Gutierrez, il colonnello nel suo labirinto.
Si può governare una nazione con una "maggioranza" parlamentare di solo sei deputati su cento? Ebbene, dal 6 agosto scorso, l’ex colonnello Lucio Gutierrez, presidente dell’Ecuador, si trova nella poco invidiabile condizione di dover gestire il proprio mandato senza più il sostegno della coalizione che gli aveva garantito la vittoria elettorale. Di Giona Di Giacomi. Settembre 2003.


Si può governare una nazione con una "maggioranza" parlamentare di solo sei deputati su cento? Ebbene, dal 6 agosto scorso, l’ex colonnello Lucio Gutierrez, presidente dell’Ecuador, si trova nella poco invidiabile condizione di dover gestire il proprio mandato senza più il sostegno della coalizione che gli aveva garantito la vittoria elettorale.

"La nazione si é svegliata con un governo senza più gli indios", titolavano i giornali del paese andino, dopo che si era consumata l’ultima rottura, quella che ha visto il Pachakutik, il partito degli indios dell’Ecuador, votare contro un progetto di legge che pretendeva di riorganizzare la legislazione del lavoro introducendo maggiore flessibilità, un aumento dell’orario settimanale da 40 a 44 ore e il congelamento dei salari pubblici. La legge non é passata e Gutierrez, che un mese fa aveva perso l’appoggio dell’ MPD (un partito di ispirazione maoista), ha dovuto prendere atto di non avere più alleati di governo se non quelli del suo minuscolo partito la Sociedad Patriotica.

Le speranze del popolo ecuadoreño condensate nel programma antiliberista di Gutierrez si sono frantumate in meno di sette mesi di governo.

Colonnello dell’esercito, Gutierrez era salito alla ribalta internazionale il 21 gennaio del 2000, quando aveva appoggiato la rivolta popolare degli indios fino alla presa del palazzo presidenziale ed alla cacciata del presidente corrotto Jamil Mahuad. Ma l’insolito governo costituito da indios e militari progressisti era durato un solo giorno. Le pressioni dell’ambasciata degli Stati Uniti e della cupola militare avevano indotto Gutierrez a dimettersi ed a passare il mandato presidenziale nelle mani dell’imprenditore Noboa. Due anni dopo l’ex colonnello doveva prendersi la sua rivincita. Dopo alcuni mesi di carcere, aveva fondato un partito formato prevalentemente da ex militari progressisti, la Sociedad Patriotica, che insieme ad una coalizione composta dagli indios e dai partiti della sinistra marxista, aveva trionfato alle elezioni del novembre 2002. La vittoria di Gutierrez, che era stato definito il Chavez dell’Ecuador, aveva rappresentato un colpo inaspettato per le politiche degli USA nella regione andina inducendo il Dipartimento di Stato nordamericano a correggere l’errore commesso con Chavez. Con il presidente venezuelano aveva adottato una politica di contrapposizione con il risultato di spingerlo a radicalizzare le sue posizioni. Con Gutierrez é stata portata avanti una politica diversa "di sorrisi e dolcezza". Subito dopo la sua elezione é stato invitato alla Casa Bianca, privilegio toccato in tutta la storia dell’Ecuador soltanto ad un altro presidente, il liberista Febres Cordero, mentre il FMI, dopo la firma di un accordo con Gutierrez, concedeva inaspettatamente una serie di finanziamenti al paese andino, nonostante che non si fossero realizzati gli obiettivi concordati. In una nota della Banca Mondiale apparsa in "Strategia di assistenza all’Ecuador" si affermava l’intenzione di utilizzare la presenza degli indios nel governo per rafforzare le pratiche concertative. Per il FMI e la Banca Mondiale era importante che il governo del colonnello con gli indios continuasse il percorso neoliberista dei precedenti presidenti, privatizzando elettricità, telefono, petrolio e pensioni e aumentando la flessibilità del lavoro. Il movimento degli indios, il fattore destabilizzante degli anni novanta, che con le sue lotte aveva determinato la caduta di due presidenti, doveva essere istituzionalizzato, compromesso con la gestione del paese, addomesticato. Parallelamente Gutierrez portava avanti la tattica di distribuire incarichi e posti di responsabilità ai vertici del Pachakutik in modo da creare una vera burocrazia indios "los ponchos dorados" e dall’altra, di dividere lo stesso movimento producendo dei canali privilegiati e gruppi clientelari attraverso donazioni a villaggi e a settori di indios più compiacenti, la cosiddetta politica dei "picos y palas" in riferimento ai picconi e ai badili che venivano regalati alle comunità in occasione delle visite di Gutierrez.

Ma dopo sette mesi di rospi ingoiati é intervenuta la potente organizzazione degli indios, la Conaie, che ha ripreso in mano le redini del partito Pachakutik fino a portarlo alla rottura con il governo. Alcuni deputati indios che, disobbedendo alle direttive della base, avevano votato a favore della legge di riforma del lavoro, hanno dovuto subire la tradizionale pratica del "ortigazo", che consiste nel frustare a colpi di ortica la schiena dei malcapitati. Ma la frattura nel movimento si é evidenziata anche nell’assemblea della Conaie del 15 agosto dove non si é raggiunto un accordo sull’atteggiamento da tenere verso Gutierrez. Si tratta ora di risalire la china, di ricostruire le lotte e le mobilitazioni dopo mesi di anestesia istituzionale. Il governo Gutierrez potrebbe giocare la carta della ricerca dell’appoggio delle destre per portare avanti il programma neoliberista del FMI concludendo nel peggiore dei modi la sua parabola politica.

"Sembra che Gutierrez stia giocando alla roulette russa — ha commentato la rivista antiliberista "Tintaji" — ma ha avuto la fortuna di non trovare ancora la pallottola".