Sono liberi!
Ma le buone notizie finiscono qui: la
liberazione di 55 prigionieri politici sahrawi il 7 novembre scorso è
stata seguita quindici giorni dopo da nuovi arresti e nuove violenze delle forze
dell'ordine marocchine. A cura del comitato Milanese per il Referendum nel Sahara
Occidentale. Dicembre 2001.
Prima la buona
notizia.
Il 7 novembre il re del Marocco ha deciso l'amnistia per Mohammed Daddach ed
altri 55 prigionieri politici sahrawi!
Tra questi, 24 erano quelli "adottati" dalla Campagna Internazionale
che abbiamo diffuso in questi mesi.
La liberazione è arrivata dopo un'intensa campagna portata avanti dai
detenuti stessi, che avevano cominciato uno sciopero della fame a fine agosto,
e dai sostenitori della causa sahrawi in giro per il mondo, tra i quali il Comitato
di Milano e Reds.
L'8 novembre il primo gruppo di prigionieri detenuti ad El Ayoun è stato
accolto alle 21.30 dalla popolazione sahrawi, insieme hanno percorso le strade
della città con canti e slogan. Il gruppo detenuto a Marrakech ha trovato
all'uscita dal carcere, verso le 22, gli studenti sahrawi che li hanno ospitati
per la notte. L'ultimo prigioniero a lasciare il carcere è stato proprio
Sidi Mohamed Daddach, che è uscito dopo le 23.30; venerdì ha raggiunto
El Ayoun, insieme agli altri sahrawi rilasciati.
Per una decina di giorni ci siamo cullati nell'illusione di un rappacificamento
del Marocco verso i Sahrawi, ma l'euforia non avrebbe dovuto impedirci di rilevare
che l'amnistia è stata decisa per celebrare l'anniversario della Marcia
Verde, con la quale 350.000 marocchini hanno invaso il Sahara Occidentale nel
1975...
Puntualmente, in occasione della "festa dell'indipendenza marocchina",
le carceri marocchine si sono riempite di nuovo e la violenta repressione dei
manifestanti a Smara del 17 novembre ci ha fatto ripiombare nella cinica e pervicace
politica attuata da Mohammed VI.
Il 17 novembre le forze dell'ordine hanno disperso con la forza i partecipanti
al sit-in organizzato davanti alla sede della Wilaya (provincia) di Smara dai
sahrawi disoccupati; a seguito dell'intervento brutale, la popolazione sahrawi
(donne, bambini, ragazzi, adulti) è accorsa per soccorrere i manifestanti
facendo da scudo.
Numerosi sono stati i feriti (quattro dei i quali gravi) e 20 gli arrestati
(tra cui due donne); alcuni sono stati liberati la sera stessa, altri il giorno
dopo, altri rimangono in carcere ma tutti hanno subito torture e percosse. Tre
di questi non hanno potuto lasciare il carcere perché non si reggevano
in piedi. Inoltre moltissime abitazioni sono state perquisite, alla ricerca
dei manifestanti che cercavano rifugio, e le relative porte distrutte.
Una moschea è stata evacuata con la forza e i fedeli aggrediti, insieme
all'imam.
I manifestanti hanno appiccato il fuoco nei locali del commissariato, bruciato
una camionetta e una moto della polizia. Hanno distrutto il materiale e i drappi
preparati dalle autorità marocchine per la "festa dell'indipendenza
marocchina del 18 novembre". Sette agenti sono stati feriti.
L'atteggiamento delle forze dell'ordine marocchine rimane molto aggressivo e
provocatorio. Dopo aver insultato e umiliato i sahrawi arrestati ("adesso,
chiama Daddach per liberarti..."), la polizia marocchina ha sfilato per
le strade di Smara il 18 novembre insultando e provocando la popolazione.
Ciò non fa altro che confermare che si tratta di un esercito di occupazione.
La totale assenza di interventi da parte dell'ONU a protezione della popolazione dimostra ancora una volta che i sahrawi sono sì prigionieri del Marocco ma che i carcerieri siedono al Palazzo di Vetro di New York.