Ecuador: i primi 100 giorni.
I primi 100 giorni di governo del Presidente Lucio Gutierrez, celebrati a Quito il 24 aprile con una insolita marcia di sostenitori, sono trascorsi in un clima di parziale tregua sociale. Ma la popolarità dell’ex-colonnello che nel gennaio del 2000 aveva sostenuto la rivolta degli indios, é in caduta libera. Di Giona Di Giacomi. Maggio 2003.


I primi 100 giorni di governo del Presidente Lucio Gutierrez, celebrati a Quito il 24 aprile con una insolita marcia di sostenitori, sono trascorsi in un clima di parziale tregua sociale. Ma la popolarità dell’ex-colonnello che nel gennaio del 2000 aveva sostenuto la rivolta degli indios, é in caduta libera, dal 64% di consensi che aveva all’inizio del mandato, é passato al 46% attuale.

Le ragioni sono semplici: Gutierrez ha stravolto le promesse della campagna elettorale. In tempi record ha raggiunto un accordo con il FMI che prevede l’aumento dei prezzi dei carburanti e dell’energia elettrica, il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici e l’eliminazione del sussidio al gas domestico, il tutto condito con nuove privatizzazioni e misure di flessibilità della forza lavoro.

Come se non bastasse, durante una sua recente visita negli Stati Uniti, il presidente Gutierrez, dopo un incontro con Bush, ha dichiarato di ritenersi "il miglior alleato degli Stati Uniti" e di appoggiare la lotta al narcotraffico e al terrorismo, con particolare riferimento alla vicina Colombia. In un'intervista concessa al "Washington Times" ha affermato, riferendosi a Cuba, che "la popolazione dell’isola non deve soffrire le conseguenze della politica di Castro". Questo atteggiamento ha provocato i commenti entusiasti di personaggi molto vicini allo staff del presidente Bush, nonché della destra neoliberista ecuadoreña, che si é spinta a chiedere che "ora che il percorso politico di Gutierrez si é definito, chi non é d’accordo con la sua politica dovrebbe andarsene dal governo", alludendo al Pachakutik (il partito degli indios) e al MPD (Movimento Popular Democratico d'ispirazione maoista).

Come é stato interpretato dalla sinistra ecuadoreña questo cambiamento repentino di linea politica da parte di Gutierrez? Escludendo il ricorso alla categoria del tradimento, diversi opinionisti si sono soffermati sull’effetto che gli ultimi avvenimenti in Venezuela hanno prodotto sia su Gutierrez che su Lula. In particolar modo la paura di vedersi scatenare una guerra civile interna e internazionale avrebbe condizionato i primi passi politici dei due presidenti. In un recente intervento apparso sulla rivista quiteña "Tintajì", l’analista Kintto Lucas, in un articolo dal titolo "L’altro io di Lucio Gutierrez", ha scritto: " Da quando ha assunto il governo dell’Ecuador, il presidente sembra ostinarsi a differenziarsi politicamente dal presidente del Venezuela, Hugo Chavez, per non provocare timori del governo USA". Ma anche da parte degli USA si é verificato un cambio di atteggiamento, il quotidiano "El Universo", sostiene che "Lucio Gutierrez non sarà Hugo Chavez perché, tra gli altri motivi, il Dipartimento di Stato USA ha corretto l’errore che aveva commesso con il presidente del Venezuela, quando lo isolò e lo attaccò prima del tempo, spingendolo a radicalizzare le sue posizioni. Con Lucio Gutierrez sta applicando una politica diversa, di sorrisi e dolcezze, che sta dando migliori risultati".

E da Miami il "Nuevo Herald", il giornale in lingua ispanica più letto negli USA, arriva a sostenere che: "L'ortodossia economica mostrata dai presidenti Lula e Gutierrez, nelle loro prime settimane di governo, forse influenzata dalla disastrosa gestione di Chavez in Venezuela, potrebbe indicare la nascita di una sinistra responsabile nella regione".

Ma la vera incognita restano i movimenti sociali.

In un intervento che ha avuto molta risonanza tra le organizzazioni sociali il giornalista Pablo Davalos ha posto una serie di questioni cruciali: "E’ sufficiente vincere le elezioni in qualsiasi tipo di alleanza per diventare potere? Potrà il movimento degli indios recuperare lo spazio che ha perduto quando ha creduto che arrivare al governo significava essere o avere il potere? Avrà imparato che il potere é molto di più che un’eventuale partecipazione in un governo e che quei piccoli spazi di tipo istituzionale, per quanto importanti, non meritano di mettere a rischio tutto un progetto storico?" E ha concluso amaramente "Ora che si trova al governo, il movimento degli indios e i movimenti sociali detengono meno potere di prima di 'vincere' le elezioni".

In effetti, nel movimento indios, la vera colonna vertebrale del successo elettorale di Gutierrez, si stanno manifestando segni di irrequietezza. L’assemblea nazionale della Conaie (l’organizzazione degli indios), che si è tenuta a Guayaquil nel febbraio scorso, ha deliberato che "il governo di Gutierrez é responsabile di essersi allontanato dal movimento indios e dal popolo dell’Ecuador e di essersi consegnato nelle mani dei banchieri e dei tradizionali politici neoliberisti", ha chiesto la revoca di tutte le misure economiche adottate altrimenti "la Conaie farà appello ad una mobilitazione nazionale".

Ancora più dura é stata la risoluzione dell’Ecuarunari la più grande organizzazione indios della Conaie, che al termine del suo congresso, svoltosi a Quito alla fine di aprile, ha dichiarato la propria indipendenza politica dal governo di Gutierrez ed ha fatto appello alla mobilitazione per difendere i diritti degli indios e del popolo dell’Ecuador.

"E’ una pena — ha scritto un esponente del movimento - che così presto si sia chiusa la strada alla speranza".