Per i 150 anni. Gli arditi del popolo
Una delle pochissime esperienze di auto-organizzazione del proletariato per
resistere alle violenze fasciste
(
Di
Maurizio Attanasi). Reds - Settembre 2011.
E' finita la
prima guerra mondiale e, dopo la guerra, la pace.
I problemi da affrontare per l’Italia sono tanti: la riconversione
dell’industria di guerra, la crisi economica, la distruzione di intere
regioni, milioni di soldati che dopo la devastante esperienza del fronte
tornano a casa.
Ambienti della destra lanciano la campagna della vittoria mutilata, dell’Italia
ferita e umiliata.
L’Italia del dopoguerra è profondamente diversa da quella del
primo conflitto mondiale.
Sulla scena politica fa il suo ingresso il suffragio universale e irrompono
i partiti di massa (quello Socialista e quello Popolare di ispirazione cattolica)
che mettono in crisi la vecchia classe liberale che si vedeva rappresentata
dall'icona di Giovanni Giolitti.
Gli anni dopo la fine della guerra sono anni caratterizzati da forti tensioni
sociali. Gli operai e i contadini ingrossano le fila del Partito Socialista
e della Confederazione Generale del Lavoro; entrambe le organizzazione incrementano
in maniera esponenziale i propri iscritti.
Ma anche i cattolici si organizzano in leghe per difendere i contadini dagli
attacchi degli agrari.
La situazione di tensione sfocia nel 1919 nell’occupazione delle fabbriche
da parte del movimento operaio; l’occupazione delle fabbriche parte
da Torino e si diffonde in tutta Italia.
Ma la rivoluzione di cui, a sinistra tutti si riempivano la bocca, quella
rivoluzione proletaria che a dispetto di tutte le teorie si era realizzata
in Russia nel 17, non arrivò mai in Italia e, nei fatti, furono poprio
le occupazioni e l’esperienza dei consigli di fabbrica a segnare "l’inizio
della fine" per il proletariato.
Giolitti, abilmente, non represse le sommosse,come invece chiedevano i padroni.
Le controllò, convinto che i socialisti non avrebbero dato all’occupazione
lo sbocco rivoluzionario richiesto agli occupanti. E, in effetti, fu così.
Ma gli industriali, come già accaduto per gli agrari, si sentirono
traditi dal governo.
Prima ancora che nascessero e si radicassero i fascisti di Benito Mussolini
gli agrari e alcuni industriali avevano assoldato bande per combattere gli
operai e le loro lotte.
Il fascismo riuscì a muoversi con abilità e sagacia in quel
difficile contesto, partendo da posizioni repubblicane e vagamente socializzanti
del programma di San Sepolcro a tutore dell’ordine monarchico e del
regime capitalistico della fine del 22.
Mussolini usò il partito e i suoi strumenti per arrivare al potere,
agitando lo spauracchio socialista che esisteva solo nei discorsi dei fascisti
e non nella realtà. Ma i socialisti diventano comunque il principale
bersaglio delle bande fasciste.
Sindaci, consiglieri comunali, sindacalisti, semplici militanti e operai
sono fatti oggetto degli attacchi delle squadre fasciste che adottano sempre
la stessa tattica: poichè i fascisti locali sono pochi, intervengono
normalmente le squadre dai paesi o dalle province vicine; in seguito all'incursione
fascista il locale fascio prende forza e si ingrandisce raccogliendo i reazionari
e nazionalisti di tutte le risme: quelli che prima avevano paura dei socialisti
e che ora temono i fascisti e tutti i “don abbondio” che erano
prima alla finestra.
Alle violenze fasciste il governo rispose voltandosi dall’altra parte;
quando poi furono emanate norme per disarmare i civili (molte armi della
guerra erano in giro ancora nelle città) venivano applicate soprattutto
verso militanti e simpatizzanti “sovversivi” cioè socialisti,
anarchici e repubblicani.
Lo stato non guardava: non vedeva le amministrazioni locali costrette alle
dimissioni dai manganelli fascisti, le cooperative socialiste e cattoliche
incendiate dagli uomini di Mussolini, le sedi di giornali messe a soqquadro.
Gli italiani , si sa, sono fondamentalmente buoni!
Ma basta leggere l’avvento del fascismo nel libro di Angelo Tasca
per capire che non fu così: ci furono i morti; ci furono i feriti.
