"SPONTANEISMO" POPOLARE
JORGE
BONNET, DI RITORNO DA BUENOS AIRES, RITORNA SUGLI AVVENIMENTI
DI FINE DICEMBRE E SULLE PROSPETTIVE DEL MOVIMENTO.
17 gennaio 2002, intervista a cura di Marine Gérard,
da Rouge n. 1953
- Cosa ha provocato la rivolta sociale in Argentina alla fine di dicembre?
Jorge Bonnet - È un processo cominciato da qualche mese, ma che si è estremizzato, all'inizio di dicembre, per l'applicazione ad opera di un vecchio ministro di Menem del piano "corralito": le pensioni e i salari dei funzionari sono stati ridotti del 13%, e la popolazione si è vista il divieto di ritirare dalle banche i salari interi. Ciò ha prodotto delle manifestazioni di massa, soprattutto a Buenos Aires e nelle grandi città.- Puoi descrivere le forme della mobilitazione?
J. Bonnet - È una delle prime mobilitazioni dai tempi della dittatura nate alla base, in maniera spontanea, e che è sfuggita a ogni tutela del partito peronista e al controllo dei sindacati (la CGT è diretta dai peronisti). Essa deriva da un processo in atto da anni. In diverse regioni, numerose fabbriche hanno licenziato in massa; i disoccupati hanno deciso, col sostegno dei paesani, di organizzarsi, di occupare le città e le vie di comunicazione per chiedere pane e lavoro: questo fenomeno dei "piqueteros" ha assunto dimensioni di rilievo nell'ultimo periodo del governo di Menem. Oggi si ritrova nelle città questo tipo di organizzazione spontanea in risposta a problemi di ordine economico: la gente si raggruppa nei quartieri e organizza manifestazioni per il diritto e la tutela dei salari.
Questi avvenimenti si legano anche alle proteste contro la corruzione dello Stato e della classe politica. C'è una forte convergenza: tutti contro la corruzione e i politici e tutti a favore dei diritti al salario e al lavoro. Questo ha creato una vasta contestazione a fine dicembre, con le manifestazioni delle casseruole ("cacerolazos") che chiedevano le dimissioni del presidente e del governo e anche "pane, giustizia e lavoro". Ci sono state inoltre importanti manifestazioni a Rosario, Mendoza e Cordoba; a Cordoba gli scontri con la polizia sono stati molto violenti, con morti e feriti, e le mobilitazioni sono state molto più strutturate a livello di comitati di quartiere. Le assemblee popolari sono molto deboli al momento, ma ce ne sono dappertutto, e vi partecipano tutti: ex-peronisti, militanti della sinistra rivoluzionaria, del Partito comunista... Tutto è molto improvvisato, non c'è ancora un elemento che coordini le mobilitazioni, ma esistono come espressione immediata.
Negli avvenimenti del 19 e del 20 dicembre, le donne hanno avuto un ruolo importantissimo. A Buenos Aires, le Madri di Plaza de Mayo si sono trovate di fronte la polizia, sono state assalite e disperse, ma sono ritornate la notte per "tenere" la piazza. Nelle assemblee popolari dei quartieri di Buenos Aires, le donne prendono l'iniziativa nell'organizzazione delle manifestazioni. Non è casuale: la società argentina è cambiata, le donne sono dappertutto, nelle "caceloras", nelle manifestazioni, ovunque si faccia politica, anche se resta ancora in maggioranza riservata agli uomini. È un fenomeno di dimensioni che non si vedono in altre parti dell'America latina.- Si ha l'impressione di una presa di coscienza politica molto forte nella popolazione.
J. Bonnet - L'Argentina è un paese molto politicizzato. Non importa chi nella via è capace di spiegare il problema del debito... Ma in coloro che parlano di costruire qualcosa, di andare più lontano, c'è una specie di ritrosia, di paura. Questo l'ho notato ovunque, nei quartieri di Buenos Aires, di Rosario... La gente non ci crede più; c'è una rottura con l'antico mondo del dopoguerra, compreso il peronismo - e questo è un elemento nuovo. Ho visto dei peronisti manifestare chiedendo che i loro dirigenti se ne vadano...- Qual è la situazione delle forze di sinistra e di estrema sinistra?
J. Bonnet - Buona parte delle persone assassinate durante la dittatura erano dirigenti politici o sindacali. Questo elemento ha giocato nel processo di ricomposizione che è seguito. Anche se la memoria si è trasmessa, c'è una frattura, un problema di ricambio. Alcuni dirigenti sono sopravvissuti e oggi sono molto popolari, altri sono eletti, ma tutto è molto eterogeneo. "Potere operaio" è intorno all'1,5%, "Sinistra unita" al 2,5 o 3%... L'Argentina è grande, e nelle regioni la sinistra è molto isolata. Resta tutto da fare, dal momento che i peronisti detengono la maggior parte dei governi regionali.
Si sente un vuoto di centralizzazione per rispondere alla situazione. La sinistra è presente nelle manifestazioni, certo, ma in maniera discreta, poiché le sigle politiche sono vietate. Allo stesso tempo queste manifestazioni sono molto politicizzate, consapevolmente dirette contro la corruzione, le banche, il FMI...- Quali possono essere le prospettive?
J. Bonnet - È difficile fare previsioni. L'insurrezione non tocca l'insieme del paese. Non c'è direzione politica del movimento; non ci sono leaders. Siamo in una fuga in avanti, e già il potere comincia nei suoi discorsi a separare i "vandali" dagli altri. È possibile che prepari una repressione durissima, anche se un ritorno dei militari è poco probabile. A fine dicembre, quando de la Rua, che doveva tenere un discorso in Plaza de Mayo, ha fatto appello all'esercito, questo ha rifiutato, e si è dovuto rivolgere alla polizia... Ciò detto, quando gli ex-militari riconvertiti nella politica si sono presentati alle elezioni, hanno raggiunto delle percentuali assai significative, dal 10 al 15% in certe regioni.
Per il momento gli americani fanno orecchio da mercante. Oggi essi sviluppano una strategia regionale, lavorando con le forze armate di vari paesi dell'America latina per farle intervenire dove serve in ogni paese. Da due mesi, ingenti forze armate latino-americane sono riunite nel nord dell'Argentina per delle esercitazioni di intervento rapido. Una strategia di repressione può svilupparsi su scala continentale.
Io non sono molto ottimista sugli sviluppi immediati. C'è una crisi molto forte della società, ma anche una crisi politica nella sinistra perché possa dirigere, offrire un'alternativa alla popolazione ed entrare in una dinamica di presa del potere. Siamo lontani da ciò. Il governo comincia a riprendere i discorsi della strada; i dirigenti hanno potuto ritornare, rappezzare un governo; essi hanno ancora un po' di margine... Ma ciò che accade in questo momento si proietta in avanti; potrà forse essere costoso, ma la rottura e la presa di coscienza sono importanti. Tutto può ancora cambiare, bisogna essere vigili. Ciò che è certo, è che sono ottimista per le lotte a venire.