L'Ecuador dollarizza la miseria
Nonostante la resistenza degli indios, la cui rivolta capeggiata dalla CONAIE nel gennaio scorso aveva determinato la caduta del presidente Jamil Mahuad, il governo di Quito con la compiacenza del FMI e degli USA avvia la dollarizzazione dell'economia. Di Rodrigo Soto, pubblicato da Punto Final. Ottobre 2000.


Fa giorno a Quito e la nebbia mattutina comincia a dissiparsi per dare passo alla fragranza marcia di disperazione e incertezza che cola attraverso la costa, la sierra e l'amazzonia ecuatoriana.
La storia corre rapida in Ecuador, non dà respiro.
Dietro, ha lasciato l'insurrezione indios che ha deposto Jamil Mahuad e il celato golpe militare successivo che ha posto sul trono presidenziale Gustavo Noboa nel gennaio scorso. Adesso la storia si concentra sul binario dell'economia ed i protagonisti sono le organizzazioni economiche internazionali, il Governo degli Stati Uniti, impresari e politici di turno. Gli emarginati sono gli stessi di sempre: il popolo ecuatoriano.

L'Ecuador si tinge di verde e non si può tornare indietro. Neutralizzato il fuoco di resistenza indios e con la compiacenza del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, della Banca Interamericana di Sviluppo e del governo degli Stati Uniti, ora ci sono le condizioni per fare dell'Ecuador l'esperimento neoliberista del nuovo secolo. Qui non ci sono termini medi, la scommessa è globale, e le concessioni per realizzarlo vanno dalla ristrutturazione economica fino al piano militare. Gli sguardi interessati si spostano in un paese smembrato dalla miseria, perché da come terminerà l'avventura di dollarizzare l'economia ecuatoriana, dipenderà anche il futuro del continente e del sistema cambiario che sarà adottato nei prossimi anni.

"Il mio culo per un dollaro"

"Il mio culo per un dollaro : firma Jamil" è solo uno delle mille scritte che si trovano in tutti gli angoli dell'Ecuador (Jamil è il nome di Mahuad l'ex presidente dell'Ecuador deposto dall'insurrezione indios di gennaio n.d.t.). Non c'è murales che non alluda a Mahuad e al suo nefasto governo che ha lasciato il popolo ecuatoriano nella miseria. Il ricordo di questo democristiano che ha speso tutta la riserva monetaria del paese (1500 milioni di dollari) per salvare i suoi amici banchieri è più presente che mai nella popolazione, nessuno dimentica che la sua disperazione politica lo ha portato ad abbracciare con forza l'idea di dollarizzare l'economia. Paradossalmente la sua ossessione per la dollarizzazione è terminata con il suo governo, adesso il suo correligionario, Gustavo Noboa, è colui che porta avanti tutte ed ognuna delle misure che Mahuad non ha potuto concretizzare.

L'operazione politica ispirata nello stesso momento in cui gli indios insorgevano, è stata sottile, però efficace, il potere economico e gli impresari hanno trovato l'appoggio del Dipartimento di Stato degli USA, per fare pressione sui militari al fine di recuperare il potere e della sua immediata consegna all'ex Vicepresidente. La fascia presidenziale posta in una cerimonia di protocollo, come esige la barzelletta della democrazia del continente, la si collocava a un personaggio di ricambio affinché terminasse il lavoro incompleto che era stato assegnato a Mahuad.

Allora cominciava il sogno dollarizzante che da mesi esigevano gli impresari, i partiti della destra e del centro (Social Cristiano, Roldosista, Democrazia Popolare) la banca e i presidenti delle multinazionali installati nel paese. Tuttavia, per la dollarizzazione occorrevano nuove risorse e l'appoggio del governo degli USA.

Nonostante che nessun organismo economico internazionale si sia mostrato molto convinto dall'idea di dollarizzare un paese con esigue riserve monetarie internazionali; con una banca privata in rovina; con una inflazione del 60,7% nel 1999; con un debito esterno di 16.000 miliardi di dollari ed una crescente instabilità, questi hanno finito per appoggiare il processo e convertirsi nei pianificatori dei passi successivi.