Ma se lo Stato girava, complice, lo sguardo dall’altra parte, lascia
perplessi l’atteggiamento tenuto dal Partito Socialista e dalla Confederazione
Generale del Lavoro (Cgil).
I socialisti erano divisi in tre grossi gruppi: quello dei massimalisti
che governava il partito, la corrente riformista alla guida del sindacato
e , infine, la frazione comunista che nel 21 abbandonerà il partito
dando vita al Partito Comunista d’Italia.
I socialisti erano convinti che la sfuriata fascista sarebbe passata e loro
avrebbero alla fine viste affermat le loro idee. Per questo motivo, non
supportato da alcun elemento di analisi storica, non reagirono, non pensarono
a dotarsi di strumenti di difesa e invitarono i propri militanti a non rispondere
alle violenze.
Ma non tutti accettarono questa linea di pensiero massimalista e parolaio
propagandato dal gruppo parlamentare (un gruppo parlamentare che da un lato
dice di voler battere lo stato borghese e dall'altro ne chiede la protezione).
Come pure prende piede l'incertenza tra i lavoratori, che pur venendo da
esperienze di occupazione delle fabbriche nel '19, devono prendere atto
di una confederazione sindacale che li invita a una inutile attesa.
Vi era poi la questione dei reduci della guerra e del loro astio nei confronti
delle classi dirigenti che non avevano mantenuto le loro promesse: niente
terra ai contadini, ritorno nell’anonimato e nel grigiore per tutti
gli ufficiali e sottufficiali che nutrivano speranze di gloria nell’Italia
post-bellica, magari attraverso le colonie che tutti speravano di acquistare.
Dai trattati di pace pace, dai trattati di Versailles e dai ragionamenti
sugli equilibri internazionali ne esce un'Italia trattata come una potenza
di terz’ordine e con le illusioni espansionistiche frustrate.
Gli ex militari, ostili verso i liberali, non nutrivano sentimenti diversi
verso i socialisti che consideravano i disfattisti, che spesso avevano messo
in crisi il paese rischiando di far perdere la guerra.
E l’ostilità era ricambiata dai socialisti che consideravano
gli ex combattenti colpevoli dell’evento bellico e non vittime anch’essi
della guerra.
In tale contesto è facile capire come molti dei reduci aderissero
alle posizioni di D’Annunzio e di Mussolini.
Ma la scelta di Mussolini di lasciare D’Annunzio da solo a Fiume,
la scelta di abbondare la linea di Sansepolcro (socialisteggiante e repubblicana)
per diventare il braccio armato del governo e delle classi dominanti, spingono
alcuni reduci a costituire delle associazioni, che rifiutano di difendere
i capitalisti e che si pongono a difesa dei lavoratori.
Argo Secondari, figura su cui parte della storiografia di sinistra ha espresso
dubbi sulla sua reale spinta ideale, sarà l’elemento coagulante
della nuova associazione degli Arditi del Popolo.
“Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le case del popolo,
… fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai .. gli
Arditi d’Italia non potranno avere con loro nulla in comune. Un solco
profondo di sangue e di macerie fumanti dividono fascisti e arditi!”
Il 2 luglio 1921 si ha la prima adunata generale degli Arditi nella capitale.
E indubbio che il punto da cui si parte è l’arditismo, ma è
l’antifascismo a spingere in tanti ad aderire, come ad esempio la
Lega Proletaria o a Torino i componenti delle guardie rosse che erano state
attive nel controllo delle fabbriche nel ‘19.
Qualche giorno dopo gli arditi tengono il loro primo comizio a Roma.
Il primo organismo vede un direttorio formato da tre persone che include
Secondari. Questo organismo spinge per una politica frontista che veda insieme
tutte le forze antifasciste dagli anarchici, ai comunisti, ai repubblicani
ai democratici borghesi, ai socialisti. Tutti insieme per fermare l’orda
nera fascista!
Verso la fine dell’anno gli arditi si strutturano in un’organizzazione
più rigida dividendosi in sezioni che fanno capo ad un direttorio
provinciale. E questo ad un vertice nazionale.
I dati sul fenomeno dell’arditismo popolare sono divergenti: fonti
del governo parlano di 46 sezioni diffuse in tutto il paese con circa 5700
iscritti; altre fonti parlano di 140 sezioni con 20 mila iscritti.
