale

H. Thomas, Storia della guerra Civile spagnola, Einaudi, 1963

M. Lobo, La lotta dei minatori asturiani nella Spagna Franchista; Liguori 1977

H. Browen, La guerra Civile spagnola, Il mulino, 1996

M. Tunon de Lara, Storia della repubblica e della guerra civile in Spagna, Ed. Riuniti, 1966

http://www.educastur.princast.es/ies/corvera/OTRASWEB/Historia%20de%20Asturias/1934.

http://www.geocities.com/ameana_es/asturias/1934.htmlLA REVOLUCIÓN DE 1934 EN