La mano degli Stati Uniti rammorbidì il cuore pragmatico di coloro che governano l'economia mondiale. La sua spiegazione si basò sul fatto che la instabilità politica dell'Ecuador e l'accumulazione di forze da parte degli indios era un male che esiste da tempo nelle democrazie della regione. Inoltre fecero osservare agli organismi finanziari che questa era una buona possibilità per passare dalle esperienze di convertibilità (Argentina) a quella di dollarizzazione e vedere ciò che succede, chiaramente, si spiegò, che né gli organismi finanziari, né gli Stati Uniti erano d'accordo con la misura, che solo la si realizzava per ragioni umanitarie. E' chiaro che per gli USA ciò significava una maggior presenza in America Latina e una maggior dipendenza dell'Ecuador, costretto a rispettare qualsiasi decisione che gli venisse proposta, come, per esempio, l'istallazione della base militare nordamericana nella città di Manta.

"Si vende un grazioso paese con vista sul mare"

Secondo una inchiesta realizzata in Ecuador "il 13% della popolazione conosce e qualche volta ha tenuto in mano banconote in dollari". Adesso dovranno apprendere a convivere con questo elemento esterno, milioni di sucre (la moneta nazionale) sono bruciati ogni giorno dalla Banca Centrale dell'Ecuador, le macchine che li producevano sono state gettate nel Pacifico, il verde va di moda.
Nel dollarizzare l'economia si entra in una fase radicale del neoliberismo che consiste nel sostituire la moneta nazionale con quella nordamericana. Che lo si voglia o no, l'Ecuador passa a dipendere monetariamente dai cicli economici e dalle decisioni che adotteranno gli USA, dato che la Federal Reserve è la unica che ha la facoltà di emettere dollari. Nel caso che l'economia nazionale si trovi in crisi non si potrà più ricorrere al Banco Centrale dell'Ecuador, con la dollarizzazione questo organismo non può più emettere moneta circolante, non agisce più come finanziatore di risorse e perde la sua facoltà di portare avanti una politica monetaria, di finanziamento e di cambio.

Per i gruppi di potere che governano in Ecuador (politici-economici) la dollarizzazione è la misura che metterà fine alla ferita economica. Assistito dal gruppo "mediterraneo" diretto da Domingo Cavallo (l'artefice del piano di convertibilità nel 1991 in Argentina) il governo dell'Ecuador spera di frenare l'inflazione, stabilizzare le cifre macroeconomiche, fermare la speculazione nel sistema cambiario, raggiungere una ripresa dell'economia ed inserirsi nel mondo globalizzato come una nazione che offre garanzie per gli investimenti stranieri. Dolarizzazione è il nome che è stato dato al progetto di salvezza nazionale, incertezza è la risposta degli economisti e della popolazione in generale.

Dal punto di vista tecnico la dollarizzazione metterà fine alla speculazione cambiaria, allo stesso modo la misura stabilizzerà i prezzi riducendo l'inflazione, portando a normalizzare le cifre macroeconomiche, almeno così annuncia il governo. Per la maggioranza della popolazione il sospetto che essi dovranno pagare il prezzo della trasformazione economica è un'altra batosta dalla quale sarà duro riprendersi. Per l'economista ecuatoriano, Alberto Acosta, la dollarizzazione è una misura multipla che pretende risolvere diversi problemi "il dollaro come pendolo per generare una ipnosi collettiva, una leva per avviare i processi di privatizzazione e di flessibilità del lavoro e come un'ancora per radicare il modello neoliberale".

