Per i 150 anni. Inizia la II^ repubblica?
Negli anni novanta si verificano una serie di eventi che fanno sparire i partiti che sino ad allora L’italia aveva conosciuto. Ma è nata, veramente, qualcosa di diverso dal passato ?
(
Di
Maurizio Attanasi). Reds - Marzo 2012.


Gli anni novanta iniziano con i mondiali di calcio.
L’Italia ospita uno degli eventi sportivi più importanti al mondo e spera in un ritorno economico.
L’Italia del calcio non arriverà alla finale e, dopo pochi mesi, finita la festa, gli stadi nuovi o ristrutturati saranno posti sotto indagine dalla magistratura per il mancato rispetto delle normative sulla sicurezza e/o perché erano state versate tangenti per la loro realizzazione.

Il quadripartito (Dc, Psi, Psdi e Pli) governa il paese e si prepara alle elezioni che ci saranno nel 92.

Ma, in mezzo alle dispute interne alla Dc per la spartizione di posti, e quelle interne al CAF (il patto tra i maggiori referenti del Psi e della Dc: Craxi, Andreotti e Forlani) sulla successione di Cossiga al Quirinale, il 17 febbraio 1992 a Milano, succede un evento destinato a lasciare il segno.
Viene arrestato, mentre intasca una tangente, il presidente del Pio Albergo Trivulzio il socialista Mario Chiesa.
Il segretario del Psi bolla la faccenda con l’ironia che fino ad allora lo aveva contraddistinto. Parla di un mariuolo che non può macchiare l’onore del partito, proprio nella città di cui è il simbolo; la capitale finanziaria e morale, da decenni amministrata dai socialisti e considerata un feudo del segretario nazionale.

Da Milano a Palermo; da febbraio a marzo.
Salvo Lima, democristiano di lungo corso, uomo di Andreotti in Sicilia viene assassinato.
Il suo partito sembra dimenticarlo; l’unico che è presente ai suoi funerali è il capo corrente Andreotti. Le cronache lo descrivono come tetro e preoccupato. Forse, lui ha capito cosa significa quell’ omicidio eccellente, per la mafia, per l’Italia, per lui e il suo partito.
Anche in questo caso, come nel caso di Chiesa, il partito di appartenenza cerca di prendere le distanze per evitare che il fango schizzi e sporchi la reputazione alla vigilia delle elezioni che si celebreranno nell’aprile.

Arriva il voto, 5 aprile.
Il quadripartito che ha governato gli Italia alla fine degli anni ottanta ottiene una risicata maggioranza; la dc scende al minimo storico.
L’ astensionismo raggiunge la quota record del 17,4 %; i partiti di opposizione non crescono. Gli eredi del pci (pds e rifondazione comunista) sono insieme a meno del 20 %.
In qesto quadro l’unica vincitrice è la Lega Nord. Da un ininfluente 0,5 sale all’8,7 % nazionale con punte altissime in Lombardia (25 %) e Piemonte (quasi 20 %); in tutte le regioni del nord Italia ha una percentuale a due cifre.
Riesce ad eleggere 55 deputati e 25 senatori.

Ma prima della formazione del governo, ci sono da eleggere i presidenti del parlamento e quello della repubblica.
Per la camera viene scelto il democristiano Oscar Luigi Scalfaro, un cattolico conservatore, uomo sui generis nella dc; ha ricoperto incarichi importanti nel governo ma rimane un democristiano lontano da certi giochi e da certe logiche.
Al senato viene eletto il repubblicano Giovanni Spadolini.

Il passo successivo è l’elezione del presidente della repubblica. Gli accordi prevedono che Forlani sia eletto al Quirinale; ma la candidatura non va in porto. Si punta allora su Andreotti, ma ancora nulla di fatto.
I franchi tiratori mettono in crisi il CAF.

