Per i 150 anni. La terra trema:Irpinia!
E’
un episodio terribile: morti, feriti, senza tetto; sperpero di denaro pubblico,
arricchimenti illeciti. Questa è la storia dell’Irpinia e del
suo terremoto.(
Di
Maurizio Attanasi). Reds - Febbraio 2012.
23 novembre
1980; ore 19,34 novanta secondi in cui la terra trema, epicentro nella provincia
di Avellino; il sisma fa danni e morte in Campania, Basilicata e si avverte
anche in Puglia.
I morti sono 2735, i feriti più di 8850. I danni sono devastanti;
interi centri distrutti, i senza tetto saranno circa 300 mila. I comuni
colpiti sono 280, ben 36 completamente rasi al suolo.
Il terremoto (6,9 gradi della scala richter) si sviluppa in una zona di
case fatiscenti e vecchie con effetti disastrosi ulteriormente amplificati.
La questione dei soccorsi a dir poco inadeguati alla gravità della
situazione, rappresenta il primo punto dolente della vicenda Irpinia: assente
completamente lo stato, tutto viene lasciato al caso e allo spontaneismo
e improvvisazione delle popolazioni locali.
L’Italia di quegli inizi anni ottanta è governata da un tripartito
(dc, psi, pri) che poi a partire dagli anni '80 si allargherà per
diventare pentapartito (con l'aggiunta di psdi e pli).
Sandro Pertini, presidente della repubblica, al ritorno dopo una sua visita
nelle zone colpite dal terremoto lancia il suo duro atto d’accusa
nei confronti della struttura dei soccorsi.
Il Governo e il parlamento, vista la situazione di evidente emergenza, emanarono
una serie di provvedimenti per la ricostruzione; di particolare peso sono
quei decreti, poi convertiti in legge, che prevedevano nuove e ampie deleghe.
Verrà nominato commissario straordinario per il terremoto l’onorevole
Zamberletti che si era già occupato dell’emergenza del terremoto
in Friuli.
Sulle zone terremotate si riversano una marea di miliardi per la ricostruzione.
Si stima che siano stati stanziati, complessivamente, circa 50 mila miliardi
di lire in massima parte provenienti da fondi a carico del bilancio statale.
Tra le principali leggi che intervenivano sulla ricostruzione, c'è
la legge 219 che “ha premiato la distruzione e la ricostruzione ex
novo, a discapito del recupero e del restauro; si è radicalmente
annullato il patrimonio preesistente mediante un incentivo economico.”
Chi riparava la propria casa era penalizzato con una decurtazione del 20
% sul contributo, decurtazione che non era prevista per chi costruiva dal
nulla.
Altro pilastro della ricostruzione fu rappresentato dalla legge 187 del
‘82 che ridusse ulteriormente i poteri delle sopraintendenze architettoniche.
Ci fu un altro provvedimento che permise ai privati di modificare, di fatto
senza alcuni vincolo, le abitazioni nei centri storici colpiti dal sisma.
A queste norme cosi favorevoli per la ricostruzione per i privati, si affiancarono
norme per la ricostruzione industriale delle aree colpite dal sisma.
La ricostruzione.
Con l'articolo 21 della legge 219 si aprono i rubinetti a tanti grandi,
piccoli imprenditori. L’articolo stabilisce che gli imprenditori facendo
semplicemente domanda possono ottenere finanziamenti per la riparazione
dei danni, l’adeguamento funzionale degli impianti e l’eventuale
spostamento di aziende.
La lista con i nomi degli imprenditori che otterrano questi finanziamenti
è coperta da un fitto riserbo; il dato certo è che con questa
legge vengono distribuiti 1194 miliardi di lire;
“Aziende da terzo mondo gettate a casaccio nel cratere. Non ce n'è
una a tecnologia avanzata. Sono tutte industrie che operano in settori tradizionali,
molti dei quali in liquidazione sui mercati. Sette industrie di biancheria
intima mentre falliscono i lanifici, otto industrie produttrici di plastica
altamente inquinanti, con i sacchetti presto fuorilegge.” È
lo sfogo del socialista De Chiara presidente del Consiglio regionale della
Campania.