Lo si vede sorridente, in questi giorni, nel suo ufficio, al Presidente Noboa, il sudore dei mesi passati si è cristallizzato nel vedere arrivare gli aerei carichi di dollari dal nord. 2045 milioni di dollari in biglietti freschi è la somma che hanno promesso di consegnare gli organismi finanziari internazionali, di questa quantità 620 è l'apporto della Banca Interamericana di Sviluppo, 300 del Fondo Monetario Internazionale, 400 la Banca Mondiale e 700 la Corporazione Andina di Promozione, a ciò si devono sommare i crediti e le donazioni che gli USA stanno realizzando in forma riservata.
Però la consegna del denaro non è avvenuta per buona volontà. Affinché questo arrivasse si è dovuto innanzitutto approvare la legge di trasformazione economica (trolebus) che genera le condizioni legali, tecniche e finanziarie affinché il processo di dollarizzazione venga sostenuto economicamente. Adesso Noboa dovrà mettere mano a tutto ciò che può vendere per avere i dollari necessari a sostenere il nuovo sistema monetario. E' per questo che l'ondata di privatizzazioni si annuncia frenetica per i prossimi mesi ; il settore delle telecomunicazioni, i servizi primari (acqua, luce); il petrolio e tutto ciò che produca un reddito sarà privatizzato alla ricerca di fondi. Se a questo si somma che non ci saranno investimenti significativi nell'ambito sociale al fine di invertire il deficit fiscale, e che i colpi della dollarizzazione rincareranno, in un primo momento, il costo della vita per equilibrare i prezzi agli standard internazionali, il panorama si vede oscuro, molto oscuro per la popolazione ecuatoriana.

Ballando sulla miseria

Ballando sulla miseria è il tema su cui battono in Ecuador i settori del potere.

Mentre girano con le loro mercedes, accumulano ricchezza e vanno a Miami a fare shopping, senza volerlo apprendono dalla stampa, per loro sospettosa, che il 65% del paese si trova sotto il livello di povertà. L'ombra del feudalesimo domina i rapporti di lavoro e la oligarchia assume il controllo della terra nei settori rurali senza investire in essa per renderla redditizia. Nelle città lo sfruttamento si manifesta attraverso i salari da miseria che vengono pagati per la giornata completa e le condizioni inumane che sopportano i lavoratori. L'Ecuador è oggigiorno il paradiso per i turisti stranieri, l'inferno per i suoi abitanti.

Con un salario mensile minimo di 54 dollari vive una parte importante dei lavoratori, la loro paga oraria vale 0.50 centesimi di dollaro. Dovrebbero essere riconoscenti di avere un lavoro, dicono gli impresari, circa il 18% della popolazione non lo ha per niente e il 54% si trova ai margini della sottoccupazione, che non è altro che il commercio ambulante, il lavorare un paio di ore alla settimana, il mendicare una moneta o lustrare un paio di scarpe. Il costo sociale dell'avventura della dollarizzazione sarà caricato sulle spalle dei settori impoveriti dalla crisi e della classe media dell'Ecuador, all'aumento del costo della vita negli ultimi mesi (il paniere di base è arrivato negli primi mesi dell'anno a 174 dollari) e la perdita del potere di acquisto, adesso si aggiunge duramente la flessibilità del lavoro, affinché gli impresari riducano i costi di produzione occupando e licenziando gente quando gli farà comodo.

Trascinandosi negli angoli di Quito Patricio lucida le scarpe consumate dei suoi abitanti producendo un bel finale splendente dopo ogni spazzolata. Dal grande sorriso, questo bambino di 10 anni esce di casa ogni giorno all'alba a lavorare per il suo sostentamento giornaliero, in casa lo aspetta il suo fratello gemello e di notte, dopo il suo lavoro di domestica, arriva la sorella maggiore, 13 anni. Il padre è un concetto astratto, senza una forma definita, la loro madre vaga per le vie di Madrid da circa un mese alla ricerca di lavoro allo stesso modo di migliaia di suoi compatrioti. Nei primi tre mesi dell'anno più di 50.000 ecuatoriani se ne sono andati dal paese in cerca di qualcosa che plachi la fame. Le destinazioni preferite sono Spagna e Stati Uniti, ogni giorno, quando un aereo di Iberia o di America Airlines decolla dall'aereoporto internazionale di Quito, migliaia di persone riempiono quei luoghi per la benedizione finale all'emigrante. La fortuna vorrà che non si aggiungano alla massa di espulsi (1000) che si sommano dall'inizio dell'anno. Da un'altra parte, barche ripiene di ecuatoriani salpano ogni notte con destinazione Centroamerica per arrivare da lì alla frontiera gringa, tutti sperano che essi trovino qualche speranza e non la legge di immigrazione nordamericana che si estende sul Messico, Honduras, El Salvador, Guatemala.

