Per i 150 anni. La prima guerra mondiale
Soldati
usati come carne da macello; profittatori di guerra; un battesimo di sangue
per il popolo italiano!
(
Di
Maurizio Attanasi). Reds - Luglio 2011.
Forse è stato il primo vero avvenimento che ha creato un popolo unito.
Siciliani, calabresi, veneti e laziali tutti insieme in grigio-verde, sulle
montagne a combattere gli “striaci”.
La prima guerra mondiale rappresenta un episodio che, prima la propaganda
fascista e, poi, quella repubblicana hanno voluto celebrare ed esaltare.
Fu presentata come una guerra di re e guerra di popolo e continuò
ad essere enfatizzata nell’immaginario collettivo da un regime fascista
il cui fondatore, con i soldi intasca, aveva abbandonato i socialisti per
passare nel campo degli interventisti; il duce del fascismo che quella guerra
“eroicamente” l’aveva combattuta.
La realtà dei fatti era però ben triste, diversi i patemi
che il popolo dovette affrontare in quei lunghissimi tre anni di guerra,
in cui la vita degli italiani cambiò profondamente.
Lo stato Italiano rimase nell'indecisione fino al momento in cui gli eventi
cominciavano a precipitare.
Erano chiaramente percepibili una serie di segnali scondo cui la crisi stava
investendo tutta l'europa: la guerra libica da una parte e le guerre dei
Balcani dall'altra avevano trasformato
l’Europa in una polveriera in attesa di scoppiare a causa degli interessi
contrapposti delle grandi nazioni.
Bastava una scintilla da usare come pretesto e questa scoppiò a Sarajevo;
l'indecisione degli italiani su come porsi di fronte alla guerra inevitabile
non era limitata solo al se fare o no la guerra, ma anche sul con chi farla.
L'Italia, che era legata nella Triplice alleanza a Prussia e Austria, all’improvviso
scoprì di avere feeling con la Francia e l’Intesa, nonostante
decenni di politica triplicista.
Alla fine si decise: lo decise la piazza, si disse, con le radiose giornate
di Maggio (1915)!
In realtà la decisione fu di un ristretto numero di affaristi, di
politici e di ambienti della Corte che avevano giudicato più appetibili
le offerte che Francia e Inghilterra avevano fatto a Roma.
A quel punto, come per tutte le guerre che si rispettino, si cercò
il motivo ideologico per colorare quella che era solo un’impresa di
conquista e basta: il risorgimento offri argomentazioni più che lusinghiere.
La quarta guerra d’indipendenza, il Trentino che mancava all’Italia,
la guerra all’Austria-Ungheria nostra secolare nemica.
Partimmo per la guerra! O, per meglio dire, partirono alla guerra; perché
come in tutte le vicende italiane che si rispettino i contadini poveri e
sporchi, che non avevano conoscenze e che rappresentavano la maggioranza
in quell’Italia di inizio secolo, partirono per il fronte, spesso
verso luoghi mai neppure sentiti nominare a vivere quotidianamente con gente
con cui, spesso, era anche difficile capirsi.
E non era bella la guerra! E non era bella la vita in trincea!
Come era diversa la quotidianità nelle Trincee del Veneto, o sulle
montagne del Trentino, da quella rappresentata nella "Domenica del
Corriere" o da quella "igiene del mondo" che i futuristi,
spesso rimasti lontani delle linee di combattimento, avevano declamato.
“ Un giorno dovranno piangere lacrime di sangue per tutto quello
che fanno soffrire. La mano divina si farà sentire sul colpevole,
sull’infame sull’ingiusto. Maledetta la guerra, maledetto chi
la pensò, maledetto il primo che la gridò”.
In questa parole di uno dei tanti fanti che lottarono in questa guerra uno
specchio di quello che il soldato-contadino, quello che fu usato come carne
da macello provò e pensò.
La prima guerra mondiale non è stata l’epica legenda del re
soldato; un re acquartierato lontano non solo dal fronte ma anche da Udine,
sede del comando dell’esercito, che nel conflitto mondiale conservò
quel ruolo da imperturbato spettatore delle vicende più che capo
di uno stato.
La prima guerra mondiale non è stata quella del proclama della vittoria
del generale Diaz con l’esercito che aveva sconfitto le armate austriache,
che “avevano disceso con orgogliosa sicurezza le valli” .
E’ stata un'altra storia: una storia fatta di profittatori che si
arricchirono, e molto, con gli affari legati alla guerra: industriali che
producevano materiale scadente per le truppe al fronte, per le commesse
di armi dello stato; per chi si arricchiva con la borsa nera nelle città.
Una storia fatta di sangue e infamia: con migliaia di soldati mandati consapevolmente
a morire per le decisioni cervellotiche di qualche ufficiale; con soldati
decimati dal freddo, nel fango senza scarpe, senza mantelle per potersi
proteggere.
Soldati decimati dai superiori, dai carabinieri che eseguirono centinaia
di condanne a morte nei confronti di gente che non voleva sottostare a dictat
assurdi.
Soldati vittime di decimazioni, solo perché rumoreggiavano dopo mesi
in trincea con trenta gradi sotto zero all’arrivo di un’ispezione.
Soldati processati per diserzione, per disfattismo: un soldato verrà
condannato ad un anno e dieci mesi perché scriveva: “ Chi
fa la guerra è il popolo, i lavoratori che hanno le mani callose,
Sono questi quelli che muoiono, perché i ricchi riescono a mettersi
al sicuro”.
Fu la guerra del gas, di questo nemico invisibile che uccideva a migliaia
i soldati che a volte non avevano nessun filtro nelle maschere antigas che
indossavano per proteggersi.
Fu la storia di una guerra in cui quando i soldati, soprattutto quelli meridionali
andavano in licenza spesso non tornavano più al fronte, stanchi di
vedere tanti compagni d’armi morti.
Spesso tornavano a casa disertando perché volevano mandare avanti
il lavoro dei campi, per aiutare le famiglie colpite dalla partenza degli
uomini e ridotte in miseria.
Soldati che commisero l’atroce delitto di “fraternizzare”
con il nemico perché capivano che dall’altra parte della trincea
c’era un uomo che soffriva come loro, con gli stessi problemi e le
stesse difficoltà.
Tentarono spesso strade disperate: l’autolesionismo, con i soldati
che si sparavano addosso, si perforarono i timpani, si “sporcarono”
gli occhi con sostanze tali da arrecare danni permanenti.
Anche il suicidio fu un modo per evitare quell’inferno, come soldati
come quello descritto da Lussu, in un anno sull’altipiano, che nel
momento in cui gli ufficiali ordinavano l’attacco giravano verso di
sé i fucili e la facevano finita!
Più di ottomilioni e cinquecentomila morti tra tutti i paesi coinvolti;
solo in Italia i morti furono più di seicentocinquanta mila e mezzo
milione di invalidi, intere regioni distrutte, paesi devastati: questo quello
che ci lasciò in eredità veramente la grande guerra.
I trattati cosiddetti di pace seminarono l’odio che sfociò,
dopo poco più di due decenni, in una nuova inutile strage !