Cosa
c'entrano gli omosessuali con la globalizzazione?
Due
riflessioni sul rapportoomosessualità/globalizzazione. Del GLO
di Milano. Ottobre 2001.
Globalizzazione
ed omosessualità, 24/25 marzo 2001, centro sociale Leoncavallo,
Milano. E' evidente
che gli effetti devastanti delle globalizzazione del capitale e del paradigma
neo-liberista incidono sulla sfera del corpo e dei suoi desideri. La presenza
intrusiva del capitale mondiale, all'interno delle deboli e talvolta apparenti
democrazie del sud del mondo, garantisce ed assicura la sopravvivenza di strutture
sociali di stampo arcaico/patriarcale che per loro natura esercitano repressione
e discriminazione sui corpi e sui desideri degli individui. Deprivato di ogni
altra espressione erotica che non sia il dogma etero/maschile, il gay, la
lesbica e, in generale, la donna che decide di vivere liberamente, alla luce
del giorno, la propria sessualità, rivendicando il diritto alla propria
dignità e felicità, sono oggetto di vessazione, isolamento,
carcere, violenza, abbandono. (in Asia come in Africa, in America Latina come
in Medio-Oriente). Il potere
e la responsabilità delle trans-nazionali e degli enti inter-governativi
che ne tutelano gli interessi, è enorme nel mantenere, in questi paesi,
al grado 0 la possibilità d'affermazione delle libertà d'espressione
individuali; in effetti è proprio la struttura chiusa ed immobile della
famiglia patriarcale che viene opportunamente usata dal capitale come strumento
di controllo sociale sui corpi delle persone. E' funzionale
ai fini della produzione e dello sfruttamento liberista che le donne siano
subordinate al potere del maschio/padre/marito/padrone, lavorando fino a 16
ore al giorno. E' funzionale al mantenimento dell'attuale divario delle ricchezze
tra nord e sud del mondo che ogni eversiva possibilità d'immaginarsi
forme diverse di relazione umana, erotica e sociale vengano duramente represse.
Per un verso e con ogni mezzo il capitale globale concorre, nel sud del mondo,
al mantenimento della struttura-famiglia come ingranaggio locale di sfruttamento
della popolazione e repressione delle minoranze. Per l'altro agisce più
sottilmente sulle strutture culturali pre-esistenti: facendosi involontariamente
ed indifferentemente portatrice anche delle istanze e delle conquiste civili
più avanzate delle democrazie occidentali, la presenza delle forme
di sfruttamento neo-capitalistico in questi paesi rappresenta una contraddizione
insanabile, almeno su piano simbolico e del diritto. Se è
vero però che possiamo individuare alcune zone dove i flussi di capitali,
la speculazione sulle risorse naturali, fanno appello a forme di convivenza
e di coercizione sociale già presenti sul territorio sfruttato (la
tipica struttura famiglio-patriarcale), è pur vero che, in talune,
precise condizioni geo-politiche, il capitale immette nel tessuto civile,
ancorato a valori arcaici, i germi di civiltà e di tolleranza che caratterizza
l'aspetto più positivo delle conquiste razionali e della civiltà
occidentale: garanzie di tolleranza, di rispetto dell'individuo, del libero
arbitrio della persona. In fondo,
e giustamente, l'omosessualità rappresenta una grande Catastrofe per
l'ideologia maschilista, una possibilità di rovesciare, dal basso,
i rapporti di potere e di forza tra i generi; ed è per questo che ogni
anno sono incarcerati, condannati, torturati migliaia di gay e lesbiche in
tutto il mondo. La risposta
coercitiva della globalizzazione obbligatoria alla carica eversiva dell'omosessualità
avviene però anche su un altro piano, forse più sottile e raffinato. Se è
vero che nei paesi del sud del mondo il modello familiare-patriarcale resiste
(benché relegato ormai a puro ruolo repressivo), nei paesi industrializzati
del nord del mondo il quadro di riferimento familiare tradizionalmente inteso,
con la sua funzione regolatrice, si è frantumato in forme di relazione
personale nuove ed eterogenee. La relazione tra due uomini o due donne, qui
oggi, non dà più scandaloe da lungo tempo, infatti, la strategia
messa in atto potrebbe esser definita di "assimilazione"; proponendo
modelli di consumo legati all'aspetto più superficiale dell'immaginario
erotico gay/lesbo, facendo ampiamente ricorso alla potenza evocativa e reazionaria
del feticcio-prodotto (Marx), il pensiero unico neo-liberista mira a depurare
l'omosessualità di tutta la sua valenza critica, politica, nei confronti
dell'assetto maschilista del potere. Inscenando
una perenne spettacolarizzazione/banalizzazione del desiderio erotico gay/lesbo,
sfruttando il legittimo bisogno di cittadinanza/visibilità dell'individuo
omosessuale, la globalizzazione tende a capitalizzare i nostri bisogni in
termini di marketing: oramai addomesticati in un nuovo (e redditizio) target
di mercato, a noi gay e lesbiche non resta che la "libertà"
di scegliere se comprare un jeans di Calvin Klein o partecipare a qualche
festa in locali alla moda. L'azione
normalizzatrice sulle potenzialità eversive/rivoluzionarie dell'identità
gay trova la sua realizzazione nel concetto e nella prassi della lobby: neutralizzato
qualsiasi progetto di cambiamento e giustizia sociale, deprivati di ogni prospettiva
antagonista, ai gay del 1° mondo non resta che reiterare modelli di consumo