La dollarizzazione acutizza i problemi e la carestia dei settori medi, questi saranno chiamati a dover pagare il conto. Secondo l'economista e rettore dell'Università Centrale di Quito, Josè Moncada Sanchez, la dollarizzazione colpirà i settori che hanno un reddito medio da 150 a 200 dollari mensili e li classifica in " operai dell'industria, l' agricoltura, l'edilizia, i servizi. Al contadino, al movimento indios; al denominato ceto medio della società, ai piccoli e medi commercianti, agricoltori, industriali; ai pensionati, ai docenti di ogni ordine, ai militari dei gradi inferiori". Davanti a ciò il governo ecuatoriano riaggiusta in questi giorni il salario di 20 dollari e annuncia che per il successo delle misure economiche occorre che l'austerità fiscale diventi la pietra angolare del presente e del futuro.

La CONAIE perplessa.

Davanti a questo panorama senza prospettive la Confederazione della Nazionalità Indios dell'Ecuador (CONAIE) ed i movimenti sociali sono stati neutralizzati, per il momento, dopo la caduta di Mahuad e l'ascesa di Noboa. Lo spreco di mobilitazioni che si sono sviluppate durante tutti gli anni novanta si è fatto sentire negli ultimi mesi (sono falliti gli scioperi e le manifestazioni indetti dalla Conaie nell'estate scorsa n.d.t.), il movimento sociale è rimasto perplesso dopo che la cupola militare lo ha tradito ed ha tagliato ogni aspirazione a formare un governo a favore dei poveri ed a formare uno stato plurinazionale. Adesso, dopo la paura di gennaio, la classe politica, gli impresari, i mezzi di comunicazione e gli organismi internazionali, formano un blocco poderoso ed egemonico che giorno dopo giorno paralizza l'ansia di rivendicazioni della società civile organizzata.

Con una campagna di propaganda e con negoziati separati con i settori sociali stanno rimediando successi nel cammino verso la dollarizzazione e le trasformazioni economiche. Ciò ha portato alla firma di un accordo tra la CONAIE e il governo nel quale quest'ultimo si impegna ad investire nel sociale per migliorare le condizioni di base delle comunità indios, una promessa che senza alcun dubbio si volatizzerà quando terminerà la valanga di dollari che vengono offerti dagli organismi stranieri. La rivolta indios del gennaio passato è, nonostante tutto, una esperienza che si inserisce nel quadro della costruzione di un soggetto sociale organizzato e cosciente, che da un decennio si sta formando con forza in Ecuador. Il potere di mobilitazione della CONAIE è indiscutibile, durante il governo di Mahuad varie volte ha paralizzato il paese ed ha mobilitato più di un milione di persone, il contatto fluido con la sua base e l'alleanza con i settori urbani organizzati è una prova che l'organizzazione sociale non è una utopia di gruppi marginali.

Il movimento sociale e indios in Ecuador non è stato disarticolato, solo si riposa, perplesso, nelle viscere della sierra, l'amazzonia e la costa. Occorrerà attendere gli effetti che produrrà la dollarizzazione per vedere come termina questo processo che rappresenta solo una pausa nella storia ecuatoriana. I 3.5 milioni di indios e gli emarginati delle città hanno recuperato il loro orgoglio e non sono disposti a lasciarsi occultare nuovamente dalla storia, adesso si confondono nei tratti coloriti dei quadri di Guayasamin (il maggior pittore ecuatoriano n.d.t.), aspettando il momento buono per la stoccata finale.