Ma gli arditi del popolo vogliono andare oltre la semplice difesa armata
del proletariato esprimendo pareri e posizioni su questioni di natura economica,
sociale e su questioni politiche, con una mobilitazione contro la decisione
di un tribunale statunitense che condannava a morte i due anarchici italiani
Sacco e Vanzetti.
Lo stato, cosi disattento e spesso complice verso le violenze fasciste diviene
tutore inflessibile ed efficace persecutore nei confronti di questa organizzazione
di difesa del proletariato.
Vengono emanate diverse norme da parte del governo, in special modo del
ministero dell’interno, per limitare l’uso della violenza da
parte dei singoli cittadini e volte a limitare la diffusione di armi tra
la popolazione.
Ma mentre per i fascisti le norme rimangono sulla carta, le cosiddette forze
dell’ordine provvedono a rigorose perquisizioni e sequestri di armi
e arresti di operai.
Spesso si assiste a situazioni assurde: i fascisti organizzano spedizioni,
i proletari si difendono intervengono alla fine i tutori dell’ordine
sequestrando le armi di difesa !
Come è accaduto di frequente nella nostra storia, la paura di sovversivi
armati viene usata dal governo anche per colpire le altre forme di dissenso
anche se nulla hanno a che fare con gli arditi del popolo, con le armi o
con il tentativo di difendersi dalla violenza squadrista.
E i partiti politici come si rapportano con gli arditi?
I socialisti , la più grande forza politica, con un grande partito
politico forte di centinaia di parlamentari, di tanti sindaci, consiglieri
comunali, di un grandissimo sindacato presente in tutta Italia con le sue
camere del lavoro, con le sue cooperative come reagisce di fronte a questi
uomini che decidono di mettersi sul piano della difesa fisica dalle aggressioni
fasciste che proprio dei socialisti stanno facendo scempio ?
I socialisti, come già detto, sono convinti della loro vittoria finale
perciò non spingolo alla lottare; e addirittura stringono un patto
di pacificazione con i fascisti. Un patto di pacificazione tra aggressori
e aggrediti dove in un punto del pato stesso si stabilisce che i socialisti
non riconoscono e non hanno nulla a che fare con l’organizzazione
degli arditi del popolo.
I comunisti, invece, che nel gennaio del 1921 hanno lasciato la confusa
casa socialista, d’istinto guardano con favore a quel movimento che
va contro la passività socialista.
Gramsci e il gruppo di Ordine Nuovo esprime un giudizio positivo nei confronti
degli Arditi definendola un'organizzazione sorta per difendere i lavoratori
“dal brigantaggio politico tenuto esclusivamente dai fasci di combattimento”
.
Hanno obbiettivi limitati, sostiene sempre Gramsci, ma sicuramente vanno
appoggiati.
E’ una linea che ben presto verrà abbandonata; il comitato
esecutivo del neonato Pcdi prima si mostra attendista poi invita i militanti
a non entrare negli Arditi, ma a partecipare alla costituzione di milizie
comuniste.
Solo il partito può portare alla rivoluzione, qualsiasi altra organizzazione
che ha obbiettivi parziali e non mira alla rivoluzione proletaria tende
e a distrarre il proletario dal suo fine ultimo!
Settarismo!
Di questo li accuseranno i compagni di Mosca, in dissenso in quegli anni
con l’organizzazione guidata in Italia da Bordiga.
Il partito, sostiene Mosca, è il cuore e il cervello della classe
operaia e per il partito non c’è movimento a cui partecipano
masse operaie troppo basso o troppo impuro per immergersi.
Mentre il fascismo andava al potere si discuteva circa la bontà e
l’adeguatezza ai principi marxisti e rivoluzionari degli Arditi del
Popolo!
I repubblicani, piccola forza in quell’Italia, riterranno utile correre
per proprio conto; non sono dei propugnatori della difesa a tutti i costi
dalla violenza fascista; ma se i camerati attaccano i seguaci di Mazzini
dovranno provvedere da soli alla propria difesa !
Niente confluenza negli arditi, niente fronte unico antifascista!
Gli unici a a l'unità di azione con gli Arditi sono gli anarchici.
Anche loro, come i comunisti, ritengono che solo un’organizzazione
anarchica potrà guidare il proletariato verso la rivoluzione libertaria.
