La lotta degli oromo.
Un secolo di resistenza per la sopravvivenza e la libertà del popolo oromo.
A cura dell'Associazione Bilisummaa. Marzo 2005.


"Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione, il diritto di determinare liberamente il loro stato politico e di cercare liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale". Articolo 1 della Carta Internazionale dei Diritti Umani

La terra del caffè
L'Etiopia e’ un paese del Corno d'Africa che presenta enormi differenze tra i popoli del nord (amhara 16%, tigrini 5%) di tradizione aristocratica e monarchica, cristiani e semiti e i popoli del sud cusciti e di tradizione egalitaria. Gli Oromo sono un popolo del sud , di piu’ di 20 milioni (meta’ della popolazione etiope), che ha abita da millenni una terra distinta e ha una identita’ linguistica e culturale propria. La terra degli Oromo si chiama Oromia. E' una terra di 600.OOO km2, va dai confini col Sudan, ai confini con la Somalia, ai confini con la terra degli Afar, fino all'altipiano abissino. E’ una terra di montagne (fino ai 4340 m di altitudine), e’ sede di 10 laghi ed è percorsa da 16 fiumi che forniscono energia idrica all’intera area del Corno d'Africa. L’Oromia è la terra in cui nacque il caffè , precisamente nella regione del kaffa dalla quale deriva il nome. Attualmente l’Oromia produce l’80% delle esportazioni di caffè dell’Etiopia. E’ una terra ricca di oro, marmo platino, nichel, ferro, produce in abbondanza pelli, cuoio, legumi e olio di semi e ospita 3/4 del bestiame del Corno d’Africa. Da ciò si può dedurre perché gli Oromo detengono una posizione strategica e perchè siano stati oppressi.

Il genocidio senza memoria
Verso la fine dell'1800 il popolo oromo viveva libero, organizzato nel sistema Gada, un complesso ordinamento politico democratico ed egalitario. Ma le potenze europee che stavano divorando il resto dell’Africa videro nell'imperatore del regno abissino (nord dell'attuale Etiopia), Menelik II, l’unico partner nero nella conquista dell'Africa e percio’ gli diedero il compito di "civilizzare" i popoli a sud del suo regno. Cosi’, alla fine dell'1800, milioni di Oromo vennero massacrati dalle armi da fuoco acquistate in Inghilterra dall'imperatore abissino, il resto venduti come schiavi o resi tali nella loro stessa casa . Fu un genocidio, una vera e propria colonizzazione, anche se di africani su altri africani. Nel frattempo compagnie inglesi saccheggiavano le miniere dell'Oromia. Dopo la morte di Menelik II, il potere passo’ nelle mani di Haile Salassie, che istituzionalizzo’ la confisca della terra dei popoli del sud e impose la lingua amarica a tutti i popoli dell’impero. Veniva consolidato, sotto questo imperatore, il sistema feudale e schiavistico in cui la stragrande maggioranza dei servi della gleba (i gabbar) era costituita da Oromo. Mentre le ricchezze e le terre erano completamente nelle mani dei latifondisti e della chiesa abissina, il cotone dell’Oromia veniva saccheggiato dall’Inghilterra.

Doppia illusione: i fascisti non erano liberatori, gli Oromo non collaboravano con gli invasori
La breve colonizzazione italiana (1935-41), contrassegnata dal genocidio di civili e dall’utilizzo del gas aprite, cerco’ di sfruttare l'oppressione degli Oromo. I fascisti cercarono di porsi nei confronti di questo popolo, di cui conoscevano l’oppressione grazie ai lavori di missionari e ricercatori, come liberatori dal potere imperiale abissino:abolirono l'amarico, imposero l'italiano e l'oromo e in alcune zone diedero la terra ai contadini oromo sottraendola ai latifondisti amarici. Gli Oromo, come altri popoli oppressi nel corso della storia, vendettero in diversi casi, soprattutto inizialmente, la loro collaborazione agli Italiani in cambio di protezione; ma presto capirono che la colonizzazione italiana avrebbe danneggiato tutti i popoli etiopici. All'oppressione amarica si sostituiva il colonialismo italiano, il quale in alcuni casi cerco' di usare a proprio vantaggio l'oppressione degli Oromo, in altri tento' di usare le stesse strutture del potere amarico per imporre il proprio dominio. Così, dal '35 al '41, in molte zone dell'Oromia si sollevo’ una forte resistenza agli italiani. Con l'arrivo degli Inglesi riprese il trono Haile Salassie e gli Oromo, che avevano resistito agli stranieri fascisti alleandosi con i popoli responsabili del loro genocidio, tornarono ad essere un popolo di schiavi: le loro rivolte contro l'oppressione imperiale e feudale furono soffocate nel sangue. Il negus Salassie ottenne come fedele alleato l’entusiastico appoggio del blocco occidentale. Intanto, la stragrande maggioranza del caffe’ prodotto in Oromia e da quella terra confiscato, durante il regno di Salassie, veniva esportato negli Usa.

