I lavoratori indiani e pakistani devono fermare l'isteria della guerra.
Di Farooq Tariq, Segretario generale del Labour Party del Pakistan. Da "Socialist Outlook" n. 51. Febbraio 2002.


La "guerra al terrorismo" di Bush è a una svolta. Ora è possibile che una vera guerra scoppi tra le due potenze nucleari dell'India e del Pakistan. E questa non sarebbe una guerra a senso unico come nel caso della guerra tra Stati Uniti e Afghanistan. Sarebbe la guerra a cui il mondo non assiste da molti anni, con molti morti da una parte e dall'altra. Hanno già avuto luogo scontri tattici alla frontiera e le forze aeree dei due paesi sono in stato di massima allerta. Ci sono notizie di una massiccia presenza di armi su entrambi i fronti.

I portavoce dei due schieramenti parlano lo stesso linguaggio di guerra. L'ambasciatore indiano è stato richiamato dal suo governo, che ha anche sospeso l'autobus e il treno "dell'amicizia" che collegano Delhi a Lahore quattro volte a settimana. [I governi di Vajpai e Nawaz Sharif si incontrarono a Lahore nel 1998 e diedero il via al servizio di autobus quale gesto della ritrovata amicizia. L'autobus non venne sospeso nemmeno durante la guerra dei 28 giorni di Kargil tra India e Pakistan del giugno 1998].
Questo in risposta ad un attacco terroristico al parlamento indiano il 13 dicembre, durante una sessione di lavoro, nel quale vennero uccise quattordici persone. Il governo indiano sostiene che questo attentato è stato organizzato dai servizi di sicurezza del Pakistan (ISI) al fine di annientare l'intera classe politica indiana.
Gli attentatori hanno fallito nel loro intento di entrare nel palazzo del parlamento e sono stati intercettati all'esterno dalle guardie indiane, sei delle quali sono morte sul posto assieme a cinque terroristi.
Il governo e i media pakistani hanno tentato con la loro solita demagogia di incolpare i servizi di sicurezza indiani (RAW), accusati di avere architettato una congiura contro il Pakistan. Inoltre affermano che l'India usa questo attacco come pretesto per attirare l'attenzione della comunità internazionale, al fine di dichiarare il Pakistan uno stato che protegge il terrorismo. Il portavoce militare pakistano ha messo in guardia l'India sulle atroci conseguenze a cui andrebbe incontro se il Pakistan venisse attaccato militarmente.
Ci sono stati poi isterici proclami dei media indiani affinché vengano prese contromisure - nei fatti, non a parole - verso il Pakistan, "per infliggere loro una lezione". Il primo ministro indiano Vajpai ha dichiarato che tutte le opzioni vengono prese in considerazione dal goveno indiano, a cominciare dagli sforzi diplomatici, senza escluderne altre.

Il generale pakistano Musharaf, nella sua recente visita di cinque giorni in Cina, ha stigmatizzato la risposta indiana, definendola una reazione non meditata. I giornali pakistani scrivevano domenica 23 dicembre che il governo indiano sta considerando lo smantellamento del trattato dell'acqua e la sospensione delle facilitazioni di volo per gli aerei civili pakistani.
Il trattato dell'acqua del 1960 governa la distribuzione idrica dai fiumi indiani. Se questo trattato venisse revocato, non porterebbe carestie solo al Punjab o alla provincia pakistana del Sind, ma all'intero Pakistan e anche all'Afghanistan. Entrambe le province sono largamente dipendenti dai canali d'irrigazione provenienti da quei fiumi. A causa delle perduranti condizioni metereologiche negli ultimi anni ci sono stati continui periodi di siccità nelle aride aree del Punjab. Il fabbisogno di cibo del Pakistan è principalmente soddisfatto dalle coltivazioni irrigate dai canali del Punjab e del Sind, in cui vive oltre l'80% della popolazione del paese.

I governi di India e Pakistan si stanno avviando al disastro. È probabile che entrambi i governi proseguano sulla strada delle sanzioni. Questi sono i primi passi sulla strada della guerra reale.

