Le elezioni del 30 giugno in Bolivia.
Il
risultato elettorale in Bolivia scardina quello che era lordine costituito,
aprendo il paese a scenari inaspettati. E se dal Sud echeggiano le grida di
vittoria di Evo Morales e del suo partito, dal Nord iniziano a giungere le
prime risposte. Di Giovanna
Vitrano.
Da Selvas.org.
11 Luglio 2002.
I risultati elettorali secondo i dati ufficiali forniti l11 luglio dalla Corte Nazionale Elettorale: 1) MNR (22,45 %) 2) MAS (20,94 %) 3) NFR (20,91 %) 4) MIR (16,31 %) 5) MIP (6,09 %) 6) UCS (5,51 %) 7) ADN (3,39 %) 8) LyJ (2,72 %) 9) PS (0,65 %) 10) MCC (0,63 %) 11) CONDEPA (0,37 %).
E
mancano ancora pochissime schede da conteggiare. Mancano ancora i voti di
alcuni villaggi del distretto di Potosì, distretto che sta duramente
lottando con i rigori di un inverno così freddo da aver causato già
otto morti oltre ad un allarme rosso per quanto riguarda i rifornimenti
di cibo nella regione.
Mancano pochi voti, quindi, prima di avere i risultati finali delle elezioni
generali in Bolivia.
Ma qualunque cosa dicano queste schede, un dato è ormai certo: il
MAS di Evo Morales è il secondo partito di governo e il "leader
cocalero" concorrerà alla designazione di nuovo presidente della
Repubblica.
Perchè, per costituzione, il presidente della Repubblica in Bolivia
è eletto in parlamento tra i rappresentanti dei due partiti più
votati, in questo caso Gonzalo Sanchez de Lozada dellMNR e il sindacalista
ex parlamentare, buttato fuori dal Governo di Jorge Quiroga con un espediente
nella scorsa primavera. Ed è proprio con questa votazione allorizzonte
che si è aperto il balletto delle alleanze e delle minacce tra i
rappresentati dei partiti politici boliviani.
VINCITORI E SCONFITTI
E inderogabile, a questo punto, evadere subito il capitolo dei
vincitori, a cominciare dallMNR, partito di maggioranza dellex
presidente Goni Sanchez, e dei vinti, primo fra tutti lNFR
di Manfred Reyes Villa, leader politico che da settimane vantava di aver
vinto le elezioni, tanto che aveva già iniziato a prendere possesso
dei suoi nuovi uffici nel palazzo di governo. Ma le schede elettorali non
hanno lasciato alcun dubbio. Manfred Reyes Villa ha anche tentato la carta
dei brogli elettorali ma, proprio lo scorso 10 luglio, la Corte Nazionale
Elettorale ha respinto la denuncia affermando che non esiste alcun
errore volontario o involontario nel conteggio dei voti e assicura
che non risulta in alcun luogo e per alcun mezzo alcun illecito.
La Corte ha concluso il documento confermando che non è esistito
nè esiste manipolazione o frode informatica alcuna.
Tra gli sconfitti non può non menzionarsi lADN, il partito
di destra fondato da Banzer, la cui importanza, fino allo scorso 30 giugno,
era rappresentata dal Presidente della Repubblica pro-tempore Jorge Tuto
Quiroga. A lui i militanti del partito addossano la responsabilità
di questa disfatta, una disfatta tanto grande da non aver permesso che il
partito raggiungesse neppure la semplice quota di sbarramento pari al 3%.
Per questo motivo lAdn, e gli altri partiti cancellati dal numero
dei voti, dovrà pagare in percentuale il costo della stampa delle
schede elettorali oppure lidentità giuridica del partito verrà
cancellata, proprio come vuole la Costituzione boliviana.
Sconfitto - con un però grosso grosso il MIR di
Jaime Paz Zamora. Il però si riferisce proprio al gioco
di alleanza che si sta conducendo in queste ore dentro e fuori il palazzo
governativo. Perchè il MIR potrebbe allearsi con lMNR, è
quindi indebolire moltissimo la forza del MAS di Evo Morales indebolendo
ancora di più, però, lNFR -, oppure schierarsi proprio
con Morales, mantenendo una certa coerenza di ideologia politica, mantenendo
la base elettorale e, per di più, mantenendo una forte presenza nella
maggioranza di governo. Jaime Paz Zamorra, comunque, sembrerebbe non aver
ancora scelto la migliore convenienza e, fino al 10 luglio rispondendo
allappello di Morales di appoggiarlo per lelezione a Presidente
della Repubblica aveva dichiarato enfaticamente nè con
Evo, nè con Goni. E unalleanza con Manfred Reyes Villa
non lo porterebbe da nessuna parte.