Mentre a Montecitorio si fanno questi giochi, arriva una notizia drammatica, ancora dalla Sicilia.
Il 23 maggio 1993, mentre si recava a Palermo, all’altezza di Capaci, un esplosione uccide il giudice Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta Agostino Montinaro, Rocco di Cillo e Vito Schifani.
Giovanni Falcone, uomo simbolo della lotta alla mafia, dopo le polemiche in terra siciliana, aveva accettato l’incarico propostogli dal ministro della giustizia Martelli di andare a Roma a dirigere gli affari penali del ministero.
Qualcuno aveva visto in questa scelta un’ abbandono della Sicilia e della lotta alla mafia da parte di Falcone; lui aveva visto una possibilità per condurre la lotta da un'altra postazione.
Quello che è successo a maggio risponde da solo a quelle polemiche !

Spinti da quello che succede in Sicilia, in quarantotto ore viene eletto il presidente della repubblica.
E’ una scelta istituzionale; viene eletto Oscar Ligi Scalfaro neo presidente della camera.
Al suo posto alla presidenza di Montecitorio, l’esponente del Pds Giorgio Napoletano, uomo della destra del Pci.

Tocca ora alla formazione del governo.
La scelta è obbligata: il quadripartito, anche se con piccoli numeri, è in grado di assicurare la maggioranza.
In base agli accordi, la guida deve essere data ai socialisti; ma con lo scandalo delle tangenti che sta assumendo dimensioni inaspettate, la candidatura del segretario socialista sembra una scelta inopportuna.
Scalfaro chiede una terna di nomi.
La scelta ricade su Giuliano Amato.

Da poco insediato a palazzo Chigi, Amato vive un momento drammatico.
Sembra Beirut, straziata dalla guerra, e invece è Palermo.
19 luglio, via d’Amelio. Questa volta è Paolo Borsellino a cadere sotto i colpi della mafia. Mentre si reca a trovare la madre un'autobomba esplode uccidendo lui e gli agenti della scorta: Agostino Catalano, Walter Cusina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina.
Non sono passati neppure due mesi da quando la mafia ha colpito cosi pesantemente un rappresentante dello stato, e nuovamente si celebrano funerali di stato a Palermo per uomini uccisi dalla mafia.
La famiglia del giudice Borsellino, amico e sodale di Falcone, rifiuta i funerali di stato.
A quelli che vengono celebrati nella cattedrale di Palermo esplode la rabbia degli agenti di polizia che urlano contro i politici venuti per l’ennesima volta a sfilare, ipocritamente, davanti ai feretri.
Il capo della polizia Parisi viene sfiorato da un pugno sferratogli durante una violenta contestazione.

Il fragile governo Amato si trova a vivere uno dei momenti più drammatici della storia italiana.
Una criminalità organizzata mai così violenta, con una strategia degna di una guerra civile.
A questa emergenza lo stato risponde con l’emergenza. Invia l’esercito; i militari a Palermo con compiti di ordine pubblico. Si vedono blindati e militari armati col mitra nei punti nevralgici di Palermo e provincia.

Altro punto critico e rappresentato dal fronte delle indagini giudiziarie.
Da febbraio il fronte delle indagini si è ingigantito in maniera esponenziale. La procura di Milano ha istituito un pool di magistrati che si occupa di lotta alla corruzione, quello che dalla stampa verrà battezzato pool mani pulite.
Dopo tredici mesi dall’arresto di Mario Chiesa gli ordini di custodia cautelare per tangenti sono 1356, 1119 gli avvisi di garanzia. 152 parlamentari indagati, 853 amministratori locali, 1487 tra manager, imprenditori e funzionari di enti pubblici.
Amato, con l’opera del ministro della giustizia Giovanni Conso, cerca di dare una soluzione politica al problema di tangentopoli. Per il pool di mani pulite è un colpo di spugna. Scalfaro non firma il decreto, che tra l’altro depenalizza il reato del finanziamento illecito ai partiti.
Amato, politicamente molto debole, accusa il colpo e lascia perdere ogni ulteriore proposta in materia di giustizia.