Le 152 aziende ammesse al contributi hanno avuto anticipi, ma alcune di
queste hanno solo incassato i soldi, ignorando i termini di ultimazione
dei lavori, quando questi sono iniziati.
Arrivano in tanti anche dall’operoso e onesto nord per investire nel
nuovo miracolo industriale di questo lembo del sud Italia: la Ferrero, la
Parmalat di Callisto Tanzi.
Ma se questi buchi sono stati creati nel processo di industrializzazione,
buchi più grossi si aprono quando si parla di infrastrutture.
Zamberletti disse che avrebbero portato le barche sulle montagne. 1750 i
miliardi stanziati allo scopo: costruire strade, acquedotti , fogne, rete
elettrica.
Ma i risultati di questo super attivismo saranno a dir poco deludenti: La
fondo Valle Sele (31km) completata per il 60 % con un anno di ritardo sui
tempi di esecuzione; altre strade verranno completate solo parzialmente:
parliamo di strade lunghe al massimo 30 km, costruite dal 16 al 40%.
Altro caso emblematico e paradossale è rappresentato dallo stadio
comunale di San Gregorio Magno , paese di 5000 abitanti in provincia di
Salerno costato più dello stadio San Paolo di Napoli.
Nella ricostruzione centinaia di ettari vengono spianati dalle ruspe per
delimitare area di industrie che non nasceranno mai.
Il Sele e l’Ofanto verranno aggrediti fino alle loro rive. Folco Pratesi,
da presidente del Wwf affermerà che ci vorranno migliaia di miliardi
per riparare i danni arrecati all’ambiente dalla ricostruzione post
– terremoto.
Che la ricostruzione sia un affarone, e che lo stato sia una mucca da mungere
lo dimostra un dato: i comuni dopo il terremoto erano 339 poi salgono a
ben 687 !
Un caso eclatante : un comune in Basilicata dichiarato “gravemente
danneggiato dopo ben 7 anni dal sisma.
Alcuni paesi vengono ricostruiti ex novo, peccato come accade nel caso della
ricostruzione per Conza della Campania, in una zona fortemente acquitrinosa
con l’acqua che si infiltra nelle fondamenta delle case.
Davanti a tanto scempio è inevitabile che ad un certo punto qualche
giornalista un po' zelante cominci a farsi domande.
Partono le prime inchieste giornalistiche e, in seguito, anche una commissione
di indagine parlamentare. Interviene anche una commissione americana e infine
la magistratura con quella che verrà chiamata l’Irpinigate.
L’indagine americana è condotta da un professore di sociologia
dell’università di New York. Le conclusioni del professore
parlano del 20 per cento di denaro finito in tasca ai politici, un altro
20 ai tecnici della ricostruzione e il resto alla camorra e a imprese del
nord e imprenditori locali.
Tra i tanti atti d’accusa quello sull’uso dei prefabbricati,
sconsigliati dalle precedenti esperienze e che invece hanno costituito uno
strumento di corruzione e pressione politica senza precedenti.
Gli interrogatori arrivano in parlamento e con De Mita , presidente del
consiglio, è il governo a rispondere nella persona del ministro Mattarella
a 26 interrogazioni parlamentari.
Secondo Locatelli, nel suo Irpiniagate, Mattarella “riesce a stilare
un documento di 57 cartelle che fa distribuire ai deputati. Un diluvio di
cifre e leggi che non smentiscono gli scandali. Anzi il ministro fa nove
ammissioni”.
Altre responsabilità di quanto accaduto sono state indicate dalla
corte dei conti che sottolineano le cosiddette gestioni fuori bilancio;
vengono evidenziati 806 miliardi di spese senza pezze di appoggio.