etero/maschilisti, semplicemente in una fascia di mercato pensata ad hoc per
loro. Sono ormai
consolidate realtà commerciali i grossi gruppi, i fornitori di servizi,
che si rivolgono, sfruttandone il forte potere d'acquisto e l'ingenuità
critica, esclusivamente al mondo gay: la lobby gay negli Usa può contare
su un protagonismo commerciale senza precedenti (comprare case in quartieri
gay, mangiare in ristoranti gay etc); insomma l'orgoglio di sentirsi, come
tutti gli altri, consumatori a pieno titolo al banchetto della globalizzazione. In questo
senso sembra che il capitale globalizzato sia riuscito laddove il capitale
tradizionalmente inteso aveva fallito: attraverso il controllo dei mezzi di
produzione immateriale, la costruzione millimetrica dell'immaginario collettivo,
ha anestetizzato qualsiasi capacità critica nei confronti del reale. Difficile
ribellarsi, in fondo, quando un bel ragazzotto ti occhieggia, da una pubblicità
di un profumo, a far valere la tua "libertà" di gay: comprare. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Appello
per un coordinamento GLBT* contro il Vertice di Genova La nostra
proposta di confronto vuole offrire una prospettiva nuova alla militanza politica
di gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, transgender*, che si riconoscono
nella sinistra alternativa, radicale e antagonista. Partendo
da una posizione identitaria che è al centro di un forte processo di
irrigidimento e stereotipizzazione, invasa dalla logica del mercato, vogliamo
portare una critica all'insieme di questo processo di colonizzazione capitalistica
dei rapporti umani, dove il diritto si compra e l'immaginario si vende, dove
è Gay chi consuma come gay. Le battaglie
del movimento GLBT*, culminate (ma anche riprese) nel World Pride del 2000,
oltre a oggettivarsi in leggi specifiche, ci danno le POTENZIALITA' per arrivare
a Genova e contestare il Global Forum: I. MERITO Il Sud del
Mondo, la Periferia sia interna che esterna dell'Impero è ridotta a
terra di scorribanda per le guerre "umanitarie", a fonte di forza-lavoro
sfruttabile e ricattabile, a luogo di vecchie e nuove clandestinità,
a bersaglio della guerra sicuritaria per difendere le frontiere dell'esclusione.
Cresce la spinta etnicizzante, xenofoba, razzista, delle nuove destre e guarda
caso le soggettività GLBT* ne sono obiettivo privilegiato. II. METODO Forse proprio
perché nell'immaginario mass-mediatico e nell'industria culturale gay
l'identità omosessuale è addomesticata ed asservita alle ferree
logiche di profitto e di marketing, occorre rompere il cliché conformista
che ci vuole riappacificati consumatori in nome di una generica visibilità.
Perché
8 grandi NON VALGONO UNA MOLTITUDINE!
Il pensiero globalizzato implica infatti le garanzie formali finche queste
sono utili alla compra-vendita della forza-lavoro e finche garantiscono la
formazione di gruppi di consumatori. In questo senso, la rapida (e assai incompleta)
assimilazione della Cina, ad esempio, al sistema capitalistico comporta la
stessa incertezza democratica e la stessa "tolleranza repressiva"
di tutte le democrazie liberali. Cioè: credo che i maggiori diritti
dei gay in Cina siano conseguenza della globalizzazione, e non controtendenza.
Nel momento in cui si passa da una gestione "personale" del controllo
come nelle società arcaiche e nel paleo-comunismo cinese a una sua
"astrazione" tipica del capitalismo e tanto più del neocapitalismo,
l'accettazione delle devianze e' possibile in quanto permette di controllarle
tramite l'introiezione ecc.
Per dire no alle politiche liberiste, che riducono le differenze a interessi
di lobby e di categoria, per contestare il limite del comando capitalista.
Per affermare la ricchezza di una moltitudine di soggettività differenti;
ricchezza caratteristica del nostro movimento.
La logica del consumo falsifica la percezione e la realizzazione della nostra
libertà. Sosteniamo invece una logica non particolaristica:
Come movimento GLBT* rifiutiamo la celebrazione del potere, che pretende di
parlare e di decidere sui nostri corpi, sul nostro futuro, e non tollera contestazioni.
Rifiutiamo l'universo culturale il cui lessico rimanda a GUERRA, MILITARIZZAZIONE,
PRIGIONIA, DIVIETO. E per questo non vogliamo accettare acriticamente il terreno
di scontro a cui l'avversario ci invita. A questa paccottiglia ideologica
noi opponiamo lo S-PRIGIONARE la fantasia e la felicità dei
nostri corpi, il dar voce ai nostri desideri e ai nostri bisogni.
È su un piano nuovo, che non sia quello della forza e del sopruso,
maschilista, militarista e patriarcale, che vogliamo confrontarci con i nostri
interlocutori del movimento anti-globalizzazione.
Promuoviamo una prassi che partendo dalla critica profonda al pensiero neo-liberista
ne rigetti conseguentemente le azioni e gli strumenti di repressione; rovesci
il senso, mortifero e liberticida, delle logiche di globalizzazione capitalista.
Come movimento GLBT rivendichiamo le armi della sovversione pacifica, dello
scontro non-militare, della disobbedienza civile critica.
Ed allora assume ancora più forza e necessità la nostra presenza
critica al G8. Ne è in gioco la prospettiva futura dell'antagonismo
GLBT* in Italia.