L’Italia colpita dalla mafia, e con una classe politica allo sbando, vive anche una grave crisi economica.
Gli accordi europei (trattato di Mastricht) per la stabilità dei conti pubblici impongono all’Italia una drammatica cura dimagrante al proprio debito pubblico.
Giuliano Amato, con il suo governo, vara una delle manovre economiche più dure (93 mila miliardi) della storia italiana, esercita anche un prelievo forzoso sui conti correnti e avvia il processo di privatizzazioni nel nostro paese.
I quattro colossi delle partecipazioni statali Iri, Eni, Enel e Ina diverranno società per azioni, sotto il controllo del governo che emetterà obbligazioni convertibili entro i 5 anni successivi, Secondo Guido Rossi, ex presidente di consob, senza mani pulite non ci sarebbe stata la svolta delle privatizzazioni e l’Italia non sarebbe uscita dal suo sistema di capitalismo senza mercato.

Altra misura rilevante adottata fu quella sul costo del lavoro con l’accordo sottoscritto con le parti sociali nel luglio del 1992.
In autunno, il governo fa uscire la lira dallo Sme (sistema monetario europeo) dopo un inutile tentativo di contrastare azioni speculative sulla lira.
Riprende la protesta operaia con un episodio significativo: viene proclamato il 29 ottobre uno sciopero generale non dai vertici sindacali, ma da cento consigli di fabbrica segno evidente di insoddisfazione della linea concertativa praticata dai sindacati confederali.

Ad aprile del 1993, si svolgono i referendum voluti da un giovane democristiano, Mario Segni, che punta a trasformare il sistema elettorale italiano, cancellando il sistema proporzionale, ritenuto la causa scatenante della corrotta partitocrazia che sta rovinando l’Italia. Il referendum, complice l’ondata di indignazione che sta montando verso i partiti tradizionale, ha un indiscusso successo e gli italiani scelgono di voltare le spalle al passato.
Falcidiato dagli avvisi di garanzia e da una credibilità sempre più ridotta al lumicino, il governo Amato si dimette nello stesso mese dei referendum; alla camera durante una seduta tempestosa, il presidente del consiglio dichiarerà che terminata l’esperienza di governo lascerà definitivamente la vita politica. Purtroppo, passato il periodo sabatico, Amato ritornerà in auge presso il nuovo polo progressista.

Arriva, nuovamente, il momento del presidente della repubblica.
Oscar Luigi Scalfaro si trova ad essere protagonista in un delicato momento.
Dopo le dimissioni di Amato, incarica il governatore della banca d’Italia, il livornese e partigiano, Carlo Azeglio Ciampi di formare il nuovo governo. Scalfaro, con una interpretazione “attiva” del suo ruolo, decidendo di non voler percorrere la via delle elezioni anticipate, punta su un uomo “estraneo” alla politica, certificando, in questo modo, la sfiducia nella politica di cui lui, comunque è espressione. E’ il primo governo tecnico nella storia dell’Italia repubblicana.

Ciampi cerca di allargare la maggioranza includendo nel governo esponenti tecnici di area Pds e Verdi cercando una maggioranza e una credibilità maggiori, del passato. Requisiti, questi, necessari per poter far accettare agli italiani pessanti misure impopolari.

Ciampi giura il 28 aprile ma il governo originario e il progetto a questo legato ha vita brevissima.
Lo stesso giorno del giuramento del governo, la camera dei deputati discute su 4 autorizzazioni a procedere nei confronti del segretario socialista Craxi.
Craxi, la cui strategia nei confronti della magistratura, dopo una iniziale indifferenza, è di scontro frontale, pronuncia un forte discorso in parlamento in cui chiama in correità tutti nel sistema delle tangenti e del finanziamento illecito ai partiti.
Con tono di sfida invita i presenti alla seduta ad alzarsi e a smentirlo pubblicamente: la camera rimane nel più assoluto silenzio.
Le autorizzazioni non verranno concesse e sarà l’elemento che farà esplodere la piazza.

I ministri vicini ai Verdi e al Pds si dimettono immediatamente; iniziano manifestazioni di piazza che culminano il 30 aprile davanti all’hotel raphael con il celebre, ormai, lancio delle monetine contro il segretario socialista.
Montanelli afferma che non è stato Craxi a iniziare la prassi della tangente. L’idea che rubare per il partito fosse non solo lecita ma doverosa era insita nella testa dei politici italiani da decenni.