Ma tutto questo è un discorso da salotto. Perché qualunque
analisi, qualunque previsione si possa fare comodamente seduti in un Paese
del primo mondo non potrà mai tenere in considerazione quelle che
sono le variabili pazze dei giochi di potere nellAmerica
Latina. Giochi che, di certo, prevedono la partecipazione di pochissimi
e silenziosi attori.
Foto di Dolores Ochoa - AP
LO SCONFITTO PER ECCELLENZA
Tenuto conto dello stato attuale delle cose mantenendo il qui
e ora dobbligo- il grande sconfitto per eccellenza è
il governo statunitense. Che ha provato in tutti i modi ad evitare il successo
del MAS di Evo Morales. Persino lambasciatore americano Manuel Rocha
ha più volte ripetuto ed è stato confermato
che in caso di elezione a Presidente della Repubblica di Evo Morales, gli
Stati Uniti avrebbero fatto marcia indietro sul piano di aiuti e di investimenti
per la Bolivia. Guardiamo, però, in faccia la realtà: che
gli Stati Uniti decidano di rinunciare al gas naturale e al petrolio boliviano
non ci crede nessuno. E allora? E allora ecco che si profilano allorizzonte
manovre più che inquietanti. Dopo aver mandato in fretta e furia
un nuovo ambasciatore a La Paz (il mandato di Rocha sarebbe scaduto il prossimo
6 agosto), ecco che gli Stati Uniti fanno sapere che molto presto droghe
e tranquillanti potrebbero non essere più strumenti di difesa bensì
potrebbero semplicemente essere scorciatoie verso un "migliore dialogo"
con i terroristi di tutto il mondo. Da qui a bollare come terrorista
qualunque indio che coltivi la sua pianta di coca il passo potrebbe essere
breve.
IL GOLPE DEMOCRATICO DEGLI INDIOS
Veniamo adesso al dato rivoluzionario di queste elezioni: la vittoria
del MAS dellex deputato dei cocaleros, Evo Morales.
Una vittoria schiacciante, brutale, inattesa. Ma chi ha vinto? Ha vinto
lex deputato Aymara? Ha vinto il movimento del popolo indios? Ha vinto
lopposizione a un governo di corruzzione secolare, di interessi privati,
di servilismo agli Stati Uniti?
Cè ununica risposta a queste domande. La risposta è
no. Perchè il voto a Morales è stato dato con
lintenzione di trasformarlo in un non-voto. E stato
il NO urlato da tutto il popolo boliviano, indios e cittadini,
allo stato delle cose, alle privatizzazioni, allinvasione delle multinazionali,
alla svendita delle risorse naturali, alla cancellazione della cultura,
della tradizione di centinaia di migliaia di indios. E il no
gridato contro gli abusi di potere delle Forze di Polizia e delle Forze
Armate, contro la distruzione delle piante di coca, contro la crisi economica
voluta e gestita dal progetto neoliberale del nuovo potere colonialista
che si sta affermando.
E un no che significa adesso basta. E
un no che apre scenari poco confortanti. Perché, nonostante
sia bella lidea della rivoluzione (non bisogna dimenticare che molti
Latinoamericani portano ancora nel cuore le gesta di Che Guevara che le
azioni del subcomandante Marcos hanno riportato alla memoria), bisogna fare
i conti con la realtà. Ed è allora che le cose si complicano.
Quale possibilità ha il MAS di governare? Quale possibilità
ha Evo Morales di annullare così come prevede il suo programma
politico il Plan Coca Cero? Come riuscirà a rendere nuovamente
legale la coltivazione della foglia di coca? Come riuscirà, infine,
a bloccare il Piano di Sviluppo Alternativo voluto per la Bolivia dagli
Stati Uniti?
Come riuscirà Don Chisciotte a battere i mulini a vento?
E se era già difficile tracciare un quadro futuro possibile del nuovo
governo boliviano fino a qualche ora fa, avendo i più poveri del
subcontinente americano stravolto ogni previsione, dopo le ultime dichiarazioni
del governo statunitense a proposito della droga=arma batteriologica
sulla scena della Bolivia si spengono anche le ultime luci che avrebbero
potuto guidare a una migliore comprensione, a una più logica analisi.
Di una cosa si può essere certi: poco più
di 8 milioni di poveri non hanno molte possibilità di vincere contro
il grande impero settentrionale. A meno che non sia nato un nuovo Davide,
e Golia decida di occuparsi, per il momento, di altro.