I due paesi sono stati in guerra diverse volte nel passato, l'ultima volta nel 1998. Pur essendo dalla stessa parte durante la guerra dell'Afghanistan, i due folli regimi di India e Pakistan si accusano ora, nella "querelle" del Kashmir, di dare ospitalità ai terroristi, sotto la forma dei fondamentalismi religiosi.
Vogliono imitare gli Stati Uniti: la guerra come unica soluzione. È questa la conclusione a cui sono giunti i folli governanti dei due paesi, dopo gli eventi degli ultimi tre mesi.
Ma la guerra americana non ha portato né pace né sollievo dai cosiddetti terroristi. Al contrario ha alimentato il pericolo, ora incombente, sulla pace mondiale. Il mondo è più che mai vicino alla guerra nucleare. Con la minaccia di una nuova guerra tra India e Pakistan tutte le rivendicazioni imperialiste statunitensi si sono dimostrate irrealizzabili. Hanno sostenuto che bombardando l'Afghanistan e togliendo il potere ai talebani sarebbero riusciti a mettere un freno alle minacce di terrorismo.
L'attacco al parlamento indiano, il fallito attentato suicida su un aereo di linea del 23 dicembre, l'uccisione del fratello del ministro degli interni del Pakistan del 22 dicembre a Karachi e la continuazione del conflitto armato in Palestina, dimostrano che il terrorismo non può essere fermato dal terrorismo di stato.
Gli Stati Uniti possono rallegrarsi di avere vinto la guerra e dell'abbandono del potere da parte dei talebani, ma il pericolo di attacchi terroristici non si è ridotto. Al contrario gli Stati Uniti hanno promosso la filosofia della guerra e della guerra politica. Allo stesso modo, la sconfitta dei talebani non significa la fine del fanatismo religioso. Secondo un resoconto pubblicato dalla stampa pakistana, nonostante i talebani non abbiano tenuto fede alla promessa di resistere fino alla fine, godono ancora del sostegno del 43% della popolazione pakistana. L'altra amara realtà è che nessuno dei capi talebani è stato arrestato o ucciso, malgrado la pioggia di bombe sulle loro basi più importanti. Emerge ora che i talebani hanno lasciato il potere con il pieno consenso del governo filo-americano di Hamid Karazai e con la promessa che nessuno di loro sarebbe stato arrestato o ucciso.
Karazai ha finora mantenuto la parola. La ragione principale potrebbe risiedere nel conflitto etnico all'interno dell'Afghanistan, nel quale Karazai cerca l'appoggio dei pashtun, qualora nascessero incomprensioni con i capi delle altre etnie: uzbeki, hazari e tajiki.
La strategia statunitense in Afghanistan è la stessa applicata dopo la vittoria nella guerra del golfo. L'imperialismo americano aiutò lo sconfitto Saddam a rimanere al potere per aiutarlo a stroncare la crescente popolarità degli sciiti.
Allora gli Stati Uniti volevano fermare il sorgere di un'altro Iran: ora si sono inchinati ai conflitti e alle contraddizioni interne dell'Afghanistan. Ma questa strategia non è servita a stroncare il fondamentalismo islamico. Nonostante l'aiuto pakistano allo sforzo bellico in Afghanistan, i gruppi fondamentalisti si stanno chiaramente riorganizzando in Pakistan. Nessuno dei loro campi è stato chiuso, né gli è stato impedito di reclutare nuovi giovani disoccupati. Interessi come al solito. Ma non può durare a lungo. Il regime militare deve cambiare atteggiamento politico nei confronti delle cosiddette organizzazioni dei Mujahidin, desiderose di buttarsi in una guerra totale con l'India.