Ciampi, che avrà il voto favorevole del quadripartito e l’astensione del Pds, Verdi, Lega e Pri, ritrova la pessima situazione in cui navigava il precedente governo: crisi economica, crisi dei partiti e tangentopoli, violenza terroristica della criminalità organizzata.

L’azione del governo Ciampi va ricordata per l’avvio di una organica politica concertativa con i sindacati e confindustria e per una politica economica che, se anche meno pesante del precedente governo, costò lacrime e sangue ai lavoratori e pensionati che subirono ben due manovre; la prima a maggio di 12500 miliardi, la seconda a settembre per ben 28 mila miliardi di tagli e 3000 di nuove tasse, approvata con il voto favorevole del Pds.

Tangentopoli, intanto, si allarga a macchia d’olio. Milano e non solo Milano, indagini locali (anche se parliamo della capitale finanziaria ed economica del paese) che diventano nazionali coinvolgendo personaggi della politica e dell’economia nazionali. I segretari amministrativi dei maggiori partiti, imprenditori come Ligresti, Ferruzzi e gruppi primari come Fiat, Montedison e aziende pubbliche come Atm ed Eni.
Gianni Vattimo sulla Stampa di Torino, parla di una situazione che i destabilizza i mercati, se le inchieste passano dalla politica all’economia e al mondo della finanza.

Con l’estendersi dell’inchiesta e il coinvolgimento di tante persone iniziano i suicidi.
Gabriele Cagliari, presidente dell’eni, l’imprenditore Raul Gardini, i politici Giorgio Moroni e Renato Amorese per citarne qualcuno.
A ottobre si celebra il processo Enimont: qualcuno ci vedrà il processo simbolo di mani pulite, scaturito da quella che la stampa definisce la madre di tutte le tangenti.
Il principale imputato è Sergio Cusani che sceglie la via del processo rifiutando il patteggiamento.
Sfileranno, nelle aule del tribunale di Milano i principali leader dei partiti nazionali e numerosi imprenditori.
Le udienze saranno trasmesse dalla televisione con buoni ascolti, tutti i giornali italiani e molti stranieri seguiranno la vicenda da vicino e quotidianamente,
Craxi ammette, in fase dibattimentale, che il suo partito aveva raccolto quasi 186 miliardi.
Ad un mese dall’insediamento del governo Ciampi si verifica un escalation dell’azione della mafia.
A maggio c’è il fallito attentato a Maurizio Costanzo, giornalista Mediaset, impegnato con il collega Santoro in memorabili trasmissioni contro la mafia. L’esplosione dell’autobomba al passaggio della sua macchina non funziona correttamente e il giornalista esce illeso dall’attentato.
Un’altra autobomba esplode a Firenze, culla della cultura e delle bellezze italiane, in via dei georgofili, anche in questo caso senza vittime.
I morti ci saranno, invece, nelle bombe che esplodono in luglio: a Milano presso il Pac (cinque morti) a Roma (san Giovanni al Velabro e san Giovanni in Laterano.

A settembre la mafia ucciderà un prete scomodo don Pino Puglisi.
La mafia , in un momento in cui i vecchi referenti sembrano non più in grado di garantire il rapporto storico cercano di far pesare la propria forza militare per imporre nuove politiche e nuove scelte al nuovo che sta nascendo a Roma.
Sembra che l’Italia stia crollando nel baratro: la violenza terrorista della mafia, le indagine della magistratura che fanno fuori il sistema politico, una pesante crisi economica; ad aggravare il tutto c’è l’intervento a reti unificate di Scalfaro che nel novembre del 93, che con il celebre “non ci sto”, tenta di fermare una campagna che lo collega ad una storia di fondi neri all’epoca in cui era ministro degli interni.