Appendice.
I principali partiti boliviani
MNR
Movimento Nazionalista Rivoluzionario
Il partito è stato fondato nel 1941 da un gruppo di intellettuali
rientrati dalla Guerra del Chaco. Avrebbe dovuto essere, secondo gli intenti
promulgati, un partito nazionalista, antifeudale e policlassista. Insomma,
la solita bella illusione distrutta poi da una squallida realtà.
Nel 1943, infatti, mentre era al governo Villaroel, il MNR lascia scoprire
le sue attitudini repressive e pro fasciste. Nel 1951 vince le elezioni
e, spinto dalla pressante richiesta di un popolo sullorlo dell'insurrezione,
il partito cambia la struttura dello stato attraverso alcune modifiche apportate
con una riforma agraria, la nazionalizzazione delle miniere, la riforma
delleducazione e lapprovazione del voto a suffragio universale.
Spinto dalle pressanti richieste di Washington, cerca in tutti i modi di
mettere fine alla rivoluzione varando il Plan de Estabilizacion
nel 1956 e il Plan Triangular del 1964.
Nel 1971, pur di non restare troppo lontano dalla poltrona presidenziale,
il partito appoggia il golpe di Banzer e partecipa attivamente al suo governo
dal 1974 (sono gli anni del Plan Condor, dei desaparecidos e
della dittatura militare, ndr). Nel 1979 partecipa al golpe di Natusch.
Nel 1985, con il presidente Paz Estensoro, si allea con Banzer e impone
il suo modello neoliberale. Decreta la stabilità monetaria, la rilocazione
di decine di migliaia di minatori e vara la Riforma Tributaria. I metodi
sono comunque quelli della repressioni (in questo anno vennero decretati
due stati di assedio).
Nel 1993 torna al governo è la prima volta di Gonzalo Sanchez
de Lozada come presidente è inizia la sua opera neoliberale:
privatizza e affida a multinazionali la gestione di imprese che erano statali
compreso i Fondi Pensioni (comunque ben sorvegliate da soprintendenze).
Vara la legge sulla Partecipazione Popolare, della Decentralizzazione e
la Riforma Educativa. Inaugura la Fundacion Milenio, il suo braccio di controllo
sulleconomia del Paese, e decreta altri due stati dassedio.
IL BISPRESIDENTE
Gonzalo Sánchez de Lozada è nato settantadue anni fa a
Cochabamba. Ha iniziato la sua carriera come imprenditore grazie a tutta
una serie di contratti vantaggiosi stretti con la Comibol e giunge ad essere
eletto come presidente del Comsur. Deputato eletto nel 1979, viene nominato
ministro delle pianificazioni nel 1986, con la responsabilità in
prima persona dellapplicazione del modello neoliberale, bandiera del
suo partito. Nel 1989 si candida come presidente, cosa che gli riuscirà
solo nel 1993, imponendo così il suo modello capitalistico.
DICHIARAZIONE DI INTENTI
Nei comizi elettorali, il leader del MNR non ha mancato di difendere
strenuamente il processo di capitalizzazione che, solo per coincidenza,
finirà con il beneficiare principalmente le sue stesse imprese. Conosciuto
per essere un buon servitore degli Stati Uniti, Goni ha già
dato prova di maestria nel mettere in pratica le istruzioni degli enti finanziari
internazionali. Non sembra esserci alcun dubbio che il suo mandato sarà
solo una continuazione del precedente, con la differenza che la crisi economica
è oggi ancora più grave. Ed è proprio la mancanza di
fondi che fanno sembrare alcune sue promesse delle solenni bugie: per costruire
le sue grandi strade, per risolvere il problema dellacqua a Cochabamba
ci vogliono dei soldi che le casse dello Stato non hanno. Poco credibile
è anche la pubblicizzata lotta alla corruzione. Nel corso delle ultime
indagini effettuate tra gli uomini politici boliviani, proprio Sanchez de
Lozada non ha sollevato nessuno dei corrotti storici militantinel
suo MNR.
FRASI CELEBRI
Se perdiamo le politiche qui ci stanno le Forze Armate. Lintegrità
dello Stato è nelle loro priorità e responsabilità
è meglio prepararsi. E meglio prevenire che curare. Questo
quanto dichiarato dal bispresidente durante un comizio tenuto di fronte
ai militari, comizio che da più di un osservatore è stato
interpretato come un richiamo alla possibilità estrema- di
far ricorso al golpe nel caso in cui non avesse vinto le elezioni.