Le basi sociali del governo indiano poggiano sullo sciovinismo hindu, e non aspettava che questa occasione per scatenare il nazionalismo hindu. Esattamente quello che sta avvenendo ora. Non si tratta di una guerra contro il terrorismo. Se così fosse l'India non indulgerebbe in violazioni dei diritti umani nel Kashmir. Il popolo del Kashmir desidera l'indipendenza. I fondamentalisti religiosi vogliano trasformare questo confronto nazionalista in un confronto religioso. Parte dei servizi segreti pakistani stanno aiutando questi fondamentalisti religiosi a raggiungere il loro obiettivo.
Il generale Musharaff si trova in una situazione particolarmente difficile. Ha difeso la polizia del Kashmir in diverse occasioni e ha dovuto abbondanare il tanto strombazzato Summit di Agra, nell'agosto di quest'anno, proprio per questa ragione, avendo tentato di mettere il conflitto del Kashmir al centro di questo incontro, cosa che il primo ministro indiano Vajpai non ha accettato. Vajpai aveva offerto l'apertura delle frontiere, l'aumento delle relazioni commerciali e altre misure economiche al fine di riavvicinare i due paesi. Ma Musharaff ha rigettato senza mezzi termini queste offerte affermando che fino a quando il conflitto del Kashmir non sarà risolto non sono possibili rapporti amichevoli. La classe politica che sostiene Vajpai non accetterebbe nessuna soluzione nel Kashmir che possa urtare la propria base elettorale, per questo il Summit di Agra è fallito. Solo un mese dopo il generale Musharaff fece un'inversione totale nella politica di appoggio ai talebani, e decise di schierarsi con gli americani. Un'ulteriore contraddizione del regime: da un lato appoggiava i mujahidin del Kashmir nella loro guerra contro l'India, dall'altro appoggiava gli Stati uniti contro i talibani.

Chi ha compiuto l'ultimo attacco al parlamento indiano? L'India dice che sono stati i fondamentalisti mussulmani di Lashkar Tayaba (Holy Qrmy) e Jaish Mohammed (Prophet Mohammed's Qrmy). Il generale Musharaff ha chiesto di provarlo, così come avevano chiesto i taliban per consegnare Osama bin Laden agli americani.
Dopo la guerra in Afghanistan la legge morale di portare delle prove sui fatti è diventata irrilevante. La classe lavoratrice del Pakistan e dell'India devono agire decisamente in questa situazione. Devono respingere i pretesti dei rispettivi governanti atte a scatenare una guerra.
Non ci sono buone scuse per dare inizio a una guerra; i lavoratori devono dire no alla guerra, e sì alla pace. Il bisogno di un movimento pacifista nel subcontinente indiano è urgente oggi come non mai. I veri sconfitti in una guerra tra India e Pakistan sarebbe la gente comune di entrambi i paesi: starebbe a loro pagare il prezzo della guerra! I ricchi e i capitalisti farebbero soldi con la guerra mentre i lavoratori, non pagherebbero solamente un prezzo economico ma direttamente con le loro vite, poiché non avrebbero le risorse per lasciare il paese. Le economie indiana e pakistana non producono più di 400 dollari l'anno di reddito procapite, e assieme possiedono quasi un quinto della popolazione mondiale e più del 70% dei poveri. L'impatto di una guerra sarebbe devastante. L'economia pakistana, colpita dalla guerra in Afhanistan, è ormai vicina al collasso, nonostante le dichiarazioni di aiuto internazionale. Una guerra indo-pakistana riporterebbe gli standard di vita delle masse a livelli mai visti. Ma la guerra è diventata una possibilità concreta. Potrebbe essere evitata solo se la linea politica del generale Musharaff prendesse una svolta sul Kashmir; se non lo facesse potrebbe perdere il potere e anche la vita. Nessun governante del Pakistan ha mai lasciato volontariamente il potere. Anche la classe politica indiana preme sull'acceleratore della guerra. Gli scontri di confine potrebbero presto attraversare i confini. Anche se gli interessi dell'imperialismo americano uscirebbero danneggiati da una guerra come questa, la situazione sembra essere fuori dal loro controllo. Il loro attacco all'Afghanistan ha creato una situazione di grande confusione. Solo un forte movimento per la pace da entrambi le parti potrebbe avere un impatto decisivo al fine di sconfiggere l'isteria di guerra. Il Labour Party del Pakistan sarà in prima linea nel dare inizio a questo movimento per la pace in Pakistan.