Arrivano le elezioni amministrative, con la nuova legge elettorale che abbandona il proporzionale e da ai cittadini la possibilità di sceglierel sindaco e, a quest’ultimo, più potere nei confronti degli altri membri del suo governo e un rapporto meno dipendente dal consiglio comunale.
E’ una nuova era che si affaccia in Italia: nelle grandi città spariscono i partiti tradizionali.
Nessun candidato del vecchio quadripartito riesce a raggiungere il ballottaggio.
Le sfide sono o interne alla sinistra (tra l’anima più radicale e quella riformista) o tra la sinistra e la lega.
Milano, dopo decenni di amministratori socialisti, verrà guidata da un leghista che ha sconfitto il candidato della sinistra (la rete); a Roma vince Rutelli dei verdi contro il missino Gianfranco Fini e, a Napoli, Bassolino del Pds vince contro la nipote del duce Alessandra Mussolini.

E’ nel corso di queste elezioni che, nei fatti, entra in politica Silvio Berlusconi.
Nel corso della campagna elettorale per le amministrative a Roma si pronuncia a favore di Gianfranco Fini sindaco, anche se non potrà votarlo.

Berlusconi, imprenditore di primo piano e amico personale di Bettino Craxi, conosciuto ai più per le vicende calcistiche, sfiorato dalle indagini di mani pulite, in quegli anni, ha grosse grane economiche.
Secondo mediobanca i debiti del gruppo Berlusconi raggiungono i 7140 miliardi (fonte Gomez e altri, Mani pulite). Cifre pesanti e peggiorate nel 93.
La situazione è immediatamente avvertita dalle banche più esposte (comit, cariplo, BNL, Banca di Roma) che intervengono su Berlusconi chiedendo il risanamento del gruppo.
La sua cassaforte di famiglia , la Fininvest, è a corto di liquidi e i debiti con le banche sono enormi. Spinto da queste crea Mediaset, la fa quotare in borsa e il 26 gennaio annuncia, nel famoso discorso “della calza”, la discesa in campo.
Il governo Ciampi vara l’ultimo provvedimento atteso: la legge elettorale.
Il governo si dimette, viene sciolto il parlamento delegittimato dalle indagini delle procure, pieno di inquisiti per i reati più vari dalla corruzione, al finanziamento illecito dei partiti all’associazione mafiosa.
A partecipare alle elezioni, previste per marzo del 94, con sistema prevalentemente maggioritario tre raggruppamenti: quello del centro sinistra, i progressisti, che raggruppa diversi movimenti che vanno dal Pds (l’ex Pci) a movimenti che si sono staccati dalla Dc (come la Rete) i Verdi e altri con la “desistenza” di Rifondazione Comunista; poi c’è il Polo di Centro (formato da due formazioni che sono nate dalla ex dc) e poi il Polo di Centro Destra.
Berlusconi crea in pochi mesi dal nulla, utilizzando le sue strutture aziendali, un partito, Forza Italia, che stringe una alleanza con due forze politiche opposte fra di loro; la Lega, che vuole spezzare l’Italia al nord e gli ex fascisti di Alleanza Nazionale, che hanno nella patria un valore fondamente.
Vince Berlusconi, l’imprenditore prestato alla politica, e inizierà una lunga stagione, di cui solo adesso si inizia ad intravvedere la fine.
Vince per il linguaggio nuovo, per l’immagine nuova che sembra avere; lo smalto e la certezza del messaggio pubblicitario, come dice Sergio Zavoli.

Quello che negli anni a venire sarà chiamato il berlusconismo sarà un ventennio della storia della nostra repubblica che ha modificato profondamente, la vita, la cultura, i valori del popolo italiano.

Quello a cui si assistette in quel triennio è il crollo fragoroso della prima repubblica, uscita dalla seconda guerra mondiale e dalla lotta al nazifascismo.
Qualcuno ha visto un complotto straniero teso a colpire un tassello importante del costruendo processo di unificazione europeo.

In quegli anni si verificò un mix eccezionale di fattori interni e internazionali che diedero il via ad un processo, di cui non sospettavano le conseguenze nemmeno i principali protagonisti.
Il mutato clima internazionale con la fine della guerra fredda, il crollo del pericolo comunista e del partito che in Italia lo rappresentavano fecero capire a tanti che i giochi del passato non sarebbero più valsi.
A questo si deve aggiungere una situazione economica al limite, per cui uno dei capisaldi della nazione (la tangente) non era più sostenibile e vantaggiosa per il mondo imprenditoriale che era stato la controparte del potere politico di quegli anni.

