Per i 150 anni. Cinque giovani anarchici del sud
Gli anni
settanta; il sogno di cambiare il mondo; tante vite spezzate.
Di quel decennio raccontiamo la storia di cinque ragazzi che morirono mentre
cercavano una verità controcorrente. (
Di
Maurizio Attanasi). Reds - Gennaio 2012.
Non è
un semplice incidente stradale quello che costa la vita a 5 giovani calabresi
in viaggio verso Roma il 26 settembre 1970.
Giovanni Arricò, Angelo Casile, Annelise Borth, Luigi Lo Celso, Francesco
Scordo venivano da Reggio Calabria teatro in quei giorni di violenze scoppiate
in seguito alla proclamazione di Catanzaro come capoluogo di regione proprio
ai danni della città dello stretto.
La storia inizia quindi in Calabria, terra di miseria, di emigrazione e
di ndraghetta.
Terra che nel 1970 coglie il pretesto della nuova organizzazione per far
scoppiare la rivolta.
Un pretesto, certamente, ma che indicava un malessere profondo, in cui ebbe
gioco facile l’estrema destra fascista e la malavita organizzata.
Il 5 luglio 1970, il sindaco democristiano Battaglia rende pubblica alla
città, in quello che verrà definito “rapporto alla città”,
la decisione del governo di Roma di nominare Catanzaro come capoluogo di
regione.
Il 13 luglio viene proclamato, con l’appoggio di tutte le forze politiche
ad eccezione del Pci e del Psi, lo sciopero generale. Di fatto è
l’inizio della rivolta.
Lo sciopero continua spontaneamente il giorno successivo, giornata in cui
ci sono i primi scontri con la polizia, gli arresti, le macchine incendiate.
Si forma un “comitato d’azione per Reggio capoluogo” formato
da esponenti della Democrazia Cristiana, tra cui il sindaco, ed esponenti
della destra reggina. Ben presto, sarà proprio quest’ultima
a prendere il controllo del comitato e Ciccio Franco, segretario provinciale
della Cisnal, sarà considerato il leader di quella rivolta, il leader
del “boia chi molla”.
Ordine nuovo attribuisce a Reggio un ruolo storico ; è la nostra
rivolta, dice, è il primo passo della rivoluzione nazionale in cui
si brucia questa oscena democrazia.
Durante la rivolta ci sono attentati dinamitardi ai binari sui tratti di
linea Rosario – Gioia Tauro – Villa San Giovanni e alla linea
Catania Messina (22 settembre, 27 settembre e 10 Ottobre).
Ricordiamo anche l’attentato al traliccio di Santa Tecla che porta
energia elettrica in Sicilia, fallito per il basso potenziale dell’esplosivo
e l’ipotizzato tentativo di attentato al ponte di Catanzaro.
22 luglio 1970, l’episodio più grave è l’attentato
alla freccia del sud, il direttissimo Messina – Torino, deragliato
all’altezza di Gioia Tauro e costato la vita a sei persone, settantacinque
feriti, di cui dodici gravissimi.
Il deragliamento è anomalo, e le indagini lo confermano.
Il materiale rotabile e i binari erano in ottimo stato; si esclude l’esplosione
perché nessuno ha sentito nulla e perché non sono rimaste
tracce sul terreno.
Vengono rinviati a giudizio tre ferrovieri accusati di imperizia, ma il
tribunale li scagionerà tutti.
Una strage senza colpevoli con morti e feriti; un classico della nostra
Italia.
Ma i conti continuano a non tornare.
E' su questa strage che indagano i ragazzi di Reggio.
Attraverso fotografie e documenti hanno la prova che nella rivolta partecipano
in modo molto attivo molti neofascisti provenienti da tutta Italia.
Ma è ancora sull'attentato al treno che concentrano la loro attenzione;
indagano e trovano qualcosa, qualcosa che farà tremare i polsini,
dicono a compagni e familiari.
Il gruppo tiene contatti sull’argomento con la federazione anarchica
di Roma, con un avvocato romano e, inoltre, vanno a trovare il giornalista,
poi ucciso dalla mafia, Mauro de Mauro.
Il memoriale è finito; lo vogliono portare a Roma; ne spediscono
per posta una copia ad una famiglia romana di loro fiducia.
Decidono di partire per Roma approfittando di una manifestazione organizzata
dalla sinistra extraparlamentare nella capitale per contestare la visita
del presidente americano Nixon.
All’altezza di Fermentino a sessanta Km da Roma, un incidente stradale
mette fine alle loro vite, ai loro sogni e alle loro battaglie.
Un incidente come tanti?
No ! Come l’attentato al treno presenta tanti misteri.
La Mini Minor su cui viaggiano i giovani si scontra con un tir, ma nell’urto
il tir non ha i fanali posteriori rotti ma spenti e se si fosse trattato
di un tamponamento l’auto sarebbe dovuta essere schiacciata sotto
il tir e non sbalzata lontana.
Il modo in cui i corpi sono disposti sulla strada è molto strano,
sostiene Massimo Evangelista, un perito. Se fossero stati i due ragazzi
seduti davanti a volare sarebbe stato normale e invece sono stati gli unici
trovati all’interno.
Alla famiglia non verranno restituiti i documenti che i ragazzi avevano
con se, e la copia del dossier spedita a Roma non arriverà mai.
Inoltre, tra i primi ad arrivare sul luogo del disastro, sono gli uomini
della digos, come se il percorso dei ragazzi fosse conosciuto e seguito
da qualcuno a distanza.
Il luogo in cui avviene l’incidente e gli uomini coinvolti sono inoltre
legati al principe nero Valentino Junio Borghese , legato a doppio filo
all’estremismo fascista italiano, alle trame sovversive di quegli
anni e alla rivolta di Reggio del 1970.
I verbali dell’incidente verranno firmati da Crescenzio Melzina della
polizia stradale che volerà a Roma per sostenere il tentato golpe
di Borghese
Le dichiarazioni di pentiti (Carmine Dominaci e Giuseppe Albanese) hanno
ribadito che per i 5 ragazzi non si trattò di un incidente ma di
un omicidio maturato negli ambienti vicini a Junio Borghese e a quella destra
che soffiò sul fuoco della disperazione a Reggio nel 1970.
La rivolta di Reggio andrà avanti sino al 1971; Il compromesso è
trovato dal presidente del consiglio, il democristiano Emilio Colombo che
prometterà a Reggio la nascita del 5 polo siderurgico nazionale con
un investimento di 3 miliardi e la promessa di 10 mila posti di lavoro.
La proposta viene accettata e in città entra l’esercito con
i carri armati per riportare tutti e tutto alla normalità.
Il processo per la morte dei cinque ragazzi non verrà mai celebrato,
il caso viene archiviato velocemente, la Mini Minor è finita in fretta
e furia da uno sfasciacarrozze, mentre l’autotreno di Aniello Ruggero
è stato riconsegnato dopo una settimana al proprietario
Bibliografia
F. Cuzzolla, Cinque anarchici del sud, Città del sole 2001
S. Ferrari, Le stragi di Stato, L’unità 2006
P. Cucchiarelli – A. Giannulli, Lo Stato parallelo, Gamberetti Editore,
1997
M. Itri, Cinque anarchici del sud – Una storia degli anni settanta;
C. Lucarelli, Misteri d’Italia
A D’amelio, 5 anarchici del sud
R.Bertone, La rivolta di Reggio Calabria