La Rivoluzione, Menghistu e una pagina tragica nella storia delle lotte di liberazione dei popoli
Salassie fu deposto nel 1974 dagli scioperi, dalle manifestazioni studentesche, da una rivoluzione di contadini, in gran parte Oromo. Il potere fu pero’ usurpato da una giunta militare amarica chiamata Dergue, capeggiata dal colonnello Menghistu, che nego’ la rivendicazione alla base della rivoluzione popolare: l’autodeterminazione. Il negus rosso, come fu dopo definito, chiese appoggio al presidente americano Carter, ma le trattative con gli Americani fallirono. Il colonnello non si scoraggio’, si definì socialista e ottenne l'appoggio di Mosca, anche se inizialmente il suo programma non era socialista. Menghistu effettuo’ la riforma agraria sotto la pressione popolare, ma porto’ avanti un programma di distruzione delle identita’ etniche arrivando alla deportazione di milioni di Oromo. Dunque Menghistu instaurò un potere totalitario che rappresentava una elite amarica e uno stato coloniale. Gli Eritrei e il loro fronte marxista, che avevano combattuto contro Haile Salassie, continuarono a lottare per la liberta’ nazionale contro il governo etiope nonostante questo si fosse definito socialista; seguendo l'esempio eritreo iniziarono a lottare gli Oromo, i Somali e i Tigrini. Per sporchi giochi di guerra nel Corno, il fronte eritreo (ripetiamo: marxista e socialista) si ritrovo’ nel 1977 a combattere contro l'Unione Sovietica. Da qui una delle pagine più nere e rimosse della storia dei processi di liberazione condotti da forze popolari. Nel quadro delle alleanze vigenti, contingenti cubani furono rivolti contro l'Eritrea. Cuba sparava contro l'Eritrea. Cuba, il paese liberato da Che Guevara, contro il fronte guevarista eritreo, un fronte popolare che lottava per l'indipendenza, la trasformazione politica e la palingesi sociale. Molti cubani si rifiutarono di sparare. Inutile dire come la politica estera di Cuba nel Corno fu una scelta obbligata dalla subordinazione all'Unione Sovietica. Cuba e l’Urss diedero poi un contributo fondamentale alla vittoria etiope nei confronti dell'aggressione dei Somali di Siad Barre, dittatore ora alleato degli Usa. Un’aggressione pilotata dagli Usa, quella somala all'Etiopia di Menghistu, che non deve farci dimenticare che in Ogaden (regione nel sud-esta dell’Etiopia) viveva e vive un popolo somalo, vittima del colonialismo etiope e della repressione di Menghistu, che ancora oggi si batte contro il regime etiope e chiede indipendenza. I fronti eritreo, quello oromo e quello tigrino (minoranza del nord), fronti popolari che ritenevano di combattere contro un impero coloniale rimasto tale da Salassie a Menghistu, deposero il regime militare nel 1991. Molti Oromo fuggiti dall'Etiopia durante il regime militare tornarono a casa. Tutti erano pieni di speranze. Sarebbe iniziata un'epoca nuova?

Il colonialismo etiope ai tempi della globalizzazione
Una donna oromo ci ha raccontato le scene di giubilo all'aeroporto di Addis Abeba, quando da tutto il mondo tornavano donne e uomini oromo per rivedere la loro terra e riabbracciare i loro cari sopravissuti allo sterminio del regime del Dergue. Segui’ qualche anno in cui il Fronte del Popolo Tigrino (minoranza del nord) e il Fronte degli Oromo governarono insieme. Il popolo eritreo ottenne, dopo 30 anni di tenace ed eroica lotta, l'indipendenza. In Etiopia cresceva invece pubblicamente, rilevata da alcuni sondaggi, la popolarità dell’OLF (Fronte di Liberazione del Popolo Oromo). L'autodeterminazione degli Oromo torno’ ad essere scomoda a superiori interessi economici e geo-strategici agli inizi degli anni '90. Numerosi politici e rappresentanti oromo vennero massacrati, cantanti, poeti e nazionalisti oromo vennero uccisi pubblicamente. Tra il ‘92 e il ‘95, l'OLF ritorno’ nella foresta: i guerriglieri oromo ripresero le armi e la lotta a bassa intensità contro l'esercito etiope. Mentre si conduceva il genocidio degli Oromo, si affermava il regime del leader tigrino Meles Zenawi, da allora massimo alleato degli Stati Uniti. Fu essenziale -e lo e’ ancora- l'appoggio incondizionato e potente degli USA al regime feroce di Meles Zenawi, un regime militare che oggi occupa militarmente l'Oromia, ne incendia le foreste, tortura e violenta la popolazione, spara sulle manifestazioni di studenti, perseguita costantemente i popoli del sud, e si macchia di genocidi, spesso aizzando e provocando scontri etnici, tali da arrivare a sterminare centinaia di persone in un solo giorno (come nel recente caso in Gambela). Ma non solo: Meles Zenawi sta svendendo il paese alle multinazionali straniere (tanto da essere accolto trionfalmente dai potenti dell’occidente); finanziato enormemente dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, sta privatizzando ogni bene del paese nelle mani della famiglia mafiosa al potere e dei suoi partner stranieri. L'esproprio economico e il colonialismo diretto con l'espulsione dei contadini oromo dalla loro terra (pratica di deportazione definita "resettlement") si intrecciano in una forma di oppressione che vede l'imperialismo americano e i maggiori istituti economici complici del massacro di uno dei popoli più antichi e numerosi del continente africano. Intanto, le numerose comunità oromo negli Stati Uniti manifestano e gridano contro la politica razzista e ipocrita dalla Casa Bianca nel Corno d'Africa. In tutto il mondo i movimenti democratici e per l'autodeterminazione dei popoli rimangono silenti nei confronti della tragedia del popolo oromo.