Stesse motivazioni spingevano la mafia a manifestare le proprie perplessità sugli scenari politici e a cercare nuovi alleati.
La strategia mafiosa fu rivolta a condizionare lo stato nel cambiamento drammatico che la classe politica viveva. Recenti indagini della magistratura stanno accertando che è esistita una trattativa tra alcuni pezzi dello stato e la mafia, volta a trovare una soluzione politica.
La procura di Milano, ma anche le altre procure, si trovarono a operare in questo contesto e riuscirono a compiere indagini mai relizzate nel nostro paese indagando su tutto l’arco costituzionale contrariamente a quanto poi ha voluto dire l’epopea berlusconiana.
Dal vecchio, come spesso accade, non nacque il nuovo; fu il vecchio a travestirsi gattopardescamente, in una delle tante metamorfosi che questo paese ha vissuto.
La mafia, che da secoli costituisce una sorta di stato parallelo, prospera ancora. Neppure l’aver usato mezzi di vera e propria guerra civile, come le autobombe, ha spinto lo stato ad una efficace ed efficiente lotta contro la criminalità organizzata. Perché la lotta alla mafia non è lotta di emergenza, ma è lotta quotidiana, è un pensiero nuovo che deve radicarsi giorno per giorno in ognuno.
Come lo testimoniano tanti personaggi come Peppino Impastato e Libero Grassi diversi tra loro, ma che hanno combattuto lo stesso avversario.

La politica è stata, poi, il campo in cui un assoluto il trasformismo ha imperato.
La scusa del nuovo ha portato a volte a regolamenti di conti all’interno dei vecchi partiti che andavano esplodendo.
Alle elezioni del 94, le prime della cosiddetta seconda repubblica, i partiti tradizionali erano quasi tutti scomparsi. Dc, Psi, Psdi, Pci, Pli, Msi per diversi motivi avevano lasciato il posto a nuove formazioni politiche che erano piene zeppe di personaggi di secondo e terz’ordine della prima repubblica che tutti volevano lasciare alle spalle.
Il più nuovo di tutti, poi, era in realtà una finta novità.
Berlusconi era un imprenditore che aveva appoggiato i principali partiti del pentapartito. Era stato intimo di Craxi e frequentatore degli ambienti democristiani.

In realtà, a dispetto della storia che si è voluta raccontare dopo, Berlusconi non visse come un dramma la caduta dei suoi ex alleati e sodali, ma anzi ne fu in un certo senso un co-autore e la famosa discesa in campo era nella mente di Berlusconi, prima dello scoppio di tangentopoli.
E anche su questo versante nulla è cambiato: le tangenti continuano a usarsi e come negli anni 90 assistiamo ad una classe politica che viene indagata e condannata per reati collegati al malaffare e al finanziamento illecito dei partiti oltre che al proprio personale guadagno dei capi partito.
Oggi poi, proprio come in quegli anni, “un galantuomo” al quirinale interpreta in maniera estensiva il suo ruolo, scendendo in prima linea nel dettare l’agenda politica e nello scegliere le figure che la realizzeranno.
Ieri Scalfaro, oggi Napolitano; ieri Ciampi oggi Monti.
Tutto cambia perché nulla cambi.

BIBLIOGRAFIA
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S.Lodato, 18 anni di mafia
Cremagni – Deaglio, Quando c’era Silvio (DVD)
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G.Minoli, Storia d’Italia, vol 20 (DVD)
M.Damilano, Eutanasia di un potere
P.Posteraro, I peggiori anni della nostra vita
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AA, 1992-2012 Mani Pulite, il corriere della sera
Barbaceto – Gomez - Travaglio, Mani pulite
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N Tranfaglia, La transizione Italiana
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AA VV, il libro dei 30 anni, la Repubblica 1976 – 2006