C’è poi il lavoro delle commissioni parlamentare, due in particolare,
quello della commissione presieduta dal deputato Scalfaro, istituita nell’aprile
del 1989 e quella del commissione parlamentare antimafia del dicembre 1993,
nella parte del “rapporto sulla camorra”.
La commissione Scalfaro concluderà i lavori nel 1990 affermando che
i 58.600 miliardi gia spesi (sui 70 mila stanziati) sono finiti nel nulla
o sperperati; dopo 10 anni più di 28 mila persone vivono ancora nella
roulotte e nei containers e 4405 negli alberghi.
Si sottolinea, in quest’ultimo rapporto, come le risorse gestite soprattutto
dai comuni non siano state sottoposte a nessun controllo preventivo di legittimità
e di merito.
“Spesso sindaci e amministratori comunali hanno mutato la discrezionalità
in arbitrio volgendo a loro vantaggio le provvidenze del terremoto con l’assunzione
di incarichi connessi alla ricostruzione”.
Questo rapporto poi sottolinea come una parte da gigante nell’affaire
ricostruzione sia stata esercitata dalla camorra, che ha messo propri uomini
nella gestione della cosa pubblica, per aver un proprio tornaconto. Dove
la collusione non è riuscita ha provveduto ad usare la violenza.
Nelle province in cui non era presente una struttura criminale si è
proceduto da parte della camorra ad estendere il proprio controllo in zone
ancora vergini.
Ricostruzione e soldi e, quindi, banche; o meglio una banca.
La Banca Popolare dell’Irpinia, una piccola banca locale, ha visto
moltiplicare i propri depositi fungendo da banca di deposito dei miliardi
per la ricostruzione.
Una banca particolare in cui tanti erano i depositi aperti dai minori e
in cui i soci avevano i nomi importanti dei politici della zona, in primis
della famiglia De Mita, segretario della dc e presidente del consiglio negli
anni della ricostruzione.
Nel marzo del 1987 alcuni giornali, tra cui l'Unità e L'Espresso,
rivelarono che le fortune della Banca Popolare dell'Irpinia erano strettamente
legate ai fondi per la ricostruzione dopo il terremoto in Irpinia del 1980.
Tra i soci che traevano profitto dalla situazione c'era la famiglia di De
Mita con Ciriaco proprietario di un cospicuo pacchetto di azioni che si
erano rivalutate grazie al terremoto. I titoli erano posseduti anche da
altri parenti. Seguì un lungo processo che si concluse nell'ottobre
del 1988 con la sentenza: «Secondo i giudici del tribunale romano,
chiamato a giudicare sulla controversia, era giusto scrivere che i fondi
del terremoto transitavano nella banca di Avellino e che la Popolare è
una banca della Dc demitiana». Appresa la sentenza, l'Unità
pubblicò il 3 dicembre un articolo in prima pagina dal titolo eloquente:
«De Mita si è arricchito con il terremoto”.
La storia dei soccorsi e della ricostruzione In Irpinia è diventata
l’emblema di spreco, sperpero, del malaffare anche nella pubblica
amministrazione.
E’ stato il malaffare in Irpinia una delle tante voci della prima
repubblica che ha aggravato quello che sarebbe poi diventato l’enorme
debito pubblico italiano.
Purtroppo la storia si è ripetuta ancora, basti pensare alle inchieste
di questi ultimi mesi sul terremoto e sulla ricostruzione a L’aquila.
BIBLIOGRAFIA
G. Locatelli, Irpiniagate; New Compton Editori, 1989;
G. Galli, Affari di stato, Kaos edizioni, 1991,
Irpinia Day 20 anni dopo, dossier Legambiente
S.Ventura, Irpinia 1980. Viaggio nel terremoto da internet
Terremoto dell’80 in irpinia da irpinianelmondo
E. Saldutti, Terremoto 1980: le origini dello scempio in Castelfranci da
internet
Il terremoto infinito, csoa officina 99
Terremoto in Irpinia, wilkipedia