A scuola di apartheid
Il 17 Aprile del 2001, 45 studenti oromo vengono uccisi durante una manifestazione ad Addis Abeba. Centinaia di ragazzi vengono feriti, duemila arrestati. I giovani chiedevano la rimozione del preside legato al regime (fonte BBC). Nel corso del 2003, 230 oromo vengono trucidati durante manifestazioni legate a rivendicazioni territoriali e alla richiesta di autodeterminazione (Amnesty International). Nel corso della primavera del 2004 centinaia di studenti oromo vengono espulsi dall'università da incursioni notturne della polizia che pesta e terrorizza giovani ragazzi e ragazze. Gli studenti oromo avevano chiesto di organizzare uno spettacolo sulla cultura oromo. Nel Maggio 400-700 ragazzi dai 14 anni ai 20 fuggono in Kenia a causa delle persecuzioni (IRIN news). Da anni giovani oromo denunciano le persecuzioni di cui sono vittime nelle scuole e nelle università: avvelenamenti, omicidi di massa, torture, stupri. Dopo oltre un secolo nel 1992 gli Oromo ottengono il diritto a studiare la propria lingua nelle scuole dell'Oromia. Oggi, tuttavia, sono terrorizzati nelle scuole e nelle universita’ dove si recano per studiare la lingua che gli e’ stata negata per oltre un secolo.

Documento tratto dal sito dell’Associazione dei Popoli Minacciati
“La lotta al terrorismo causa una tragedia di profughi a Gibuti”
Bolzano, Göttingen, 15 Settembre 2003

Nel Corno d'Africa, nella piccola città di Gibuti si sta consumando una tragedia senza precedenti la cui responsabilita’ ricade, secondo l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) sulla lotta al terrorismo della Comunità Internazionale. Su pressione del governo USA le istituzioni di Gibuti hanno ordinato per oggi l'espulsione di circa 100.000 profughi etiopi, eritrei e del Somaliland nonostante un ritorno in Etiopia significhi per molti di loro, e in particolar modo per i profughi Oromo, la morte sicura. Un profugo Oromo, il 33enne Ali Ibrahim Yusuf, e’ gia’ morto in un carcere etiope a causa delle torture subite.
Il governo di Gibuti non solo viola il diritto internazionale procedendo con un'espulsione collettiva dei profughi senza un precedente esame individuale di ogni singolo caso, ma ignora sistematicamente anche tutte le convenzioni internazionali sui profughi - con conseguenze terribili. La Comunita’ Internazionale permette all'Etiopia di far inseguire dai soldati i suoi cittadini scappati e di riportarli poi in Etiopia, così com'è successo a Ali Ibrahim Yusuf, il quale, nonostante i documenti validi rilasciati dall'Alto Commissariato per i Profughi delle Nazioni Unite, e’ stato arrestato in ottobre 2002 e deportato nel campo militare di Sabatenya in Etiopia. Ali Ibrahim Yusuf è morto il 7 febbraio 2003 in seguito alle torture subite.Gibuti giustifica le espulsioni con motivazioni di tipo politico-economiche. Dal canto suo l'ambasciata USA a Gibuti nega di aver esercitato la propria influenza per quanto riguarda il decreto di espulsione, ma alcuni rappresentanti delle istituzioni hanno confermato all'agenzia France Presse le pressioni USA. Nei mesi passati gli USA hanno piu’ volte espresso la loro preoccupazione per possibili attentati terroristici commessi da stranieri alle loro basi militari, istituite a Gibuti in base al programma 2002 di lotta al terrorismo. In Etiopia gli Oromo sono collettivamente accusati di sostenere il Movimento di Liberazione degli Oromo (OLF). Con la scusa della lotta all'OLF, l'esercito etiope continua a violare sistematicamente i diritti umani. Dal 1992 ad oggi ca. 3.100 Oromo sono stati uccisi, altre 886 persone sono sparite.