Ma si buttano dentro l’organizzazione fornendo uomini, mezzi, organi
di stampa per dare spazio e voce a questi combattenti contro la violenza
fascista, a difesa del proletariato.
Gli anarchici criticano la posizione socialista perché alla violenza
fascista oppongono le loro piccole scaramucce parlamentari.
Due episodi sintomatici della presenza e dell’azione degli arditi.
A Sarzana 21 luglio 1921.
Una squadra, formata da centinaia di fascisti, puntano su Sarzana.
Là si trova un capitano dei carabinieri con dieci soldati. Chiedono
ai militari di passare per prendere possesso della città emiliana,
con la forza o con la ragione; chiedono inoltre al tenente la liberazione
di dieci fascisti arrestati e detenuti a Massa.
I carabinieri non solo rispondono negativamente ma intimano ai fascisti
di disperdersi; ne segue un conflitto a fuoco in cui i fascisti hanno la
peggio; abituati a vincere e a battere uomini e donne disarmati di fronte
alla forza dello stato si sciolgono come neve al sole.
I fascisti tentano un ritorno, ma questa volta è la popolazione in
armi che si solleva e i carabinieri sono nuovamente presenti per evitare
la peggio agli squadristi.
Tra il 1 e il 2 agosto del 1922 Italo Balbo alla guida di migliaia di fascisti
provenienti dal resto della regione, dalle Marche, dal Veneto e dallo Toscana
punta su Parma, città dalle forti tradizioni sindacaliste. 300 arditi
e tutta la popolazione dei quartieri popolari si organizza per l’autodifesa,
creando barricate con tutti i mezzi a disposizione.
I fascisti con armi efficienti e in grande quantità si infrangono
sulla resistenza proletaria.
Ottavio Pastore, ne "Le cinque giornate della difesa di Parma proletaria",
ricorda quei giorni: “che notte ! tutti per le strade e sui tetti.
Tutti intorno alle barricate. C’erano poche armi, ma sulle finestre
abbiamo accumulato i sassi e sui tetti c’erano le tegole. Le donne
avevano preparato l’acqua e l’olio bollente … perfino
delle boccette di vetriolo.
Hanno tentato di venire a sono sempre scappati”.
La lotta durò 5 giorni, dopo innumerevoli tentativi di assalto, i
fascisti furono costretti a ritirarsi con 39 morti e 150 feriti; gli arditi
ebbero 5 morti e 30 feriti.
Alla fine intervenne lo stato; fu proclamato lo stadio di assedio; il controllo
di Parma passò alle autorità militari che con l’esercito,
di fatto, protesse il ritiro delle sconfitte armate nere!
Ma ritornan do al patto di pacificazione tra socialisti e fascisti è
giusto sottlineare che questo ha rappresentato il culmine del trasformismo
mussoliniano e della peggior arrendevolezza socialista. Per gli arditi si
è trattato di un atto volto ad all'inasprimento della repressione
già esercitata dallo stato.
Gli Arditi continueranno a lottare, anche se in forze esigue; continueranno
a parlare di fronte unico antifascista, rimanendo inascoltati.
Tenteranno di organizzare una nuova difesa di Parma , minacciata ancora
dai fascisti, ma arriverà il 28 ottobre, la marcia su Roma, i fascisti
al governo l’inizio del ventennio.
L’esperienza degli arditi rimane una delle pagine più belle
e purtroppo incompiute della nostra storia.
Giustamente Paolo Spriano l’ha definita come una meteora e “un
errore straordinario che i partiti proletari commettono contro se stessi
accecati dal settarismo , da pregiudizi dottrinari, da piccoli calcoli politici,
da diffidenza sospettosa per tutto ciò che non proviene dalle organizzazione
istituzionalizzate nello schieramento operaio”.
L’esperienza dell’arditismo continuerà in modo frammentario
in Spagna, ove in diversi si recheranno per combattere per il sogno di una
società libera dal giogo fascista.
Saranno sconfitti anche in terra iberica vittime della potenza nazi-fascista,
dell’ipocrisia delle cosiddette nazioni libere e democratiche (Francia
e Inghilterra) e abbandonati dagli interessi per nulla rivoluzionari dell’altro
grande dittatore del novecento: Stalin!